IL POLIGONO DI TIRO E’ STATO ISTITUITO MEDIANTE UNA legge DEL 24 dicembre 1976
Il 30 dicembre 2013 la Capitaneria di Porto Empedocle ha
emesso l’ordinanza relativa alle esercitazioni a fuoco previste per il primo
quadrimestre 2014 da parte dell’esercito militare. Cosa vuol dire questo? Che
in provincia di Agrigento, a pochi passi dalla meravigliosa Valle dei Templi,
dalla futura riserva naturale di Punta Bianca, da Porto
Empedocle, dal fiume Naro e altri Comuni limitrofi, i militari potranno sparare
e operare in via esclusiva tutti i giorni, da lunedì a sabato, dalle ore 8 alle
24. Durante le esercitazioni vengono espressamente vietate la navigazione, la pesca,
l’ancoraggio e qualsiasi altra attività marittima nella zona di mare e nel
tratto di costa antistante il poligono, nonché il transito di persone e veicoli
di qualsiasi genere nelle spiagge circostanti. Insomma, un Paradiso
naturalistico e culturale assoggettato alla Servitù militare americana. Come
previsto dalla legge n. 898 del 24 dicembre 1976.
UN PARADISO - Il paesaggio
costiero, aperto verso il mare d’Africa, di eccezionale bellezza, ancora non
alterato e poco compromesso da urbanizzazioni e case di villeggiatura, è
caratterizzato da numerose piccole spiagge strette delimitate da scarpate di
terrazzo e da balze”, riporta il decreto del 2001. “Da Monte Grande la visione
spazia libera verso ponente sino al promontorio di Capo Rossello includendo la
magnifica Valle dei Templi ed il panorama delle blande colline della Sicilia
centro meridionale. Dal mare è possibile percepire, anche in lontananza, Punta
Bianca, come un faro naturale. Il contrasto cromatico tra il blu del mare
limpido ed il bianco dei trubi che protendono verso esso, quasi modellati
dall’azione scultorea della natura, costituisce un segno di grande rilievo
estetico-percettivo”.
All’interno dell’area che non si vuole proteggere sorge il
castello di Montechiaro, costruito nel 1358 da Federico III Chiaramonte, conte
di Modica. Ci sono poi due siti archeologici di particolare importanza: Piano
Vento, dove è stato messo in luce un abitato neolitico, e Monte Grande con un
complesso, unico al mondo, legato all’estrazione e alla lavorazione dello zolfo
e il grande santuario risalente al II millennio a.C. caratterizzato da grandi
recinti circolari in cui dovevano svolgersi festival religiosi. “I caratteri
morfologici del territorio, combinati con le caratteristiche climatiche e con
le scarse disponibilità idriche, hanno consentito nel tempo la diffusione di
una macchia bassa formata da arbusti e alberelli sempreverdi
dell’Oleo-Ceratonion”, si legge ancora nel decreto della Regione. “A queste
formazioni sono associati siti di grande interesse floristico, in cui si
registrano numerosi endemiti di particolare interesse e specie rare o
espressioni biologiche insolite per la flora europea e fortemente
caratterizzanti, come la Palma nana”. Tra le specie meritevoli di
considerazione ai fini della salvaguardia della biodiversità locale, spiccano
la Lavatera agrigentina, l’Iberis semperflorens, l’Onobrychis aequidentata,
ilLimonium narbonense, l’Echium arenarium, la Satureja nervosa, la Satureja
fruticulosa, l’Orobanche minor, la Carlina sicula e l’Iris juncea.
Relativamente alla fauna si segnalano specie di notevole
interesse sia per la loro rarità che per il ruolo svolto nell’ecosistema. Tra i
mammiferi e i rettili sono stati segnalati l’istrice, la volpe, il coniglio
selvatico, il colubro di esculapio, la biscia dal collare, mentre per le specie
ornitiche stazionarie di particolare rilievo spiccano il falco grillaio, la
coturnice, la ghiandaia marina, la poiana, il gheppio, il fratino, il piccione
selvatico, il colombaccio, il barbagianni, la cappellaccia, la tottavilla, lo
scricciolo, il saltimpalo, il beccamoschino, l’occhiocotto, la cinciallegra, la
ghiandaia, il corvo imperiale. Nei periodi interessati dai flussi migratori
(dove sono maggiori le pressioni militari nell’area di Drasy), il territorio diventa
un punto di concentrazione e di sosta per numerosissime specie, come l’airone
rosso, il mignattaio, il germano reale, il falco pecchiaiolo, il nibbio bruno,
il falco di palude, l’albanella reale, la gru, il cavaliere d’Italia, il
cuculo, l’upupa, la capinera, l’averla capirossa. Saltuariamente sono stati
avvistati l’airone bianco maggiore, la cicogna bianca, il fenicottero, l’oca
selvatica, il biancone, il falco pescatore, il falco cuculo, l’occhione, la
pavoncella, il gabbiano corso, il gufo di palude. Niente birdwatching però,
perché per politici e generali, il fragile territorio di Punta Bianca deve
restare un santuario per i giochi di guerra dell’esercito italiano e dei
marines in forza alla base di Sigonella, principale scalo operativo per gli interventi
Usa in Africa, Medio oriente e sud-est asiatico.
IL DANNO - “L’8 gennaio
scorso, un pezzo collinare della futura riserva naturale di Punta Bianca è
franato in spiaggia”, denuncia l’associazione Mareamico di Agrigento.
“Tonnellate di pietre, di creta e di terra con diverse palme nane sono
scivolate giù accompagnate da un grande fragore che si è avvertito anche a
distanza. La regione Sicilia, invece di tutelare questo territorio ed istituire
la riserva naturale, per la quale da 17 anni è stata avanzata una richiesta,
continua a rilasciare l’autorizzazione
per le esercitazioni militari che tanto danno arrecano a questo territorio. I
boati e le vibrazioni causate dalle esercitazioni sono certamente una concausa
di ciò che sta accadendo a questa fragile e sfortunata costa agrigentina”.
Nella vasta area interessata dalle attività militari, il
terreno appare disseminato da bossoli e residui di munizioni utilizzate dai
reparti. La contaminazione riguarda pure le vie di accesso alle spiagge di
Punta Bianca, frequentate dai turisti nel solo periodo in cui le esercitazioni
vengono sospese, da metà giugno a metà settembre. Per il resto dell’anno l’area
è off limits e i cannoneggiamenti vengono avvertiti da Agrigento a Palma di
Montechiaro, Favara, Porto Empedocle e Realmonte. Boati insopportabili e
tremori simili al terremoto che minacciano la stessa Valle dei Templi, ad
altissimo rischio idrogeologico. “Paradossalmente, l’area dei Templi fu inibita
al passaggio delle bici durante i mondiali di ciclismo del 1994, mentre oggi si
trova in balia delle esercitazioni militari”, commenta il presidente di
Mareamico, Claudio Lombardo. Il 19 maggio 2013, gli ambientalisti organizzarono
una manifestazione di protesta contro i giochi di guerra con tanto di pulizia
delle spiagge di Drasy e Punta Bianca. “Qualche giorno prima - ricorda Lombardo
- il Comando della Brigata Aosta inviò una squadra di 15 uomini del Genio
militare con tanto di mezzi pesanti per avviare la bonifica della zona
d’inestimabile valore paesistico e il recupero della strada che conduce a Punta
Bianca, messa a repentaglio dal passaggio dei mezzi militari”.
LE AUTORITA’ DIFENDONO IL POLIGONO
- Il primo luglio 2010, l’allora sottosegretario alla Difesa, on. Giuseppe
Cossiga, nel rispondere a un’interrogazione di 38 parlamentari del Polo delle
libertà (primo firmatario l’on. Vincenzo Fontana, agrigentino), dichiarò che il
poligono di Drasy era d’interesse strategico soprattutto per i reparti della
Brigata Aosta, ente gestore, tanto che un’eventuale dismissione dell’area
avrebbe causato un “inaccettabile impatto negativo sull’operatività e sulla
sicurezza del personale, impedendo di fatto l’impiegabilità nelle missioni
internazionali e mettendo quindi a rischio la presenza stessa della Brigata
nell’isola”.
“Essendo il poligono dell’agrigentino ben servito dalla rete
viaria – aggiunse Cossiga - esso è l’unica risorsa presente in Sicilia ove sia
possibile utilizzare munizionamento ordinario e svolgere esercitazioni a fuoco
fino a livello di plotone fucilieri. L’infrastruttura è stata destinata alle
funzioni di isola addestrativa di secondo livello e consente di svolgere
attività di crisis response operations”. Il sottosegretario spiegò pure che la
presenza di un parco naturale in corrispondenza di un’area addestrativa “non
deve essere considerata motivo preclusivo per un’equilibrata convivenza, tanto
meno motivo per richiedere la sospensione delle esercitazioni e lo spostamento
in altro sito del poligono in esame”.
“La possibilità di costituire un parco naturale nell’area in
argomento è una diretta conseguenza della pluriennale esistenza delle strutture
militari che, con la loro presenza, hanno svolto funzione di controllo e tutela
preventiva, salvaguardando l’ambiente naturale”, fu lo sfacciato commento
dell’uomo di governo. “Il Ministero della difesa è sicuramente pronto ad
approfondire il tema di un eventuale trasferimento del poligono in altro sito”,
concluse Cossiga. “Ma naturalmente è necessario che siano le stesse autorità
locali a individuare e proporre aree alternative, le quali evidentemente
dovranno avere le medesime caratteristiche e consentire lo svolgimento delle
stesse attività addestrative, siain bianco sia a fuoco”. Ad oggi però, né il
Comando della Brigata Aosta né le autorità regionali hanno proposto alcunché.
Ma il Poligono Desy non è l’unico ad essere vicino o dentro
a una riserva naturale. In Italia esistono infatti altre situazioni simili: il
poligono di Ponticello nel Parco di Fanes (Bolzano); quello di Carpegna nel
Parco “Simone Simoncello” (Pesaro-Urbino); i poligoni “occasionali” all’interno
del Parco Nazionale dell’Alta Murgia (Puglia). Casi ai quali occorre aggiungere
le servitù militari in Sardegna che inibiscono meravigliose zone alla
cittadinanza, perfino attività utili alla sopravvivenza come l’allevamento e la
pesca.
La Guerra Fredda è finita da un pezzo. Quando verrà il
momento per l’Italia di riprendersi i propri territori?
(Fonte: Contropiano)
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