IL PAESE STA FACENDO REGISTRARE GRANDI MARGINI DI CRESCITA E
POTREBBE SOLO PERDERCI SOTTOSTANDO AI SACRIFICI RICHIESTI DALL’UE
Uscita dal regime comunista da oltre un ventennio e
diventato un Paese rispettato anche per aver dato i natali al compianto Papa
Karol Wojtyla, la Polonia sta facendo
registrare dei margini di crescita economica molto alti e invidiabili
considerando come se la passano quasi tutti gli Stati aderenti alla moneta
unica. Eppure lo Stato polacco sta puntando anch’esso all’ingresso nell’area
Euro. Tuttavia, dati gli enormi sacrifici finanziari e i parametri stringenti
imposti a chi vi fa parte, viene da chiedersi se effettivamente gli conviene.
PIL INVIDIABILE - La Polonia,
governata dal premier di centrodestra Donald Tusk e presidente di turno uscente
dell’Ue, ha chiuso il 2011 con un incremento del Pil del 4,3% e si presume che
quest’anno la crescita sarà nell’ordine del 2,5%: una diminuzione consistente,
ma da ritenere comunque positiva nel contesto europeo che prevede recessione –
oppure, nei migliori casi, una crescita prossima allo zero – per i suoi Stati
più importanti. Previsioni ancor più positive se si considera che la nazione
dell’Europa centro-orientale è fortemente dipendente dalle economie vicine in
termini di investimenti e di esportazioni. Il rapporto del debito pubblico sul
Pil è sostanzialmente stabile sul livello di 56,7%, dunque perfettamente
all’interno dei “precetti” stabiliti vent’anni fa dal Trattato sull’Unione
Europea e da poche settimane “rispolverati” dalle norme del Fiscal Compact. Il
costo del lavoro è tra i più bassi d’Europa (7,46 euro l’ora nel 2010 secondo
Eurostat) ed è una delle ragioni che hanno permesso di attrarre flussi
crescenti di investimenti esteri.
LA CONVENIENZA DELLO ZLOTY - D’altronde,
proprio il mancato utilizzo dell’Euro, la rende un Paese appetibile per le
esportazioni e il turismo: hanno lo zloty, con un euro si ottengono 4,4 zloty
circa. Ai fini puramente turistici una tale differenza è estremamente
vantaggiosa visto che una camera d’albergo in centro non costerebbe più di 20
zloty per notte, cioè meno di 5 euro. E viste le tante bellezze di cui gode lo
Stato polacco, alle quali si somma il triste turismo legato agli ex campi di
concentramento, il turismo rappresenta forse il più importante settore
d’introiti per le casse della Polonia. Alle quali si sta aggiungendo quello
relativo all’industria, visto che per i bassi costi di manodopera e la bassa
pressione fiscale, investire lì conviene molto alle multinazionali.
LA BASSA PRESSIONE FISCALE -
La Polonia grazie a politiche fiscali considerevolmente più ridotte rispetto al
resto d’Europa, ha attirato l’attenzione delle grandi multinazionali rendendosi
appetibile per ingenti investimenti da parte di queste ultime che hanno portato
le loro sedi di riferimento per il Vecchio Continente proprio in Polonia. Tra i
nomi delle più grandi società cha hanno mosso capitali per investire in Polonia
c’è Google che, dopo un tentativo di muovere in Italia, ha virato sul
principale Paese dell’est; poi Hp, Ibm, Ups che aveva la sua centrale operativa
proprio in Italia.
Una pressione fiscale meno asfissiante ha consentito a
migliaia di giovani non solo polacchi, ma anche di molti altri Paesi
confinanti, di trovare un lavoro e di maturare esperienze in aziende di
spessore internazionale, abbassando la disoccupazione, creando manodopera
specializzata e aumentando la ricchezza generale del Paese.
Si prendano poi le tassazioni dei cittadini i quali vedono
il proprio cuneo fiscale al 18 percento per il primo scaglione fissato a un
limite di 85.000 zloty (19.000 euro), per poi passare al 32 percento per il
secondo scaglione, e infine il 42 percento per i redditi più alti. Mentre in
Italia si paventa un aumento dell’Iva al 23 percento per il mese di ottobre, in
Polonia tale rischio non c’è e il sistema dell’imposta sul valore aggiunto non
è uguale per tutti i prodotti, ma varia da prodotto a prodotto, mantenendosi
molto basso sui beni di prima necessità e andando ad aumentare sui beni
considerati di lusso tra cui, per esempio, l’alcool su cui può toccare anche il
23 percento di tassazione.
LE POLITICHE ENERGETICHE - Interessanti
possibilità in questo senso potrebbero aprirsi a breve in un settore nuovo,
ovvero quello energetico. Dipendente dalla Russia, che ne ha fatto un nuovo
strumento di influenza geopolitica, per soddisfare il proprio fabbisogno di gas
naturale, la Polonia ha cominciato a perseguire negli ultimi due anni una
strategia di diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Si stima
infatti che la Polonia possegga fino a 1,5 trilioni di metri cubi di shale gas
(metano contenuto in rocce scistose situate a circa un chilometro e mezzo di
profondità nella crosta terrestre): nell’ultimo triennio sono già state
conferite un centinaio di concessioni per esplorazioni a diverse compagnie
petrolifere, come Exxon-Mobil e Chevron. Lo sfruttamento di tali risorse, se la
loro disponibilità dovesse venire confermata, potrebbe aprire nel medio periodo
prospettive molto interessanti a livello geopolitico, rendendo la Polonia un
attore più forte nei confronti della Russia, e a livello economico per le
riduzioni dei costi energetici e di produzione.
I RAPPORTI CON L’ITALIA - L’Italia
non è rimasta a guardare e le relazioni economiche con Varsavia si sono
intensificate con rapidità. La Polonia è il decimo “cliente” del nostro Paese
in termini di esportazioni, con un aumento del 10,9% tra novembre 2010 e
novembre 2011: i beni maggiormente acquistati sono macchinari e componentistica,
prodotti chimici, siderurgici e, ovviamente, automobili. A questo proposito,
non si può non citare la Fiat come principale azienda italiana in termini di
investimenti: lo stabilimento di Tychy è strategico per la casa automobilistica
torinese, che dal 1993 al 2007 ha consolidato un capitale investito di 1,2
miliardi di euro. Marcegaglia, Indesit, Brembo, Agusta Westland e Gruppo
Astaldi sono le altre grandi aziende italiane ad investire in Polonia, ma non
mancano anche diverse realtà imprenditoriali di dimensioni più ridotte. Per
quanto riguarda il settore bancario UniCredit controlla dal 1999 Banca Pekao,
il principale gruppo creditizio polacco con oltre cinque milioni di clienti e
novemila filiali diffuse su tutto il territorio.
OVVIAMENTE NON MANCANO I PROBLEMI
- Come in molte fotografie, però, non manca il contrasto chiaro-scuro. La
congiuntura internazionale, che ha visto nel Vecchio Continente una delle aree
geo-economiche in maggior sofferenza, non ha lasciato Varsavia del tutto immune.
L’inflazione è salita dal 2% a più del 4%, oltre gli obiettivi che si era posta
la Banca centrale polacca. Insieme ad essa è aumentata anche la disoccupazione,
che ha subito una nuova crescita fino a toccare nuovamente il 10% a novembre
2011. Il reddito pro capite rimane ancora uno dei più bassi in Europa (poco
meno di diecimila euro, al quintultimo posto in UE). La corruzione, dopo la
fine del Comunismo, si è ridotta sensibilmente: l’indice elaborato da
Transparency International pone la Polonia al 41esimo posto mondiale, ben al di
sopra dell’Italia. Eppure è ancora avvertita come un problema grave e proprio
pochi giorni fa l’Institute of Public Affairs, uno dei principali think-tank
del Paese, ha pubblicato uno studio dove si sottolinea l’assenza di politiche
espressamente dirette a combattere la corruzione.
Certo, non mi sento di sconsigliare totalmente ai polacchi
l’ingresso nella moneta unica. Ma volendosi soffermare prettamente sui numeri,
possiamo sicuramente affermare che la scelta di non aderire all’Euro sta
premiando tutti gli Stati che hanno preso quella strada. Chi si era illuso di veder
crescere la propria economia entrando nell’Eurozona, si vede sottoposto a un
salasso continuo e senza via d’uscita; gli esempi di Irlanda, Portogallo e
Grecia sono già tanti ed eloquenti. Stati che si sono ritrovati in ginocchio
proprio come erano prima di entrare. Anzi, forse adesso stanno pure
strisciando…
(Fonti: Wakeupnews,
Firstonline)
..ma anche no!!!
RispondiEliminaannalisa