IL POETA CILENO MORI’ IL 23
settembre del 1973 PER CANCRO, MA CI SONO SEMPRE STATI SOSPETTI DI UN
AVVELENAMENTO
Pablo Neruda
fu assassinato? Per il partito di cui faceva parte, il Partito Comunista cileno
e la sua famiglia, sì. Sebbene la versione ufficiale lo dichiari morto il 23
settembre del 1973 presso la Clinica Santa Maria di Santiago per cancro. Ma il
Partito comunista - nel quale il poeta militava e fu anche eletto in
Parlamento, e per il quale diede la vita fino a dover lasciare il suo Paese per
anni in giro per il Mondo per la messa al bando del
dittatore Videla, passando anche per le nostre Capri e Ischia (non Procida
come viene invece raccontato ne Il Postino col compianto Massimo Troisi), nonché
i suoi nipoti - insistono sull’ipotesi di un avvelenamento. In realtà si
tratterebbe della seconda inchiesta sulla vicenda, ma questa volta il Governo
cileno sarà parte in causa, attraverso il programma per i diritti umani del Ministero
degli Interni. Gli esami tossicologici effettuati nel 2013 hanno dato risultati
negativi, ma questa volta non si cercheranno tossine, bensì altri ‘agenti
esterni’ che potrebbero essere stati iniettati.
LE NUOVE TESI DI UN AVVELENAMENTO
– Ad essere stati utilizzati l’insulina o il tramadol (farmaco oppiode usato
contro il dolore), che avrebbero provocato un attacco cardiaco al poeta che in
quel periodo era in cura per un cancro alla prostata. “Esistono precedenti che
indicano che potrebbe essere stato ucciso e questi indizi puntano a un
possibile intervento di alcuni agenti dello Stato, per cui il caso potrebbe
costituire un crimine di lesa umanità”, ha spiegato Francisco Ugas,
responsabile dell’area dei diritti umani nel ministero degli Interni.
Tutto è partito nel 2011 da una denuncia presentata dal
Partito Comunista, dopo che l’autista del poeta, Manuel Araya, aveva rivelato
che lo scrittore era stato avvelenato durante la sua permanenza nella clinica.
Secondo la sua versione, Neruda vi si sarebbe recato non per motivi di salute,
ma per aspettare un volo del governo messicano per fuggire in esilio. Ma una
volta nella clinica gli avrebbero fatto un’inizione letale, di dipirone (un
analgesico) e amidone (farmaco simile alla morfina) secondo le testimonianze di
medici e infermieri presenti in quei giorni. La prima perizia aveva confermato,
sulla base degli esami radiologici e istolocigici, che Neruda aveva un cancro
alla prostata in stato avanzato e con metastasi, mentre un secondo esame, fatto
da periti cileni e stanieri, aveva rilevato che non ci fossero prove della
presenza di agenti chimici rilevanti da collegare alla sua morte.
In particolare ”la prima perizia non è riuscita a stabilire
– ha precisato Rodrigo Lledò, avvocato dell’area dei diritti umani nel
ministero degli Interni – se ci fosse la presenza di veleno nel corpo di
Neruda, a causa del tempo trascorso. Questa seconda perizia dovrà stabilire
invece se c’è stato un danno cellulare nelle proteine, prodotto da qualche
sostanza che ora non è più presente nella salma”.
STAMPA CILENA SNOBBA LA NOTIZIA
- A sostenere la tesi di Araya c’è anche un articolo uscito il giorno
successivo alla morte di Neruda sul “Mercurio”, quotidiano cileno vicino alla
destra, che faceva riferimento a un’iniezione fatta dal medico al poeta prima
della morte. Sui giornali cileni di questi giorni invece la notizia della
riapertura del caso è appena accennata, e in alcuni casi non menzionata proprio,
mentre ha trovato grande eco nella stampa latinoamericana ed europea. Ma in
fondo non deve destare grande stupore dal momento che Neruda, così come altri
celebri scrittori del suo Paesi, quali Isabel Allende, Luis Sepulveda o Marcela
Serrano, siano molto apprezzati fuori e poco amati in patria. A Neruda in
particolare molti cileni rimproverano di essersi notevolmente arricchito, pur
essendo un comunista.
(Fonte: Il
Fatto quotidiano)
se l'ipotesi fosse confermata non sarebbe che un'altra prova dello schifo perpetrato dal governo cileno di allora.. e di quanto una voce libera possa far paura alle dittature.
RispondiEliminaciao