Politicamente mi ritengo un liberaldemocratico, cioè credo in una società liberale, dove i privati si contendono i vari settori economico-sociali e lo Stato fa da vigile per evitare che questi commettano scorrettezze ai danni dei fruitori finali, e garantisce i servizi minimi ai soggetti economicamente svantaggiati. Tipo Gran Bretagna per intenderci…
Guardando lo scenario politico italiano, di partiti che si rifanno alla liberaldemocrazia non ce ne sono, visto che più o meno tutti sono legati al loro “orticello elettorale” (categorie lavorative, lobbies, ecc.) e quindi le loro decisioni sono più legate al mero calcolo elettorale, che non a proposte volte alla risoluzione dei problemi reali del Paese. Forse gli unici veri liberal made in Italy sono i Radicali, da sempre promotori di diritti civili, di una maggiore qualità dello Stato e dell’iniziativa privata; ma ormai stanno sparendo sempre più dalla scena, sparpagliandosi un po’ di qua e un po’ di là, rendendo quasi nullo il loro peso politico.
Guardando lo scenario politico italiano, di partiti che si rifanno alla liberaldemocrazia non ce ne sono, visto che più o meno tutti sono legati al loro “orticello elettorale” (categorie lavorative, lobbies, ecc.) e quindi le loro decisioni sono più legate al mero calcolo elettorale, che non a proposte volte alla risoluzione dei problemi reali del Paese. Forse gli unici veri liberal made in Italy sono i Radicali, da sempre promotori di diritti civili, di una maggiore qualità dello Stato e dell’iniziativa privata; ma ormai stanno sparendo sempre più dalla scena, sparpagliandosi un po’ di qua e un po’ di là, rendendo quasi nullo il loro peso politico.
C’è però chi si professa un liberaldemocratico, come Lamberto Dini, famoso ai più per essere stato tra i principali ispiratori della riforma pensionistica negli anni ’90 che ha un po’ risollevato le casse dello Stato dopo lo sperpero degli anni ’80, ed essere stato Premier di un Governo tecnico dopo il crack del primo Governo Berlusconi.
Egli, dopo la nascita del Partito Democratico e quindi lo scioglimento della Margherita, che lo ha visto sempre in disaccordo, sta cercando tutti i giorni di fare piccoli dispetti al Governo Prodi, con minacce e dichiarazioni. Ma durante le feste natalizie, come ogni bambino fa con Babbo Natale, ha scritto una lettera a Prodi con 7 punti, alla quale realizzazione lega il suo appoggio al Governo.
I 7 punti in questione sono anche sensati, se pur rischiano di scivolare nel populismo, in quanto quasi scontati. Se pur in Italia, come sappiamo, spesso le cose scontate non vengono mai fatte.
La verità è che Dini non ha mai digerito la nascita del Partito Democratico, che un po’ lo ha messo ai margini della politica italiana. E sogna di avere un ruolo importante in un futuro Governo istituzionale post Governo Prodi, quindi ogni giorno cerca di far valere al massimo quei 3 voti che ha in Senato. Questo allegro settantenne però non sa che con i suoi dispetti politici non facilita certo il futuro del Governo e i miglioramenti che in ambito economico sono legati anche ad un mezzo punto statistico. Oltretutto non dovrebbe neanche dimenticare che la moglie, Donatella Pasquali Zingone, è accusata di bancarotta fraudolenta nell'ambito dell'inchiesta sul gruppo Zeta e in particolare sul crac di 40 miliardi di lire che ha provocato il fallimento della società 'Sidema srl', avvenuto il 13 marzo 2002. L'udienza comincerà il 25 gennaio 2007 davanti alla decima sezione collegiale del Tribunale di Roma. E forse anche lui comincerà a parlare di magistratura rossa che vuole farlo fuori.
Comunque, ecco i suoi 7 punti. Sui quali si può essere anche d’accordo, perché in fondo sensati, anche se forse pure scontati. Del resto la loro inapplicabilità potrebbe proprio derivare dalla difesa di alcuni partiti di determinate categorie professionali (come detto su)…Ma è il metodo ad essere discutibile, in quando la collegialità non può essere portata avanti a colpi di minacce, condizioni, letterine…Anche perché cosa spera Dini con la caduta di Prodi? Davvero crede che nel centro-destra abbia più voce in capitolo? E poi è anche distante l’idea di un Governo istituzionale, visto che da più parti aleggia l’idea di andare subito al voto qualora l’attuale legislatura finisca anzitempo il suo mandato.
- Una decisa azione per la riduzione della spesa pubblica. A partire dall'uscita anticipata di almeno il 5% dei lavoratori pubblici.
- Il ridimensionamento delle persone che vivono di politica. A partire dall'abolizione delle Province; le Regioni che volessero mantenerle in vita dovranno finanziarle con le proprie tasse.
- Una riduzione del carico fiscale per i contribuenti, secondo un percorso graduale ma annunciato in partenza.
- La rinuncia alle centinaia di programmi inconcludenti nei quali vengono disperse le risorse europee dei fondi strutturali, che lasciano il Meridione nella penosa situazione in cui si trova.
- La realizzazione del sistema nazionale di valutazione dei risultati scolastici, per legare ogni incremento reale delle retribuzioni degli insegnanti a livello e dinamica della preparazione scolastica degli allievi.
- La riduzione da 45 a 15 giorni della sospensione feriale dei termini processuali. (…) di per sé la sola riduzione del periodo feriale, e il prevedere che i giudici facciano come tutti gli altri lavoratori le loro vacanze a turno, può aumentare di quasi il 10% la produttività del servizio giustizia.
- Il ridimensionamento del ruolo della politica nella gestione della sanità pubblica. La politica fornisca regole e risorse; scelga ministro, sottosegretari e assessori. Ma non direttori generali e primari.
Non credo che un partito debba essere fedele all'alleanza, se uno di questi si rende conto che l'azione non piace lo mandi al diavolo. In questa logica è giusto anche fare ultimatum, ovviamente è giusto aspettarsi comportamenti chiari Comunque sia per un parlamentare l'agire fuori da vincoli è fondamentale per la democrazia e per il buon funzionamento dello Stato. Non è giusto accusare sempre di trasformismo. Al parlamento non si mandano partiti ma uomini... iniziamo a giudicare gli uomini e non l'etichette.
RispondiEliminaLa moglie l'ha già sistemata votando l'indulto, a conferma dell'utilità assai particolare e per nulla generale di quel provvedimento.
RispondiEliminaPer il resto, Dini è un fulgido esempio di quei poteri forti che tu giustamente citi nell'articolo e che governano al posto dei partiti, reggendo le sorti delle istituzioni. Siamo governati da burattini, i fili li tengono le grandi multinazionali, i grandi soggetti economici, gli istituti creditizi ed assicurativi. Situazione triste, ma prima se ne prende atto, prima può tornare un briciolo di speranza.
Buona giornata
Condivido il commento di Alessandro74.
RispondiEliminaIl signoraggio ordina le mosse politiche e muove le sue umane pedine.
ciao,
angela
le richieste di Dini hanno anche qualche fondamento, ma sono pretestuose e servono, come hai già scritto tu, solo a dare fastidio al Governo in vista di eventuali ricollocazioni istituzionali di Dini.
RispondiEliminaE' questo il deludente della politica italiana:
si sostengono con forza idee, opinioni, programmi, non perchè ci si crede veramente, ma solo in chiave strumentale, per altri fini.
Anche per questo, credo, molti fuggono la politica e non credono più a nessuno.
Un sorriso semplice
Mister X di Comicomix