E ANCHE I FATTORI CHE PESANO SULL’ESOSO COSTO FINALE
In tanti hanno già previsto che la benzina arriverà a 2 euro
entro Pasqua e in alcune pompe ciò è già una triste realtà. Qualcuno si era
illuso che con le operazioni militari in alcuni Paesi floridi di greggio –
quali Afghanistan, Iraq e Libia – avremmo avuto benzina a costi convenienti.
Macché. L’aumento è costante e l’utilizzo di energie alternative per le auto
nonché l’inefficienza dei trasporti pubblici in più parti d’Italia, non ci
lasciano per ora alternative significative all’oro nero. In tanti si chiedono
perché la benzina aumenti costantemente e pure facendo una ricerca sul web
poche sono le risposte secche e chiare. Fortunatamente però sono incappato in
un sito che riporta la spiegazione fornita dal mensile Auto a un lettore.
Inoltre, su Linkiesta, ho trovato una tabella che spiega molto bene quali siano
i fattori che gravano sul prezzo finale della benzina. Infine, su Virgilio ho
trovato un interessantissimo elenco di tutte le accise che gravano sul prezzo
finale, la prima risalente addirittura al 1935.
Vediamo il tutto.
Quel listino si chiama Platt’s ed indica quanto costa
comperare a Rotterdam (in quella data) grossi quantitativi di benzina o di
petrolio. Nella realtà, solo il 7-8% dei prodotti petroliferi venduti in Italia
proviene da questi acquisti spot che invece sono i preferiti da tutti coloro
che scommettono sui rialzi dei prezzi, comperano navi cariche di benzina e le
rivendono quando i prezzi lievitano, alimentando la speculazione internazionale
dei cosiddetti futures. Per contro, quasi il 30% del greggio lavorato nelle
nostre raffinerie proviene da giacimenti di proprietà Eni, il resto da pozzi in
comproprietà delle aziende petrolifere o da contratti a lungo termine con Paesi
produttori. I costi di tali forniture sono di gran lunga inferiori a quelli del
mercato spot, anche perché si riferiscono ad acquisti di molti mesi prima.
Ma tutto questo non conta, come non contano le differenze
fra una benzina o l’altra, fra una raffineria e l’altra, fra una rete
distributiva e l’altra: il prezzo finale sarà assolutamente identico. La
benzina non viene trattata come un bene di consumo o un prodotto da vendere, ma
come un bene rifugio, anzi come denaro liquido. Non conta quanto è costato
produrla, ma semplicemente quanto vuole quotarla (guadagnandoci sopra) chi è
disposto, quel giorno, a venderne grossi quantitativi.
E’ ovvio che, se quel giorno i cinesi comprano tanta
benzina, le quotazioni del Platt’s (cioè della benzina ancora da vendere) salgono
in modo vertiginoso. E, senza alcun pudore, salgono anche i prezzi della benzina che da quel momento si venerà
alle pompe.
E’ una prassi ormai consolidata, anche se scandalizza sempre
quando se ne parla, soprattutto perché si traduce in una vera e propria
rinuncia, a priori, a qualsiasi forma di concorrenza fra i liberi marchi.
I FATTORI CHE GRAVANO SUL PREZZO
FINALE – Come si evince dal grafico che segue, tra assurde e ormai
superate accise (tra cui quelle per vecchie guerre coloniali e terremoti), l’Iva,
il prezzo della materia prima, i margini di guadagno delle compagnie di
distribuzione, appare più chiaro per la benzina verde salga continuamente in
barba ad ogni legge di mercato. In fondo le varie marche si fanno la
concorrenza su 1-2 centesimi, illudendoci di risparmiare.
IL PESO DELLO STATO SUL CARO BENZINA
- Ma le entrate sono troppo allettanti per privarsene. La CGIA denuncia
l'extragettito incassato dall'Erario per l'aumento del carburante, pari a 4 mld
di euro. La componente fiscale del prezzo nel corso del tempo è diventata
sempre più pesante, fino a sfiorare il 60% del totale. La benzina infatti è
'tassata due volte', sia dall'IVA che dalle accise.
Le accise sono un tipo di tributo sui consumi, di volta in
volta istituito per finanziare alcune emergenze (guerre, crisi, disastri
naturali...). Ma: le emergenze rientrano, mentre le accise rimangono. Fu
Mussolini il primo ad inventarsi l'accisa sul carburante nel 1935 per
finanziare la guerra d'Abissinia. Da allora il balzello ha fatto storia. Ecco
le voci che, negli anni, lo hanno visto crescere:
● 0,001 euro per la guerra di Abissinia del 1935;
● 0,007 euro per la crisi di Suez del 1956;
● 0,005 euro per il disastro del Vajont del 1963;
● 0,005 euro per l'alluvione di Firenze del 1966;
0,005 euro per il terremoto del Belice del 1968;
● 0,051 euro per il terremoto del Friuli del 1976;
● 0,039 euro per il terremoto dell'Irpinia del 1980;
● 0,106 euro per la missione in Libano del 1983;
0,011 euro per la missione in Bosnia del 1996;
● 0,020 euro per il rinnovo del contratto degli
autoferrotranvieri del 2004;
● 0,005 euro per l'acquisto di autobus ecologici nel 2005;
● da 0,0071 a 0,0055 euro per il finanziamento alla cultura
nel 2011;
0,040 euro per far fronte all'emergenza immigrati dovuta
alla crisi libica del 2011;
● 0,0089 euro per far fronte all'alluvione che ha colpito la
Liguria e la Toscana nel novembre 2011;
● 0,082 euro per il decreto "Salva Italia" nel
dicembre 2011. Sui quali paghiamo anche l'aumento dell'IVA al 21%.
Sul prezzo finale della benzina c'è un ulteriore costo che
spesso sfugge alle analisi. E' quello dovuto all'inefficienza della rete
distributiva, vecchia, bloccata da vincoli e veti amministrativi.
Ereditata dagli anni del boom economico se fosse modernizzata
porterebbe grandi vantaggi ai consumatori. Secondo l'istituto Bruno Leoni la
mancata riorganizzazione della rete costa circa quattro centesimi al litro.
Insomma, siamo in un mondo globalizzato e capitalista solo a
chiacchiere. La concorrenza non c’è, come il libero mercato che secondo i
liberisti avrebbe favorito i consumatori finali. Le grosse multinazionali, in
tutti i settori, fanno accordi tra loro e dietro il prezzo finale di un
prodotto si nascondo varie voci che neppure immaginiamo. Per quanto riguarda la
benzina poi, lo Stato italiano come visto grava non poco sul prezzo finale
della benzina e dunque tanto potrebbe fare per abbassarlo, facendo leva su Iva
e accise.
Ci dicono da ormai un trentennio che l’aumento del prezzo
deriva dal fatto che il petrolio sia in via di esaurimento; e in tanto sul
mercato non sono ancora immesse su larga scala auto che funzionano con le
energie rinnovabili…
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