IN OCCASIONE DELLA ORMAI NOTA SENTENZA CHE GLI DA’ RAGIONE NELL’AFFARE MONDADORI, TRACCIAMO LA BIOGRAFIA DI UN IMPRENDITORE NON PROPRIO MODELLO
Come noto, quasi una settimana fa una sentenza della Corte d’Appello di Milano ha condannato la Fininvest al maxi-risarcimento da 560 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti, come conseguenza civilistica della corruzione del giudice Vittorio Metta nella vicenda del Lodo Mondadori per il controllo della casa editrice di Segrate.
Un fatto che avvenne quasi vent’anni fa e che ha avuto un iter processuale lungo e tormentato. Come del resto accade sovente in Italia, specie se si tratta del nostro Premier.
In realtà Carlo De Benedetti pure è tra i massimi esponenti del Capitalismo italiano. Quel capitalismo che campa sugli agganci politici, sulle sovvenzioni statali, e che rileva aziende in salute per poi sfasciarle.
Sebbene sia mosso dal rancore, Il Giornale, con un articolo a firma di Mario Giordano, ci presenta una biografia di De Benedetti. Un pezzo che per quanto possa essere un tantino di parte, non credo si discosti molto dalla realtà.
“NON HA COSTRUITO UN TUBO” – Suo padre produceva tubi, lui non ha mai prodotto un tubo. La storia del «capitalismo cannibale» di Carlo De Debenedetti, come l’ha definito Marina Berlusconi, è tutta qui: un’esistenza passata a fare soldi per fare soldi per fare soldi per non fare nulla. Nulla di costruttivo, s’intende. Aziende costruite: nessuna. Aziende rilanciate: poche. Aziende distrutte: tante. Dicono che gli imprenditori sono la spina dorsale di un Paese. Per fortuna, allora, che gli imprenditori non sono tutti come l’Ingegnere: altrimenti diventeremmo in un amen paralitici. Il suo capolavoro resta naturalmente l’Olivetti. Fra il 1985 e il 1996 l’Ingegnere ha bruciato a Ivrea 15.664 miliardi delle vecchie lire. Le azioni crollarono da 21mila all’abisso delle 600, furono persi decine di migliaia di posti di lavoro, l’intero distretto produttivo del Canavese venne raso al suolo, seppellita per sempre una storia industriale d’eccellenza. Alla fine dell’impresa De Benedetti commentò piuttosto compiaciuto: «Missione compiuta». Missione compiuta, ma sicuro. Gli operai lo salutarono con una pièce teatrale. Tema: come si fa a pezzi una fabbrica. In scena l’avevano ribattezzato l’Ingegner De Maledetti.
DISTRUGGE POSTI ANZICHE CREARLI - Eppure all’Ingegner De Maledetti, nonostante i fallimenti, è sempre piaciuto dare lezioni sul senso etico dell’impresa e sulla lotta alla disoccupazione. Che è un po’ come se un macellaio volesse dare lezioni sull’importanza di non uccidere i vitelli. Di disoccupati, infatti, De Benedetti, ne ha sempre creati tanti, di lotta alla disoccupazione poca: nato da una famiglia di piccoli imprenditori, ha fin dalla tenera età preferito il coté finanziario a quello produttivo. Mai amato stare fra le macchine, al massimo fra le macchinazioni: scalate, opa, ardite operazioni di Borsa, alchimie da Piazza Affari. Risultato: ha fatto girare molti denari, s’è arricchito, ha fagocitato tanto. Ma che cosa ha costruito? Gli unici mattoni che lascia alle sue spalle sono gli editoriali di Scalfari. Anche il suo rapporto con le società è sempre stato da cannibale. Quattro morsi e via. Dalla Fiat se ne andò dopo 4 mesi, dal Banco Ambrosiano dopo 40 giorni. In entrambi i casi se ne uscì con tanti soldi e qualche ombra. Della Olivetti s’è detto. La sua irruzione a Ivrea fu raccontata così: «Un esempio di mancanza di stile che rimarrà memorabile, con l’ondata di terrore aziendale che ne seguì, dissipando repentinamente il patrimonio di lealtà organizzativa costruito in decenni. E ciò avvenne con una rapidità impressionante dopo il licenziamento di decine di dirigenti». Del resto s’è mai visto un raider che si preoccupa della lealtà organizzativa e del futuro dei suoi dirigenti?
NON SI SA COSA PRODUCA –Fateci caso: si sa cosa produce la Fiat, si sa cosa produce la Barilla. Che cosa ha prodotto nella sua storia imprenditoriale De Benedetti? Tonnellate di carta (finanziaria). E tonnellate di carta (editoriale) per coprire le carte finanziarie. Ricorderete il 28 marzo ’94: l’ultimo atto del presidente del Consiglio Ciampi, prima di passare la mano a Berlusconi, fu la decisione per il secondo operatore di telefonia mobile italiano. In gara c’erano Fiat-Fininvest e De Benedetti. Naturalmente vinse De Benedetti. «Così come i generali nazisti, con gli americani alle porte, fuggivano bruciando le ultime carte», ha scritto Geronimo, «quella sera il moribondo governo Ciampi fece nascere Omnitel»….
IL CASO OMNITEL E GLI ALTRI CAPOLAVORI - Fra l’altro, la documentazione per la gara d’appalto era un malloppo da 1.200 chili, esaminato con insolita e straordinaria rapidità. «Ora l’Ingegnere mostri quello che sa fare», scrissero i giornali. E l’Ingegnere lo dimostrò: infatti poco dopo rivendette Omnitel ai tedeschi della Mannesmann. Ancora una volta un’operazione perfetta per sé, un po’ meno per il «sistema Paese» di cui si riempie la bocca nei convegni ufficiali. Il prezzo concordato fra Ciampi e De Benedetti per Omnitel fu di 750 miliardi di lire e il pagamento fu rateizzato in 14 anni con rate annuali di 76 miliardi. Ai tedeschi la medesima Omnitel fu venduta invece per 14mila miliardi. Naturalmente senza rateizzazione. Da 750 a 14mila miliardi: il guadagno val bene la svendita all’estero di un patrimonio italiano. Del resto non si può mica chiedere a De Benedetti di amare l’Italia. Al massimo, lui ama la Svizzera, dove infatti ha preso cittadinanza. Dopo tutti i buchi che ha fatto, evidentemente, si è trovato a suo agio con l’emmenthal. Per finire, anche una delle sue ultime imprese, la M&C Management e Capitali, non ha tradito tutta la storia del capitalismo cannibale di De Benedetti. Fondata nel 2006, aveva il compito di risanare le imprese in difficoltà. La prima impresa in difficoltà che rilevò fu la Domopak: infatti, appena rilevata, l’Ingegnere annunciò il taglio di 190 operai. Scioperi, proteste, blocchi dell’autostrada. Poi di M&C non si seppe più nulla sul piano industriale. Nessuna impresa salvata. In compenso se ne è parlato moltissimo sul piano finanziario: un susseguirsi di operazioni in Borsa, scalate, opa, accordi, annunci di vendita, riacquisti, rilanci a Piazza Affari. Un tourbillon che, come al solito, nulla ha creato, al massimo ha distrutto. O incartato tutti, come con la Domopak. Ma in fondo che importa? È noto che il capitalista cannibale non si preoccupa di lasciare nulla dietro di sé. A parte la scia della propria barca, s’intende.
Certo, De Benedetti è stato scippato del diritto di rilevare un’azienda importante quale la Mondadori dopo la dipartita di Mario Formenton. Un acquisto che ha consentito al Cavaliere di arricchire ancora di più il suo già vasto Impero mediatico; con tutte le ricadute del caso sulla politica italiana.
Ma alla luce della sua carriera, vale anche la pena chiedersi quanto la Mondadori fosse andata avanti nelle mani di De Benedetti. Forse oggi tanti libri interessanti non sarebbero nemmeno in circolazione...
c'è un travaso di denaro da un farabutto a un altro...
RispondiEliminatracciamo un profilo... con una stampante olivetti ?
RispondiEliminadovrebbe guadahgnare quello che guadagno io per definirsi onesto !!!!
ciaooo !
PERCHE’ E PEGGIO I DE BENEDETTI GIORDANO SA TUTTO,ADESSO ANCHE NOI.MA DEL SUO PADRONE CERCANO DI NON FARCI SAPERE NIENTE
RispondiEliminaArchimede
Il giornale della famiglia dei nani berlusconi&c, quando si tratta di “merda” diventano i soli ESPERTI del settore; dei veri cessi allo stato naturale….
RispondiEliminasarà che a forza di smaltire il letame e la melma, che ricopre e soffoca Il suo padrone a mani nude, non si distingue più la differenza dalla sostanza …maleodorante e puzzolente…..
DIMMI COME SCRIVI…e ti dirò che giornale sei………
Mozart
Esperienza personale: De Benedetti è responsabile della distruzione di migliaia di posti di lavoro e di lavoratori, oltre alle aziende citate nell’articolo, un vero cannibale
RispondiEliminaLuciano
le sentenze vanno rispettato,nano pedofilo PAGAAA
RispondiEliminaAlessio