UNA SETTIMANA FA E’ CROLLATO IL RANA PLAZA, PALAZZO DI 8
PIANI DOVE LAVORANO MIGLIAIA DI OPERAI PER POCHI SOLDI AL GIORNO. IL BILANCIO
PARLA DI 400 VITTIME, MA POTREBBERO ARRIVARE A MILLE
La Festa del Primo maggio appare di anno in anno sempre più
retorica, tra un Occidente che vede aumentare il numero di disoccupati e, di
contro, i Paesi in via di sviluppo dove i lavoratori sono sovrasfruttati per
pochi spicci al giorno. Ormai l’essere umano è visto come un automa, senza
diritti, né anima. Solo una settimana fa, in Bangladesh si è consumata
l’ennesima strage ai danni di operai sfruttati dalle multinazionali della moda.
LA STRAGE AL RANA PLAZA - Sale
di ora in ora il bilancio della strage causata la scorsa settimana dal crollo
di un edificio di otto piani, alla periferie di Dacca, zeppo di operai al
lavoro nelle fabbriche tessili controllate da numerose multinazionali
straniere. L’ultimo bilancio parla di 400 vittime recuperate, ma sarebbero
moltissimi i corpi ancora intrappolati sotto le macerie, ormai senza vita. Da
quando ieri i soccorritori hanno cominciato ad utilizzare i mezzi pesanti per
rimuovere le macerie invece di scavare con le mani e con le pale non sono stati
ritrovati superstiti. All’appello mancherebbero addirittura 600 persone, e
quindi il bilancio complessivo della tragedia si avvicina a circa 1000 vittime,
senza contare 2400 sopravvissuti che hanno comunque riportato ferite di varia
entità. Il Rana Palace ospitava cinque fabbriche tessili, una banca e diversi
negozi.
Che il Rana Plaza fosse pericolante era cosa ben nota,
soprattutto ai lavoratori che vi si recavano ogni giorno, timorosi per la
propria vita, ma ancora più spaventati dalla prospettiva di perdere il posto di
lavoro. Erano migliaia le operaie e gli operai che lavoravano nell’edificio
(5000 secondo Asia Times); solo il giorno prima il palazzo era stato evacuato
per pericolo di crollo, ma Sohel Rana, proprietario del palazzo e di molti
altri edifici, ha costretto i dipendenti a proseguire il lavoro.
LE MULTINAZIONALI IMPLICATE –
Tante le multinazionali che ivi sfruttavano operai: lo svedese H&M, lo statunitense
Gap, l'olandese C&A, il cinese Li and Fung, Primark, e ancora Wal Mart,
Kik, ma anche le italiane Yes-Zee, Pellegrini e Benetton.
Da Londra nel frattempo Primark, gigante britannico nella
produzione di abbigliamento a basso costo che nel palazzo crollato aveva alcuni
laboratori che confezionavano suoi articoli, ha fatto sapere che verserà un'indennità
a favore delle vittime. E ha spiegato: ''Daremo aiuti nel lungo termine ai
bambini che hanno perso i genitori, aiuti finanziari per i feriti e per le
famiglie in cui ci sono state vittime''. Basterà a placare la rabbia della
classe operaia del Bangladesh? Gli operai che lavorano per i grandi marchi
internazionali, di quelli che sfilano sulle passerelle o che pagano migliaia di
euro al mese per avere i propri punti vendita nei salotti delle capitali di
tutti il mondo, lavorano anche dieci, dodici ore al giorno, senza ferie, senza
assicurazione sanitaria, senza diritti. E il loro stipendio si aggira intorno
ai 400 dollari. All’anno. Esattamente il costo di alcuni dei capi che con il
loro lavoro contribuiscono ad assemblare.
I PRECEDENTI - Tragedie simili
non sono purtroppo una novità: secondo il Bangladesh Institute of Labour
Studies, dal 1990 in 33 incidenti simili sono morte un totale di 630 persone.
Solo cinque mesi fa, sempre a Dacca, l’incendio della Tazreen Fashion aveva
fatto 120 morti. Secondo il Wall Street Journal del 26 aprile le lavoratrici e
i lavoratori vittime di incendi negli ultimi anni sono state ben 7000, decine
per i crolli.
L’industria tessile del Bangladesh impiega circa 3 milioni
di persone – prevalentemente donne – e rappresenta l’80% dell’export, un export
da 24 miliardi di dollari, secondo solo a quello cinese nel reparto
abbigliamento. Il salario mensile di un operaio tessile è circa 28 euro. Ma
ancora nel 2011 le multinazionali del settore respingevano un piano di
sindacati e governo per ispezioni, controlli tecnici e chiusura di impianti non
a norma: troppo costoso, troppo vincolante.
LE RESPONSABILITA’ DELLE AUTORITA’
LOCALI - Le responsabilità della classe dirigente vanno ben oltre le
multinazionali: i proprietari delle fabbriche tessili sono spesso politici
locali o nazionali, e sono ben attivi nel frenare ogni aumento delle misure di
sicurezza. Almeno il 10% dei parlamentari possiede fabbriche. La loro posizione
garantisce l’impunità per gli incidenti: nessuno è mai stato processato dopo
una strage. Lo stesso Sohel Rana è un uomo politico locale.
Le poche leggi esistenti non vengono comunque rispettate: le
autorità municipali concedono permessi di costruzione anche senza la necessaria
autorizzazione delle agenzie di controllo della sicurezza. Il Rana Plaza era
notoriamente stato costruito su terreno instabile col solo permesso
dell’autorità municipale.
La Globalizzazione, anziché spalmare in tutto il Mondo
benessere e diritti come si sperava e ci si illudeva, ha finito solo per
espandere sfruttamento e calpestamento di questi ultimi. In questa festa dei
lavoratori non resta che sperare che i popoli sfruttati dalle Multinazionali si
ribellino e chiedano salari più umani. Per loro stessi, ma anche per noi
occidentali; che non possiamo reggere e tollerare la loro concorrenza al
ribasso, la stessa che fa scappare in Asia o nell’Est Europa le aziende.
(Fonti: Combat,
Contropiano)
purtroppo, e dico purtroppo, di quella povera gente non si interessa nessuno...
RispondiEliminadavvero triste
comunque sia, buon 1 maggio a te...