IL RAGAZZO, ALLORA 18ENNE, FU MASSACRATO DI BOTTE DA 4
POLIZIOTTI NEL 2005. I QUALI PERO’ NON ANDRANNO MAI IN CARCERE SEPPUR
CONDANNATI. INOLTRE LO HANNO OFFESO DI RECENTE SU FACEBOOK
La Giustizia italiana da’ ancora una volta prova della
propria assurdità e inefficacia, producendo ingiustizie più che soddisfacenti
condanne. Molti i casi di cittadini massacrati ingiustamente dalle forze
dell’ordine, tanto in strada quanto in carcere, per i quali i familiari si
battono almeno per onorarne il nome. Purtroppo però quasi sempre inutilmente.
Tra questi Federico Aldrovandi è stato ucciso 3 volte. La seconda perché non ha
ottenuto una giusta giustizia e la terza perché è stato perfino offeso (assieme
ai genitori) su Facebook da chi lo ha ucciso.
I FATTI - La notte del 25
settembre 2005 Aldrovandi decise di tornare a casa a piedi dopo aver trascorso
la serata al locale Link di Bologna. Durante la nottata il giovane assunse
sostanze stupefacenti (si tratta comunque di "quantità irrisorie e
sufficienti a procurare uno sballo leggero e di breve durata") e alcol.
Nei pressi di viale Ippodromo a Ferrara circolava, in quegli stessi minuti, la
pattuglia "Alfa 3" con a bordo Enzo Pontani e Luca Pollastri.
Quest'ultimi descrivono l'Aldrovandi come un "invasato violento in
evidente stato di agitazione", sostengono di "essere stati aggrediti
dallo stesso a colpi di karate e senza un motivo apparente" e chiedono per
questo i rinforzi. Dopo poco tempo arriva in aiuto la volante "Alfa
2", con a bordo Paolo Forlani e Monica Segatto. Lo scontro tra i quattro
poliziotti e il giovane diventa molto violento (durante la collutazione due
manganelli si spezzano) e porta quest'ultimo alla morte, sopraggiunta per
"asfissia da posizione", con il torace schiacciato sull'asfalto dalle
ginocchia dei poliziotti.
Alle 6.04 la prima pattuglia richiedeva alla propria
centrale operativa l'invio di un'ambulanza del 118, per un sopraggiunto malore.
Secondo i tabulati dell'intervento, alle 6.10 arrivò la chiamata da parte del
113 a Ferrara Soccorso, che inviò sul posto un'ambulanza ed un'automedica,
giunte sul posto rispettivamente alle 6.15 ed alle 6.18.
All'arrivo sul posto il personale del 118 trovava il
paziente “riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena
[...] era incosciente e non rispondeva”. L'intervento si concluse, dopo
numerosi tentativi di rianimazione cardiopolmonare, con la constatazione sul
posto della morte del giovane, per “arresto cardio-respiratorio e trauma
cranico-facciale”.
L’ITER PROCESSUALE - Il 15
marzo 2006 arrivò la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati dei
quattro agenti che avevano proceduto all'arresto di Aldrovandi per omicidio
colposo. L'avviso di garanzia venne notificato loro il 6 aprile 2006. Il 16 giugno
2006 si tenne il primo incidente probatorio di fronte al giudice per le
indagini preliminari, fra la famiglia della vittima, i quattro imputati ed una
testimone oculare dell'accaduto, la camerunense Annie Marie Tsagueu. La
Tsagueu, residente in viale Ippodromo, è l'unica testimone ad aver visto e
sentito distintamente alcune fasi della colluttazione. Ha visto gli agenti (due
su quattro) picchiare Federico Aldrovandi, comprimerlo sull'asfalto e
manganellarlo. Ha inoltre sentito le sue grida di aiuto e lo ha sentito
respirare tra un conato di vomito e l'altro.
Dall'incidente probatorio emersero tra le altre una lunga
escoriazione alla natica sinistra, segno di trascinamento sull'asfalto, ed un
importante schiacciamento dei testicoli. Nel frattempo venne disposta una
perizia super-partes, con un incarico affidato all'"Istituto di Medicina
Legale di Torino".
Dalle indagini nel frattempo emergevano vari elementi
incoerenti: come il fatto che il PM non fosse andato a compiere un sopralluogo
sulla scena del decesso; che non fosse stata sequestrata l'automobile su cui, a
detta degli agenti, si sarebbe ferito Aldrovandi; che non fossero stati
sequestrati i manganelli, di cui due rotti, come confermato dall'onorevole
Carlo Giovanardi in corso di interrogazione parlamentare; ed infine che il
nastro contenente le comunicazioni fra il 113 e la pattuglia fosse stato messo
a disposizione della Procura soltanto molto tempo dopo. Per questi motivi venne
aperta una seconda inchiesta presso la Procura di Ferrara, per vari reati, tra
cui falso, omissione e mancata trasmissione di atti.
L'11 novembre 2006 venne depositata la perizia eseguita a
Torino, in cui veniva escluso categoricamente un nesso fra la morte e le
sostanze psicotrope assunte da Aldrovandi, e secondo la quale la causa del
decesso è da attribuirsi ad una morte improvvisa per insufficienza funzionale
cardio-respiratoria, definita dagli autori anglosassoni come "excited
delirium syndrome". Dalla discussione delle perizia, avvenuta il 14
dicembre 2006, emerse un ruolo attivo delle persone che erano con Aldrovandi.
Il 10 gennaio 2007 venivano formalmente rinviati a giudizio,
per omicidio colposo, gli agenti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e
Luca Pollastri, per aver ecceduto i limiti dell'adempimento di un dovere, per
aver procrastinato la violenza anche dopo aver vinto la resistenza del giovane
e per aver ritardato l'intervento dell'ambulanza. Dopo le procedure di
istruzione del processo la prima udienza venne fissata per l'ottobre 2007.
All'inizio di febbraio 2008 viene mostrato un filmato di dieci minuti, girato
dalla polizia scientifica sul luogo dell'evento, dopo la partenza
dell'ambulanza e prima dell'arrivo del medico legale, in cui gli agenti
presenti sul posto scambiano considerazioni sull'accaduto. Nel video
emergerebbero preoccupanti divergenze con le foto scattate dal medico legale.
LA DIFESA - Il 26 giugno 2007
vengono per la prima volta interrogati durante il processo i quattro imputati,
i quali si dichiarano stupiti della morte della vittima, che "stava
benissimo prima dell'arrivo dei sanitari", mentre la registrazione della
centrale operativa riporta chiaramente: "... l'abbiamo bastonato di
brutto. Adesso è svenuto, non so... È mezzo morto". Gli agenti
raccontarono che i due sfollagente si sarebbero rotti per un calcio di
Aldrovandi e per una caduta accidentale di un poliziotto. Sempre secondo la
deposizione, l'ambulanza fu chiamata immediatamente, mentre non fu utilizzato
il defibrillatore automatico di cui era dotata la volante poiché Aldrovandi non
aveva "mai dato segni di sofferenza".
Il 10 ottobre 2008 i periti della difesa fornirono una
versione opposta alle perizie di parte civile, ribadendo la rilevanza delle
sostanze assunte dal giovane, in quantità sufficienti a causarne la morte, ed escludendo
che la colluttazione o il mantenimento della posizione prona abbiano
"avuto effetto nel processo che ha portato alla morte del ragazzo".
Sommando gli effetti analgesici delle droghe si sarebbe compreso come il
ragazzo avesse potuto ferirsi ripetutamente senza sentire dolore. L'agitazione
psicomotoria "intensissima [...] ha innescato un meccanismo che ha portato
a perdere il controllo del cervello e quindi a non rendersi conto del
fabbisogno di ossigeno che il suo organismo richiedeva", cosa che sarebbe
dipesa "dall'assunzione delle droghe, indipendentemente dalle quantità
ingerite". Nemmeno il mettere la vittima in posizione seduta, conclusero i
periti, le avrebbe salvato la vita, in assenza di una specifica terapia
d'urgenza.
Secondo una nuova perizia di parte civile del 6 novembre
2008 venne invece riportato che "alla base del cuore, lungo l’efflusso
ventricolare sinistro, in particolare in corrispondenza del setto membranoso
situato fra cuspide aortica non coronarica e coronarica destra, si osserva un
cospicuo ematoma. Questa è la sede del fascio di His [...]. Il coinvolgimento
del fascio di His da parte dell’ematoma è vistoso e con grande verosimiglianza
è di origina traumatica [...] oppure ipossico da insufficienza respiratoria
prolungata". La perizia conclude che "con probabilità molto elevata
questa complicanza è stata la causa di morte". Il 9 gennaio 2009 il perito
di parte venne sentito in udienza, il quale concluse affermando la morte per
causa violenta di Aldrovandi.
LA SENTENZA DEFINITIVA - Il
21 giugno 2012 la corte di cassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e
6 mesi di reclusione per omicidio colposo di Federico Aldrovandi ai quattro
poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. In
particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dalla
difesa dei quattro agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla
Corte d'Appello di Bologna. I poliziotti non rischiano però il carcere visto
che 3 anni sono coperti dall'indulto. Tuttavia, dopo la condanna definitiva,
scatteranno i provvedimenti disciplinari.
Per Amnesty International si è trattato di "un lungo e
tormentato percorso di ricerca della verità e della giustizia. Solidarietà e
vicinanza ai familiari di Federico Aldrovandi, che in questi anni hanno dovuto
fronteggiare assenza di collaborazione da parte delle istituzioni italiane e
depistaggi dell'inchiesta".
In cassazione i famigliari di Federico Aldrovandi non si
sono costituiti parte civile dopo aver raggiunto una transazione con il
ministero dell'Interno e dopo aver ricevuto le scuse del capo della Polizia
Antonio Manganelli che ha incontrato i genitori del giovane durante una visita
privata.
L’OFFESA SU FB - «Che faccia
da c... aveva sul tg, una falsa e ipocrita, spero che i soldi che ha avuto
ingiustamente (2 milioni di euro, risarciti dal ministero degli interni alla
famiglia Aldrovandi, ndr) possa non goderseli come vorrebbe, adesso non sto più
zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie».
Sono le parole di Paolo Forlani (GUARDA), uno dei 4 agenti condannati in via
definitiva a 3 anni e sei mesi per la morte di Federico Aldrovandi. L'agente ha
scritto nei giorni scorsi sulla bacheca del gruppo Facebook «Prima Difesa»,
amministrato da Simona Cenni e che «tutela gratuitamente per cause di servizio
tutti gli appartenenti alle Forze dell'Ordine e Forze Armate». Un gruppo a cui
risulta iscritta anche la campionessa olimpica Valentina Vezzali.
Le dichiarazioni dell'agente, riportate dall'Ansa (e poi
rimosse dal social network) erano state postate dopo l'intervento del
presidente del gruppo, che commentava un'intervista a Patrizia Moretti, la
madre del ragazzo morto nel settembre 2005 a Ferrara: «Avete sentito la mamma
di Aldrovandi - aveva scritto Cenni - fermate questo scempio per dio… vuole che
i 4 poliziotti vadano in carcere… io sono una bestiaaaaa». Tra i commenti,
oltre a quello del poliziotto condannato, c'è qualcuno che paragona Federico a
un «cucciolo di maiale». Poi l'intervento di Forlani: «Vedete gente - scrive -
non puoi fare 30 anni questo lavoro ed essere additato come assassino solo
perchè qualcuno è riuscito a distorcere la verità, io sfido chiunque a leggere
gli atti e trovare un verbale dove dice che Federico è morto per le lesioni che
ha subito...ma noi paghiamo per le colpe di una famiglia che pur sapendo dei
problemi del proprio figlio non ha fatto niente per aiutarlo, mi fa incazzare
un pochino e stiamo pagando per gli errori dei genitori, massimo rispetto per
Federico ma mi dispiace, noi non lo abbiamo ucciso...».
Nel giorno di quello che sarebbe stato il suo 25mo
compleanno, la madre di Federico, Patrizia Moretti, dopo la petizione per espellere dalla polizia i poliziotti
condannati per l’omicidio colposo di Aldrovandi, ha lanciato una
nuova iniziativa: una petizione al fine di far adottare in Italia una legge
contro la tortura”. Per firmare: www.avaaz.org/it/italy_against_torture_patrizia/
Già decine di migliaia le adesioni raccolte, tra cui quelle
di diversi parlamentari. L’obiettivo minimo è di arrivare a 100mila.
C'è poco da commentare. Io credo alle perizie e all'autopsia altrimenti vuol dire che i dottori non sanno più fare il proprio lavoro. L'autopsia non può sbagliare. E' l unico strumento valido per verificare un decesso che in questo caso dice che Aldrovandi è morto per lesioni multiple sia respiratorie che da ematomi e non se le è fatte sicuramente da solo. Per cui la condanna ai 4 agenti è inequivocabile. E per condanna intendo radiazione a vita da qualunque organo di polizia e carcere immediato.
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