COME PREVEDIBILE CON IL RITIRO DELLE TRUPPE OCCIDENTALI, CHE
CON LA LORO INVASIONE HANNO DESTABILIZZATO IL PAESE, L’ORGANIZZAZIONE
TERRORISTICA E’ RIUSCITA GIA’ A IMPOSSESSARSI DI MEZZO PAESE
Sono passati quasi undici anni da quel 20 marzo 2003, quando
gli Usa, insieme a Gran Bretagna, Polonia, Australia, invasero l’Iraq in nome
di una famigerata “missione di pace” per rimuovere il regime di Saddam Hussein,
reo, a loro dire, di possedere armi chimiche e di fornirle ai terroristi
islamici. Gli Stati Uniti guidati da George Bush trovarono nell’attentato
dell’11 settembre 2001 il pretesto per mettere le mani su un Paese ricco di
petrolio, nonché strategicamente importante per la sua posizione geografica
(come già avvenuto in Afghanistan nell’ottobre dello stesso anno; missione che
solo ora comincia a volgere al termine). A quella follia partecipammo anche
noi, con la missione “antica Babilonia” durata fino al 2006, nella quale
persero la vita 29 soldati e 3 civili. A fine 2010 gli americani hanno lasciato
definitivamente il Paese, che si ritrova con un Governo “fantoccio” debole e
milizie militari impreparate al cospetto di quelle islamiste legate ad Al Qaeda.
L’Iraq si ritrova così nel paradosso di essere realmente in balia dei
terroristi, a differenza di 11 anni fa, quando un assetto politico c’era.
Mentre oggi vive nel caos e nella povertà.
L’AVANZATA DI AL QAEDA - I
miliziani, vestiti di nero e con le bandiere nere di Al Qaeda, dalle moschee
hanno inviato un insistente appello alla popolazione sunnita ad unirsi alla
rete fondamentalista, chiedendo anche ai giovani iracheni di andare a
combattere nella vicina Siria contro il governo dell’eretico (in quanto
appartenente alla comunità alawita, una branca della corrente sciita
dell’Islam) Bashar al Assad. D’altronde l’organizzazione legata ad Al Qaeda in
Iraq si fa chiamare “Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Siria)”, o Isil
nella sigla in inglese, ed opera in entrambi i paesi.
Ora il governo centrale iracheno – che già deve fare i conti
con la decisione del governo autonomo curdo di esportare greggio in Turchia
senza il consenso di Baghdad – sta cercando di capire come riprendere il
controllo della provincia occidentale di Al Anbar, a maggioranza sunnita.
L’impennata della violenza si è verificata lo scorso 30 dicembre, quando la
polizia ha smantellato un sit-in eretto circa un anno fa da manifestanti legati
ad organizzazioni islamiste sunnite ritenute contigue ad Al Qaeda. Il bilancio,
di 13 morti e una quarantina di feriti, aveva scatenato feroci polemiche e
portato alle dimissioni di 44 deputati.
L’episodio ha comunque fornito la scusa per migliaia di
miliziani di Al Qaeda e di altre reti islamiste di assaltare edifici pubblici e
postazioni della polizia e dell’esercito a Ramadi e a Falluja già mercoledì
scorso. “Oggi abbiamo sconfitto l’esercito e se domani il governo dovesse
inviare altre forze militari siamo preparati a riceverle” ha detto all’agenzia
Reuters un capo tribù sunnita di Ramadi, lo sceicco Adnan al Mehana.
L’ESCALATION DI ATTENTATI -
Il progressivo peggioramento della situazione nel paese è testimoniato da un
aumento esponenziale delle vittime registrate nel corso del 2013: stando ai
dati di Iraq Body Count, una ong basata in Gran Bretagna, solo lo scorso anno
nel paese sono stati uccisi 9.475 civili. Un dato simile a quelli, drammatici,
del 2008, dopo che per quattro anni il numero dei morti si era praticamente
dimezzato.
La improvvisa recrudescenza degli ultimi mesi è legata alle
crescenti difficoltà incontrate da Al Qaeda e dall’insieme delle opposizioni
sunnite nella sanguinosa guerra civile in corso in Siria, dove l’esercito
fedele al governo da una parte e le milizie popolari di autodifesa curde
dall’altra stanno infliggendo dure sconfitte alle milizie fondamentaliste. Il
che ha spinto gli sponsor principali delle forze sunnite – Arabia Saudita in
testa – a coinvolgere nel conflitto due paesi chiave nella regione, come il
Libano ed appunto l’Iraq. Non è un caso che domenica scorsa le forze di
sicurezza irachene abbiano catturato proprio a Ramadi un commando composto da
combattenti sauditi che sarebbero stati trovati in possesso di armi e
apparecchiature destinate proprio alle locali milizie sunnite.
(Fonte: Contropiano)
La cosa più odiosa da rinfacciare è " Lo avevamo detto".
RispondiEliminaCome dice d'altronde anche l'articolo la presenza di quedisti nelle provincie occidentali è più che altro un sottoprodotto della guerra civile siriana. I problemi interni iracheni derivano dalla dinamica dei rapporti tra sciiti (la maggioranza) e sunniti. Falluja, tra l'altro è da sempre l'epicentro dell'estremismo sunnita.
RispondiEliminatranquilli , abbiamo portato la democrazia e il voto.... ma manca l'inchiostro.
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