SE ALLE PROSSIME ELEZIONI REGIONALI VINCESSE ARTUR MAS,
BARCELLONA E LIMITROFI POTREBBERO STACCARSI DAL RESTO DEL PAESE. MA CI SONO
VARI OSTACOLI
Le crisi economiche, si sa, acuiscono gli estremismi e i movimenti
separatisti. Basta guardare la Lega in Italia, che è tornata ai discorsi
secessionisti di vent’anni fa. Anche la Spagna ha la sua Padania, i Paesi
Baschi, ai quali potrebbe aggiungersi la Catalogna. Per intenderci, il
territorio in cui ricade la città di Barcellona, seconda per importanza solo
alla capitale Madrid. Cruciali in tal senso sono le prossime elezioni regionali
del 25 novembre.
LA LOTTA DI ARTUR MAS - In
avvio di campagana elettorale in Catalogna, il presidente Artur Mas ha difeso
vigorosamente in un comizio ieri sera la proposta di un referenum per
l'indipendenza e per l'uscita dall'Unione europea. Parole e propositi definiti
dal capo del governo spagnolo, Mariano Rajoy, "irresponsabili".
Dopo una manifestazione indipendentista gigantesca a
settembre e un’altra a ottobre, il governatore catalano Artur Mas, che reclama
maggiore autonomia di bilancio, è entrato in conflitto aperto con Madrid e ha
convocato per il 25 novembre elezioni anticipate, promettendo di organizzare,
in caso di vittoria, un referendum sull'autodeterminazione.
Il presidente del governo centrale spagnolo, il conservatore
Rajoy, aveva affermato nei giorni scorsi che la pulsione indipendentista
catalana andava "contro la Storia", "contro il buon senso"
e che era causa di "divisioni in Catalogna".
Secondo un sondaggio di un istituto di ricerca catalano, i
partito di Artur Mas riuscirebbe ad ottenere alle prossime elezioni la
maggioranza assoluta, con 69-71 seggi.
A inizio novembre Mas aveva avuto diversi colloqui con il
premier spagnolo Mariano Rajoy, per cercare di convincerlo a concedere alla
Catalogna una maggior autonomia, soprattutto finanziaria, sul modello di quella
dei Paesi Baschi. Ma a quanto pare Rajoy è stato inflessibile, e così Mas ha
deciso di portare avanti la battaglia del referendum sull’indipendenza, quasi
una sorta di rappresaglia nei confronti del governo centrale di Madrid.
MAS, UN PERSONAGGIO IMPROBABILE PER
LA CAUSA - Mas è però un personaggio piuttosto improbabile per difendere
la causa dell’indipendentismo. È esponente della Convergència i Unió (CiU), un
partito moderato che da sempre rappresenta gli interessi della borghesia
commerciale catalana, storicamente ambigua sul tema dell’indipendenza. Mas è
stato eletto al suo terzo tentativo nel 2010, promettendo innanzitutto un
maggior rigore nel controllo dei conti.
CATALOGNA INDEBITATA - Il
rigore non è servito davanti al peggioramento della situazione economica della
Spagna e della Catalogna in particolare: qualche settimana fa, Mas è stato
costretto a chiedere l’aiuto del governo centrale per pagare un disavanzo nel
bilancio del governo autonomo di 5 miliardi di euro. La Catalogna versa al
governo centrale di Madrid il 9% del suo prodotto interno lordo: in tutto,
circa 18 miliardi di euro. Secondo i politici catalani, quei soldi, o almeno
una parte, devono restare in Catalogna.
La Catalogna ha un’economia grande quanto quella del
Portogallo ed è la più popolosa e industrializzata delle regioni spagnole. Fino
a qualche anno fa era anche la più ricca, ma la crisi immobiliare e una
diminuzione dei flussi turistici l’hanno fatta retrocedere nelle classifiche
del benessere. A sopravanzarla sono stati sopratutto i Paesi Baschi, l’unica
delle regioni spagnole che gode di un autonomia persino maggiore di quella catalana.
CI SONO POI VARI OSTACOLI -
L’indipendenza però, sembra un obiettivo piuttosto improbabile per diverse
ragioni. Le prime sono quelle di ordine costituzionale: c’è un sostanziale
accordo di politici e costituzionalisti sul fatto che questo referendum non
avrebbe nessun valore legale. Ci sono dubbi sul fatto che la Catalogna possa
sopravvivere da sola: per il momento si trova seduta su una montagna di debito
e ha bisogno del governo centrale per finanziare le proprie spese correnti.
In molti poi hanno forti dubbi sulla volontà dei catalani di
rendersi davvero indipendenti e ritengono probabile che, qualora dovesse essere
davvero organizzato il referendum, se anche non ci fosse una vittoria dei “no”,
quella dei si sarebbe troppo risicata per avere un peso politico.
Diversi commentatori ritengono infatti che più che una
minaccia reale, il referendum sia una specie di moneta di scambio, per spingere
il governo di Madrid a concedere una maggiore autonomia finanziaria alla
Catalogna. Un obbiettivo che però potrebbe essere ottenuto solo se ci fosse un
trionfo degli indipendentisti nel voto referendario. Il governo spagnolo ha però
subito fatto sapere che il referendum sarebbe anticostituzionale, dato che
nella costituzione del 1978 non è prevista alcuna procedura affinché una parte
della Spagna si possa rendere indipendente. Questo non ha fermato Arturo Mas,
governatore della Catalogna, che ha riunito il parlamento locale e giovedì
notte ha fatto approvare una risoluzione, non vincolante, con la quale il governo
promette, dopo le elezioni fissate per il 25 novembre, di promuovere un
referendum sull’autodeterminazione della Catalogna.
Chissa’ se la Catalogna acquisira’ l’indipendenza. Ma
soprattutto, se i catalani davvero la vogliono. Certi discorsi separatisti
stile 1800 appaiono oggi fuori luogo e ridicolmente pittoreschi.
io credo che il concetto di indipendenza della Lega sia molto diverso da quello della Catalogna.
RispondiEliminaindipendenza o separazione?
RispondiEliminaio credo che qui da noi, per esempio, basterebbe un buon federalismo..ma siamo all'uopia...