A CAUSA DELL’Isochimica,
un’azienda dismessa DAL 1990. Nel suo cortile sono depositati 500 enormi cubi
di amianto-cemento friabile e deteriorato, e sotto terra ci sono 2276 tonnellate
di amianto
La Campania
sta passando ai disonori delle cronache per la famigerata Terra dei fuochi
situata tra Napoli e Caserta. Ma anche gli altri Comuni non se la passano bene.
Ad Avellino, nel quartiere di Borgo Ferrovia, proprio nel centro, si trova un’azienda
ormai dismessa che è una vera bomba ecologica per l’amianto in essa ancora
depositato.
UNA BOMBA ECOLOGICA – Nel
cortile di Isochimica sono depositati 500 enormi cubi di amianto-cemento
friabile e deteriorato e sotto terra ci sono 2276 tonnellate di amianto.
Nell’aria, i periti hanno trovato «fibre libere e respirabili». Il pericolo
gravissimo per la vita della gente che vive ad Avellino nei dintorni dello
stabilimento non viene chiarito solo dagli esami tecnici commissionati dalla
procura di Avellino: lo scorso 31 ottobre l’Arpac ha prescritto la necessità di
«effettuare la pulizia delle aree esterne interessate ancora da amianto
disciolto» e alcuni mesi prima, a luglio, l’Asl ha segnalato al sindaco e al
Comune di Avellino che «i teli che ricoprivano i cubi di cemento-amianto
risultano distrutti dalle intemperie e che i cubi sono totalmente esposti
all’azione degli agenti atmosferici».
In questi anni già nove operai sono morti, 140 combattono
contro tumori e tanta gente che vive nei dintorni dello stabilimento si sta
ammalando. Gli esami sono stati depositati nell’ambito del procedimento
giudiziario a carico di 24 persone tra cui il management dell’azienda,
amministratori di comune, Arpac e Asl e la giunta comunale del 2005.
«Ce ne rendiamo conto giorno per giorno, perché la malattia
ha un periodo di incubazione di 25 – 30 anni - spiega il biologo Carlo
Caramelli – il tipo di amianto presente nell’area è quello tra i più
pericolosi, la crocidolite».
«E’ ovunque: nel terreno, nell’acqua, sui mobili e noi lo
respiriamo. Mio marito è morto così e ora anche io mi sono ammalata al polmone»
Commozione e rabbia: Rosetta Capobianco ha perso suo marito per un pavimento di
granito, quello della stazione. «Lì c’è la vita di mio marito, lui lucidava i pavimenti
e si è ammalato perché nella stazione arrivavano le carrozze da scoibentare».
LA STORIA DELL’AZIENDA -
Questa storia comincia infatti nel 1990 quando chiude l’azienda a cui era stata
affidata la scoibentazione di 2500 carrozze delle Ferrovie dello Stato.
L’amianto veniva sotterrato in profondità dagli operai che lavoravano senza
protezioni, a volte a mani nude e che oggi si stanno ammalando. «Siamo stati
assunti tutti giovanissimi – spiega Carlo Sessa, ex operaio dell’Isochimica –
lavoravamo in condizioni disumane: l’amianto veniva estratto senza nemmeno
bagnarlo e l’unica precauzione era un fazzoletto davanti alla bocca.
Evidentemente hanno deciso che la nostra vita valeva poco e anche quella delle
nuove generazioni visto che il veleno è ancora qui. Abbiamo deciso di
ribellarci e siamo stati anche minacciati con telefonate anonime perché stiamo
toccando interessi grossi: in ballo c’era la vendita di questa enorme area e
poi anche la bonifica che richiede investimenti enormi».
Come è stato possibile tutto questo? «Il titolare di
Isochimica era Elio Graziano, un personaggio potentissimo, proprietario anche
della squadra di calcio di Avellino», spiega Sessa. Graziano, finito tra gli
indagati, fu anche coinvolto nello scandalo che precedette tangentopoli, quello
delle “lenzuola d’oro”. «Quando c’era di mezzo lui, tutti si giravano
dall’altra parte, tutto veniva insabbiato», dicono quasi in coro un gruppo di
ex operai. Lo stabilimento è talmente disastrato che sembra una struttura di
archeologia industriale. Violiamo i sigilli ed entriamo a vedere passando tra
le sbarre del recinto. Ci sono rovi ovunque e sotto le spine distese di
lana-vetro. I cubi di cemento amianto sono ovunque e sono così tanti che è
difficile contarli. I teloni di protezione sono ridotti a brandelli. Il silos
che gli operai dicono sia pieno di amianto è completamente è marcio,
arrugginito e deteriorato. I capannoni sono aperti e con le coperture
semidistrutte. Casse, vetri rotti, bidoni, erbaccia e spine. Con il calar del
sole in controluce si vedono nell’aria degli strani riflessi azzurrini. «E’ il
veleno, è l’amianto - dice Rosetta – si è posato anche sulle persiane e dentro
alle fessure. E’ in tutte le nostre case».
NON SI E’ FATTA ANCORA CHIAREZZA
- La verità va cercata a partire da una mancata bonifica, una farsa raccontata
dai magistrati nella richiesta di sequestro durata più di vent’anni. Le
relazioni sono un balletto di numeri che di fatto non arrivano a determinare e
quantificare nemmeno i cubi di amianto stoccati nel perimetro dell’azienda.
Ma non è tutto: per evitare i costi dell’operazione, secondo
i pm, la bonifica è stata sospesa con una delibera affidandola alla curatela
fallimentare dell’Isochimica. Una decisione che non teneva conto delle
modalità, i tempi e le risorse necessarie per effettuare la bonifica. Insomma
uno scaricabarile piegato alle sole logiche del denaro e giocato sulle teste e
sulle vite di una intera popolazione della cui salute non sembrava interessare
a nessuno.
I CITTADINI SI MOBILITANO, FORSE CON
RITARDO - A dieci metri dall’Isochimica c’è un campo di calcio dove i
ragazzini si allenano. «Siamo tutti a rischio – spiegano alcune mamme che si
sono riunite in un comitato il Cocibis - qui ci sono anche tutte le scuole, la
materna, l’elementare e la media. I nostri bambini hanno diritto ad avere
l’aria pulita e non a vivere e giocare con il mostro alle spalle. Le
istituzioni devono farsi carico subito di una bonifica, altrimenti tra altri
venti anni scopriremo tutti di essere ammalati».
La gente di Avellino non è stata sempre così determinata.
Tutto è nato con la partecipazione del procuratore Cantelmo ad un convegno sui
rifiuti: «Ma come? Qui vivete accanto ad una bomba e non dite niente?» disse,
rivolgendosi ad alcuni cittadini.
Da allora don luigi Di Biasi ha radunato un po’ di gente, ha
messo a disposizione una sala della parrocchia di San Francesco e ha avviato il
confronto: «Non vogliamo protestare e basta, vogliamo indurre chi deve operare
a risolvere il problema dell’Isochimica. Vogliamo il risanamento dell’area (per
cui il presidente della regione Campania ha annunciato un finanziamento ndr).
Vogliamo la verità».
Purtroppo non è di moda parlarne come La Terra dei fuochi.
Spero però per chi lì ci abita che lo diventi presto...
(Fonte: Corriere
della sera)
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