Le ultime elezioni politiche dello scorso aprile hanno spazzato via dal Parlamento i partiti della sinistra massimalista, o, come ama definirla la maggior parte dei media, della sinistra radicale.
Il mio primo commento in merito fu la definizione di questo evento “effetto livella di Totò” per quei partiti, ossia una messa sullo stesso piano, o se volete, sulla stessa barca, di essi, e quindi una necessità da parte loro di mettersi a dialogare, e cercare un’unità, per dar vita ad un soggetto unitario che abbia un minimo peso numerico. Mi riferivo anche alla rimozione di vecchi e ormai inutili divisioni tra socialisti e comunisti, o tra trotzkisti e leninisti all’interno dei partiti comunisti stessi.
Ma a quanto pare ciò non sta accadendo; anzi, stanno nascendo anche nuove spaccature; come se fossero in palio alte percentuali di voti da contendersi. Il tutto, soprattutto come conseguenza delle scelte di Rifondazione comunista, la quale, in seguito all’elezione a Segretario nazionale di Paolo Ferrero, non solo ha ripreso le distanze dai Comunisti italiani dopo la fallimentare esperienza della “Sinistra arcobaleno” (insieme a Verdi e Sinistra democratica), e non ha ricucito lo strappo con altri partitini tipo Sinistra critica o il Partito comunista dei lavoratori, ma addirittura sta creando una spaccatura al suo interno, con la nascita di correnti minoritarie. E stiamo parlando di un partito che a livello nazionale, oggi a mala pena supera il 2%, ed ha visto emigrare i suoi voti verso la Lega o l’Italia dei valori.
Un segnale evidente di questo malessere interno a Rifondazione, è la ormai ufficiale rimozione di Sansonetti come direttore del quotidiano organo di partito, Liberazione, sostituito molto probabilmente da Dino Greco, ex segretario della Camera del lavoro di Brescia, uno dei militanti più stimati della sinistra della Cgil. Ma oltre ad un direttore politico, si sta pensando anche ad uno giornalistico, come richiesto dall'editore Luca Bonaccorsi intenzionato a rilevare la testata. Si fa il nome di Guido Caldiron, redattore dello spazio sul giornale dedicato alla cultura, che per due anni aveva lasciato ''Liberazione'' per fare l'addetto stampa di Ferrero quando quest'ultimo era Ministro del welfare.
Certo, stiamo parlando sempre di un partito che ha come simbolo quello di un partito importante e storico della sinistra italiana, quale il PCI. Quindi è giusto parlarne con rispetto e senza superficialità. Però, sinceramente, mi viene quasi da ridere nel pensare che un partito oggi dato a poco più del 2% a livello nazionale, dia vita a certe discussioni scissioniste interne, anziché aprirsi all’esterno e cercare di costruire qualcosa con altri partiti. Lo stesso progetto della “Sinistra arcobaleno” non era male, se però, non avrebbe posto come personaggi chiave gente che di fatto poi oggi è sparita, tipo Diliberto e Pecoraro Scanio, o proporre come leader uno che non certo può rappresentare la nuova sinistra che emerge, ossia Bertinotti; il tutto, di fatto, non poteva certo dare una parvenza di rinnovamento. Meglio magari dare spazio già un anno fa (quando la SA stava nascendo), a personaggi ben visti a sinistra, e diciamolo pure, preparati, come Niky Vendola.
Ma con l’elezione del “conservatore” Ferrero, anziché dello stesso Vendola, sicuramente molto più progressista, come segretario del partito, che già da Ministro del Governo Prodi aveva dimostrato le sue idee da “Mister No”, ci si doveva aspettare una gestione del genere del partito, anche perché è stato voluto a maggioranza; quindi Rifondazione nei prossimi anni punterà alla sua autoconservazione e sopravvivenza. Mentre i lavoratori, sempre più precari ed economicamente umiliati, avrebbero bisogno di ben altra rappresentanza. Tant’è che stanno scegliendo altro…
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