venerdì 18 settembre 2015

La vergognosa gestione dei cinghiali: prima immessi sul territorio e ora perseguitati come mostri

QUESTA ESTATE CI SONO STATI VARI CASI DI AGGRESSIONI A UOMINI

Circa un anno fa ha fatto scalpore il caso della mamma orsa Daniza, uccisa perché aveva aggredito un escursionista un po’ troppo curioso, solo perché sentiva i propri cuccioli in pericolo. Il caso pose sotto i riflettori come quegli orsi siano stati introdotti nel nostro territorio senza alcun criterio. Da una quindicina d'anni, con il Progetto «Life Ursus», pagato fior di milioni dalla ora colpevolmente silenziosa Unione Europea, diversi plantigradi sono stati portati dalla Slovenia sul nostro arco alpino per ripopolare quelle zone con un abitante presente da migliaia di anni e poi sterminato dalla nostra specie. Stesso destino è quello delle nutrie, importante anni fa in Lombardia dall'Argentina per farci pellicce. Ma dato che il mercato non le richiede più, oggi sono solo un problema da abbattere. Con tanto di legge regionale. Ora identico caso è quello dei cinghiali, protagonisti questa estate di diverse aggressioni o danni a colture. Su tutte, ha fatto clamore il caso di un anziano aggredito a Cefalù da un branco e morto a seguito delle ferite riportate. Ma anche nel loro caso ha tante responsabilità l'uomo…

L'ORIGINE DEL PROBLEMA - Iniziamo con il dire che non esiste praticamente più il cinghiale autoctono, ma quelli che troviamo in circolazione sono per lo più ibridi con specie provenienti dall’Europa dell’est, quando non sono addirittura ibridi derivanti da accoppiamenti fra cinghiali e suini lasciati al pascolo, ibridi definiti “porcastri”. Purtroppo, sono anche ibridi molto prolifici ed il cinghiale non ha altri predatori che il lupo (che prolifica molto meno).
Ma da dove provengono questi cinghiali alloctoni? Qui sta il nocciolo della questione. Essi provengono da immissioni – autorizzate o no – effettuate in questi decenni da enti che hanno assecondato le richieste delle associazioni venatorie, appunto a scopo di caccia. Se, ipoteticamente, il cinghiale fosse rimasto in questo periodo quello autoctono, autorizzandone la caccia, esso sarebbe rimasto in numero contenuto. Con le immissioni, ripeto, autorizzate o clandestine, il numero dei cinghiali è aumentato in maniera drastica.
Come ricorda giustamente il biologo Francesco Petretti: “La falla è rappresentata dai ripopolamenti che ancora oggi vengono fatti annualmente a ritmo di decine di migliaia di capi. Inutile pensare di risolvere il problema del sovrannumero dei cinghiali se prima non si tappa la falla, arrestando questo fiume di esemplari liberati ogni anno dalle strutture pubbliche e private per alimentare una crescente domanda venatoria”. La colpa, pertanto, ancora una volta è nella specie uomo e non già nella specie animale.

QUELL'ACCORDO ASSURDO - Eppure, nonostante i danni perpetrati al territorio, le associazioni venatorie continuano ad avere ascolto presso le istituzioni, tanto che ultimamente si è parlato di un neanche tanto tacito accordo fra mondo venatorio, Federparchi e Legambiente per autorizzare la caccia all’interno dei parchi. A parte il fatto che l’art. 11 della Legge Quadro sui parchi prevede il divieto di “cattura, uccisione, danneggiamento, disturbo delle specie animali”, e che pertanto per poter cacciare occorrerebbe modificare la legge, ma poi appare singolare che proprio i cacciatori, che sono responsabili delle immissioni dei cinghiali, poi vengano addirittura premiati lasciandoli cacciare nelle aree protette. Peraltro, c’è da notare che nel 2014 ci fu un tentativo del nostro legislatore proprio di modifica della legge, introducendo anche la possibilità di caccia in determinati casi. E lì Legambiente si disse contraria.
Se proprio si dovesse modificare la norma, bene sarebbe modificarla nel senso di possibilità di contenimento non cruente e comunque alternative alla caccia. C’è solo da sperare che la notizia della convergenza di intenti fra cacciatori, Federparchi e Legambiente, visto che sarebbe avvenuta all’interno della Festa dell’Unità, sia la solita boutade estiva, che non avrà seguito.


2 commenti:

  1. Lo stesso discorso si potrebbe fare per i lupi che sono stati reintrodotti senza tenere conto che è inutile introdurre predatori dove non ci sono più le prede o per le nutrie introdotte in ambienti dove prima non esistevano e che rischiano di fare grossi danni agli argini dei fiumi; navigando in rete ho trovato questo : [iltirreno.gelocal.it]

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