A dispetto di ogni pronostico e analisi politica, Berlusconi ha ottenuto la fiducia anche alla Camera con 314 voti a favore contro 311 che invece hanno votato Sì alla sfiducia. L’unico a crederci davvero fino in fondo è stato proprio il Cavaliere, il quale, dall’alto del suo incrollabile ottimismo e della sua forza ammaliatrice, è riuscito a convincere 3 finiani a fare retromarcia.
I VOLTAGABBANA - Oltre al sostegno di questi tuttavia, ha pesato soprattutto il passaggio di alcuni deputati dell’opposizione nell’orbita del Pdl. All’indomani del ribaltone di ottobre in seno alla Giunta regionale siciliana, cinque deputati dell’Udc in quota Cuffaro sono usciti dal partito e sono entrati nel gruppo interno al gruppo misto “Noi Sud”. Si tratta di Calogero Mannino, Saverio Romano, Giuseppe Drago, Giuseppe Ruvolo e Michele Pisacane:
Poi è stata la volta di due deputati del Pd, Cesario e Calearo; infine anche dal partito più avverso al Premier, l’Italia dei valori, sono arrivati due regali: Scillipoti e Razzi. Il primo, insieme agli altri due deputati del Pd, ha formato il “Partito di responsabilità nazionale”; mentre quest’ultimo va a fare compagnia ai pupilli di Cuffaro in “Noi sud”.
Ma veniamo al voltafaccia che più ha sorpreso, quello dei finiani. Tre hanno cambiato idea in poche ore; d’altronde lo hanno detto più volte: “la notte porta consiglio”. A tradire Fini sono stati Silvano Moffa, ex missino e fedele di Pino Rauti, tra le colombe di Fli che fino all’ultimo hanno tentato di far rientrare il partito nei ranghi della maggioranza. Avrebbe voluto sì una rottura col Cavaliere, ma restandoci alleato. Poi ci sono due donne: Maria Grazia Siliquini e Catia Polidori. La prima apparteneva pure ai “falchi” di Fli, al punto da criticare aspramente le colombe che tentavano un rapporto diplomatico col Pdl. Sulla seconda circolano invece voci disgustose: l’onorevole sarebbe una stretta parente del proprietario di Cepu, dunque ne curerebbe gli interessi giacché nella Riforma Gelmini è previsto che le Università telematiche siano equiparate alle altre Università pubbliche. Un provvedimento che favorirebbe dunque anche Cepu, che è proprio la più importante tra le prime.
Superata la prima fase, Berlusconi deve ora affrontare la seconda parte del suo progetto: portare a termine la legislatura ed eludere quindi l’eterna battaglia coi Giudici. Per fare ciò però, deve mettere di nuovo in atto tutta la sua capacità lusinghiera, seducendo magari altri membri di Futuro e Libertà e qualche altro buon democristiano dell’Udc. Il cavaliere avrebbe già parlato di altri 7 “fillini” pronti al passaggio, ma anche qualche deputato del Partito democratico.
LA SCONFITTA DELL’INCOERENTE FINI - Se c’è un vincitore, c’è sicuramente anche uno sconfitto. Senza dubbio è Gianfranco Fini, colui che da tre anni ha iniziato un percorso di rottura con Berlusconi (quando a fine 2007 disse “siamo alle comiche finali”) e poi dopo poco fondò con quest’ultimo il Popolo della Libertà. Poi ad aprile scorso ci fu lo strappo definitivo in quel famoso scontro che allibì un po’ tutti, non essendo abituati a vedere qualcuno che contesti platealmente il Cavaliere. Ha così fondato Futuro e Libertà, un progetto che però già è in madornale difficoltà, visto che perde pezzi e ai sondaggi non decolla (viene dato tra il 5 e il 6 per cento). Lo stesso Terzo polo - formalmente creato insieme ad altri “personaggi in cerca d’autore”, ovvero Casini, Rutelli e Lombardo – secondo i sondaggi si attesterebbe a meno del 15 per cento dei consensi, e pare non avere grosse adesioni tra i parlamentari.
Fini, colui che cambia idea un giorno sì e l’altro pure. Neofascista convinto fino al 2000, nel 2003 ad Israele parlò di “Fascismo come male assoluto”; vorrebbe una velocizzazione delle pratiche per la cittadinanza degli immigrati e in passato ha firmato la legge sull’immigrazione Bossi-Fini; sosteneva il Presidenzialismo e oggi è scettico sul “premio di maggioranza”; è stato fedele alleato di Berlusconi per 15 anni per poi scoprirne la reale essenza. Qualcuno direbbe “meglio tardi che mai”. Ma forse sarebbe meglio un “mai”, se poi di devono compiere di queste figure.
I PROSSIMI APPUNTAMENTI - Comunque la guerra è appena iniziata, e si disputerà nell’immediato in sei battaglie epiche molto delicate: la prima, la mozione di sfiducia individuale presentata dall’Italia dei Valori contro il ministro Calderoli per aver fatto varare una legge ad hoc per evitare un processo a 36 militanti leghisti membri della «Guardia Nazionale Padana». La seconda è quella del Fli sul pluralismo in Rai: bisogna capire che farà l’Udc, ma in questo caso è chiaro che un eventuale sconfitta non avrebbe conseguenze dirette sul Cda Rai. Più insidiosa la terza mozione di sfiducia individuale, presentata da Pd e Idv contro il ministro dei Beni Culturali Bondi dopo i crolli di Pompei; ma ancora deve affrontare la discussione generale.
Sempre a Montecitorio ci sono altri tre provvedimenti «pronti» su cui presto i deputati dovrebbero votare. La prima è la mozione del Pd per la riforma fiscale, che però contiene proposte su cui il Fli non è comunque d’accordo. Poi, ci sono due progetti di legge: quello dell’Idv per l’abolizione delle province, e uno di un gruppo di deputati Pdl per incentivare l’imprenditorialità.
LA SCONFITTA DI NOI ITALIANI - Oltre ai finiani però, a perdere il 14 dicembre siamo stati noi tutti, cittadini italiani. A prescindere dalla propria fede politica. Ammesso che, in una politica così “bassa”, sia ancora giusto averne una.
Voti comprati in cambio di un mutuo, una poltrona in una Commissione o meglio ancora se in un Ministero; e perché no, in cambio di un impegno con un parente che gestisce qualche attività di cui difendere gli interessi.
Ci troviamo un Governo che si accontenta di aver superato l’esame della fiducia, pur non avendo poi i numeri per approvare le riforme. Mentre fuori dal Parlamento gli studenti mettono a ferro e fuoco la Capitale, come non era mai successo prima, neppure nel ’68; gli operai salgono su un tetto per dire che esistono e hanno dei diritti; centinaia di migliaia di famiglie sopravvivono con lo stipendio di cassintegrati; migliaia di laureati sono senza lavoro e spesso vanno all’estero per lavorare nei pub ed imparare una lingua; migliaia di insegnanti hanno contratti a termine e non sanno mai se rivedranno i propri alunni; quarantenni e cinquantenni perdono il lavoro e sono ormai considerati vecchi per poterne trovare un altro; i disabili sono senza adeguata assistenza; la ricerca non riceve fondi; ecc. ecc.
Negli ultimi mesi, per la crisi di cui sopra, ci siamo sorbiti quotidianamente nei talk-show televisivi i vari Bocchino, Barbareschi, LaRussa, Gasparri, Lupi, a sbraitare pro o contro il Governo. Senza mai discutere di cosa vogliono fare per risolvere i problemi prima elencati. E la beffa è che ce li ritroviamo tutti ancora lì, a discutere di tutto, tranne di ciò che ci interessa. A tutto e a niente.
I VOLTAGABBANA - Oltre al sostegno di questi tuttavia, ha pesato soprattutto il passaggio di alcuni deputati dell’opposizione nell’orbita del Pdl. All’indomani del ribaltone di ottobre in seno alla Giunta regionale siciliana, cinque deputati dell’Udc in quota Cuffaro sono usciti dal partito e sono entrati nel gruppo interno al gruppo misto “Noi Sud”. Si tratta di Calogero Mannino, Saverio Romano, Giuseppe Drago, Giuseppe Ruvolo e Michele Pisacane:
Poi è stata la volta di due deputati del Pd, Cesario e Calearo; infine anche dal partito più avverso al Premier, l’Italia dei valori, sono arrivati due regali: Scillipoti e Razzi. Il primo, insieme agli altri due deputati del Pd, ha formato il “Partito di responsabilità nazionale”; mentre quest’ultimo va a fare compagnia ai pupilli di Cuffaro in “Noi sud”.
Ma veniamo al voltafaccia che più ha sorpreso, quello dei finiani. Tre hanno cambiato idea in poche ore; d’altronde lo hanno detto più volte: “la notte porta consiglio”. A tradire Fini sono stati Silvano Moffa, ex missino e fedele di Pino Rauti, tra le colombe di Fli che fino all’ultimo hanno tentato di far rientrare il partito nei ranghi della maggioranza. Avrebbe voluto sì una rottura col Cavaliere, ma restandoci alleato. Poi ci sono due donne: Maria Grazia Siliquini e Catia Polidori. La prima apparteneva pure ai “falchi” di Fli, al punto da criticare aspramente le colombe che tentavano un rapporto diplomatico col Pdl. Sulla seconda circolano invece voci disgustose: l’onorevole sarebbe una stretta parente del proprietario di Cepu, dunque ne curerebbe gli interessi giacché nella Riforma Gelmini è previsto che le Università telematiche siano equiparate alle altre Università pubbliche. Un provvedimento che favorirebbe dunque anche Cepu, che è proprio la più importante tra le prime.
Superata la prima fase, Berlusconi deve ora affrontare la seconda parte del suo progetto: portare a termine la legislatura ed eludere quindi l’eterna battaglia coi Giudici. Per fare ciò però, deve mettere di nuovo in atto tutta la sua capacità lusinghiera, seducendo magari altri membri di Futuro e Libertà e qualche altro buon democristiano dell’Udc. Il cavaliere avrebbe già parlato di altri 7 “fillini” pronti al passaggio, ma anche qualche deputato del Partito democratico.
LA SCONFITTA DELL’INCOERENTE FINI - Se c’è un vincitore, c’è sicuramente anche uno sconfitto. Senza dubbio è Gianfranco Fini, colui che da tre anni ha iniziato un percorso di rottura con Berlusconi (quando a fine 2007 disse “siamo alle comiche finali”) e poi dopo poco fondò con quest’ultimo il Popolo della Libertà. Poi ad aprile scorso ci fu lo strappo definitivo in quel famoso scontro che allibì un po’ tutti, non essendo abituati a vedere qualcuno che contesti platealmente il Cavaliere. Ha così fondato Futuro e Libertà, un progetto che però già è in madornale difficoltà, visto che perde pezzi e ai sondaggi non decolla (viene dato tra il 5 e il 6 per cento). Lo stesso Terzo polo - formalmente creato insieme ad altri “personaggi in cerca d’autore”, ovvero Casini, Rutelli e Lombardo – secondo i sondaggi si attesterebbe a meno del 15 per cento dei consensi, e pare non avere grosse adesioni tra i parlamentari.
Fini, colui che cambia idea un giorno sì e l’altro pure. Neofascista convinto fino al 2000, nel 2003 ad Israele parlò di “Fascismo come male assoluto”; vorrebbe una velocizzazione delle pratiche per la cittadinanza degli immigrati e in passato ha firmato la legge sull’immigrazione Bossi-Fini; sosteneva il Presidenzialismo e oggi è scettico sul “premio di maggioranza”; è stato fedele alleato di Berlusconi per 15 anni per poi scoprirne la reale essenza. Qualcuno direbbe “meglio tardi che mai”. Ma forse sarebbe meglio un “mai”, se poi di devono compiere di queste figure.
I PROSSIMI APPUNTAMENTI - Comunque la guerra è appena iniziata, e si disputerà nell’immediato in sei battaglie epiche molto delicate: la prima, la mozione di sfiducia individuale presentata dall’Italia dei Valori contro il ministro Calderoli per aver fatto varare una legge ad hoc per evitare un processo a 36 militanti leghisti membri della «Guardia Nazionale Padana». La seconda è quella del Fli sul pluralismo in Rai: bisogna capire che farà l’Udc, ma in questo caso è chiaro che un eventuale sconfitta non avrebbe conseguenze dirette sul Cda Rai. Più insidiosa la terza mozione di sfiducia individuale, presentata da Pd e Idv contro il ministro dei Beni Culturali Bondi dopo i crolli di Pompei; ma ancora deve affrontare la discussione generale.
Sempre a Montecitorio ci sono altri tre provvedimenti «pronti» su cui presto i deputati dovrebbero votare. La prima è la mozione del Pd per la riforma fiscale, che però contiene proposte su cui il Fli non è comunque d’accordo. Poi, ci sono due progetti di legge: quello dell’Idv per l’abolizione delle province, e uno di un gruppo di deputati Pdl per incentivare l’imprenditorialità.
LA SCONFITTA DI NOI ITALIANI - Oltre ai finiani però, a perdere il 14 dicembre siamo stati noi tutti, cittadini italiani. A prescindere dalla propria fede politica. Ammesso che, in una politica così “bassa”, sia ancora giusto averne una.
Voti comprati in cambio di un mutuo, una poltrona in una Commissione o meglio ancora se in un Ministero; e perché no, in cambio di un impegno con un parente che gestisce qualche attività di cui difendere gli interessi.
Ci troviamo un Governo che si accontenta di aver superato l’esame della fiducia, pur non avendo poi i numeri per approvare le riforme. Mentre fuori dal Parlamento gli studenti mettono a ferro e fuoco la Capitale, come non era mai successo prima, neppure nel ’68; gli operai salgono su un tetto per dire che esistono e hanno dei diritti; centinaia di migliaia di famiglie sopravvivono con lo stipendio di cassintegrati; migliaia di laureati sono senza lavoro e spesso vanno all’estero per lavorare nei pub ed imparare una lingua; migliaia di insegnanti hanno contratti a termine e non sanno mai se rivedranno i propri alunni; quarantenni e cinquantenni perdono il lavoro e sono ormai considerati vecchi per poterne trovare un altro; i disabili sono senza adeguata assistenza; la ricerca non riceve fondi; ecc. ecc.
Negli ultimi mesi, per la crisi di cui sopra, ci siamo sorbiti quotidianamente nei talk-show televisivi i vari Bocchino, Barbareschi, LaRussa, Gasparri, Lupi, a sbraitare pro o contro il Governo. Senza mai discutere di cosa vogliono fare per risolvere i problemi prima elencati. E la beffa è che ce li ritroviamo tutti ancora lì, a discutere di tutto, tranne di ciò che ci interessa. A tutto e a niente.
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