E' IL CASO DELLA BOSNIA, EPICENTRO DEGLI JIADISTI DI TUTTA
EUROPA
La destituzione di Gheddafi voluta da Sarkozy (per
nascondere molto probabilmente i suoi affari col Raìs libico) ha portato a una
destabilizzazione della Libia, diventata così terreno fertile per l'avanzata
dell'Isis. Così come avvenuto in Iraq. Un paese, quello libico, molto vicino al
nostro e ben collegato dal cosiddetto ''canale di Sicilia''. Pertanto lo stato
africano viene visto con timore e sospetto. Del resto per gli jihadisti è molto
facile approdare sulle nostre coste, camuffandosi tra i profughi.
Eppure, l'Isis è già nel cuore dell'Europa. E a soli 210
chilometri dalla nostra Trieste. Trattasi della Bosnia Erzegovina, e a
rivelarcelo è un'inchiesta del Corriere
della sera.
QUI L'IMAM HUSEIN BOSNIC FA
PROSELITI – A Buzim si trova il centro di preghiera salafita voluto
dall’imam Husein Bosnić che tutti chiamano Bilal, il più grande reclutatore
europeo di jihadisti. Così, almeno, lo considerano varie procure che hanno
trovato tracce tangibili del suo passaggio in Svezia, Austria, Slovenia, oltre
che a Roma, Cremona, Bergamo e Pordenone. Indagato anche in Italia
dall’antiterrorismo di Venezia per aver promosso la Guerra santa e
radicalizzato musulmani prima moderati come i «bellunesi» Ismar Mesinovic (poi
morto in Siria) e Munifer Kalamaleski, Bosnić è stato arrestato e condannato il
mese scorso a 7 anni dal tribunale di Sarajevo. Per «attività terroristica
attraverso il reclutamento di persone della comunità salafita, diventati parte
dell’Isis allo scopo di compiere attentati terroristici», scrive nell’atto
d’accusa il procuratore Dubravko Čampara che gli ha dato la caccia per lungo
tempo. E che la settimana scorsa ha ottenuto l’arresto di 11 sospetti
terroristi che stavano pianificando un attentato a Sarajevo «puntando a
uccidere oltre 100 persone».
A Bosanska Bojna, in questa landa isolata di Nord Ovest, il
predicatore ha comprato otto ettari di terra «usando denaro arrivato dal Qatar
che gli ha versato 200 mila dollari», aggiunge sospettoso Čampara. La scelta
del luogo non è casuale. Si tratta infatti di un’area di confine molto
particolare: di qua c’è la Bosnia, Stato extracomunitario e cuore musulmano
d’Europa, di là la cattolica Croazia e l’Unione europea. Dal gennaio 2016 la
repubblica croata sarà anche area Schengen e quindi le persone potranno
circolare più liberamente verso gli altri Stati membri. L’Italia poi è a
portata di orizzonte: 210 chilometri, Trieste.
LUOGO IDEALE PER DARSI ALLA MACCHIA
- Chi volesse evitare divise e dogane qui, fra i boschi di Bosanska Bojna, può
farlo. Cittadini, predicatori, ma anche combattenti, terroristi. E soprattutto
trafficanti d’armi, visto che la Bosnia è un po’ la santabarbara d’Europa per
via della guerra degli anni Novanta che ha riempito i Balcani di mitra e
munizioni. Gli stessi proiettili di Charlie Hebdo sono stati fabbricati a
Mostar, alcuni kalashnikov delle ultime stragi arrivano dalla ex Jugoslavia.
Dalla prospettiva di Bosanska le parole di Bosnić suonano
ancor più sinistre: «Si comincia dai boschi, raduniamo i migliori eserciti e
cadranno i migliori martiri», «ciò che più rallegra Allah sono i suoi schiavi
quando vanno fra gli infedeli e combattono finché non vengono uccisi», «questo
significa prepararsi a una legge islamica»,
«un giorno il Vaticano sarà musulmano».
Sono diversi i paesi arabi che stanno investendo qui: Qatar,
Emirati, sauditi. Spesso attraverso bosniaci salafiti o wahhabiti.
A Sarajevo i musulmani sono passati dal 65 per cento dei
primi anni Novanta al oltre il 90 per cento. Nel Nord Ovest stesse percentuali
e anche oltre. A Bužim il 99 per cento della popolazione é di fede musulmana.
Ma tanti sono gli imam moderati che contrastano Bosnic, consapevoli che per
loro stessi può costituire una minaccia.
IL PENSIERO DELL'AVVOCATO – Se
parlare con Bosnic è complicato, per lui parla il legale Adil Lozo. Quest'ultimo
accoglie gli inviati del Corsera in uno studio semplicissimo preparando un
caffè cremoso. Ha il baffo folto e il carattere spigoloso come la sua terra.
«La democrazia – dice – ha dimostrato il suo fallimento, i sistemi democratici
lo hanno dimostrato. La legge perfetta è la sharia. Nessuno ruba, nessuno
tradisce, nessuno uccide. Io a Medina ho visto oreficerie protette da una sola
tenda. Bosnić vuole questo e nient'altro».
E tutti i giovani che ha mandato a morire in Siria? «Non ha
mai detto di andare a combattere, le scelte sono personali, e poi in Siria ci
sono sei eserciti». Parigi? «Io non so se è stato l’Isis, non credo
all’informazione». L’avvocato va oltre le parole del Reisu-l-ulema di Sarajevo,
Husein Kavazović, massima autorità musulmana del Paese, che ci invita nel
centro islamico più autorevole della Bosnia Erzegovina: «Condanno i fatti di
Parigi, condanno certi atteggiamenti radicali e quel Bosnić non è un imam».
Anche l’ambasciatore italiano a Sarajevo, Ruggero Corrias, riconosce
l’esistenza «di una minoranza di comunità radicali e, da queste, numerosi
individui si sono recati a combattere in Siria».
La Bosnia sembra una silenziosa polveriera. La convivenza
pacifica di un tempo è diventata tensione, i rapporti fra popoli sospetti e
sempre di più legati alle diverse fedi, un tempo temperate dal laicismo
comunista. Un mondo sul quale piovono notizie che allarmano. Bandiere nere,
sharia, campi di addestramento per jihadisti «Questi hanno fatto un ottimo
addestramento in Bosnia», dice per esempio tale Halabja Faluja, intercettato
dal Ros di Trento che sta indagando sullo jihadismo (quello di Padova invece
lavora su Bosnić). «Garantisco io, nessun campo», frena Golijanin. Resta
comunque un paese da allarme rosso.
Insomma, la Bosnia mostra di essere ancora una volta una
pericolosa polveriera. La stessa da cui partì l'incendio che ha bruciato il
Mondo un secolo fa con la Prima guerra mondiale. Corsi e ricorsi storici.
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