MA IN TERMINI DI COSTI ECONOMICI E’ STATO MOLTO PEGGIO
Correva l’anno 2003, una notte tra il 19 e il 20 marzo.
L’amministrazione Bush, sfruttando ancora una volta l’onda emotiva provocata
dagli attentati dell’11 settembre di due anni prima come fatto in Afghanistan, invade
l’Iraq di Saddam Hussein. George si spinse dunque oltre i suoi predecessori, il
padre omonimo e il democratico Bill Clinton, i quali cercarono di intimorire il
Raìs senza però volerlo rimuovere; consapevoli di quanto ciò avrebbe provocato.
Ma l’occasione era troppo ghiotta per non accontentare le lobby del petrolio e
delle armi, e dunque era giunta l’occasione propizia per muovere quella guerra
preventivata da circa vent’anni. Il resto è storia nota, una storia drammatica.
IL RITIRO - La scadenza
fissata per il ritiro era il 31 dicembre 2011, ma l’amministrazione di Barack
Obama – in difficoltà su altri fronti a partire dall’economia – aveva promesso
il rientro a casa per Natale. Ed è stato di parola. Del resto, la scelta di
assegnarli il Premio Nobel per la pace appena insediatosi come Presidente degli
United States, non è stata casuale.
Erano da poco passate le 7,30 del mattino, ora locale,
quando l’ultima colonna di blindati statunitensi ha lasciato l’Iraq e superato
il confine con il Kuwait, prima tappa del ritorno verso gli Stati Uniti. Un
centinaio di mezzi blindati, con a bordo un battaglione di soldati, fotografati
dai loro commilitoni in attesa sul lato kuwaitiano della frontiera. In Iraq
rimangono alcune centinaia di soldati, per l’ambasciata statunitense a Baghdad
e per le ultime sistemazioni logistiche, poi anche questo sparuto contingente
sarà ritirato, salvo il personale per la sicurezza della sede diplomatica.
Secondo alcune fonti di intelligence, peraltro, alcune unità
ritirate dall’Iraq ci metteranno un po’ a tornare negli Usa. La Giordania, che
ha un accordo con gli Usa per il transito delle truppe e per l’uso di alcune
basi militari, ha accolto alcuni reparti nella base aerea di al Mafraq, a dieci
chilometri dal confine siriano.
UN BILANCIO DAI COSTI INCALCOLABILI
– Inutile dire che il sangue versato è stato molto. Secondo l’Iraq Body Count,
un osservatorio indipendente che calcola le vittime civili dall’inizio del
conflitto, tra 98mila e 106mila civili iracheni hanno perso la vita dal 2003 a
oggi. I soldati statunitensi uccisi sono stati 4500 e oltre 30mila i feriti.
I costi per l’economia statunitense variano dalla cifra
ufficiale di 802 miliardi di dollari alle stime del premio Nobel per l’economia
Joseph Stiglitz, che parla di un costo complessivo di 3 trilioni di dollari.
Incalcolabili i danni per l’Iraq, le cui infrastrutture sono state quasi
completamente distrutte nelle fasi iniziali del conflitto con i bombardamenti
aerei e sono ancora in via di ricostruzione.
I PUNTI OSCURI – Oltre ai
motivi esposti dagli americani per giustificare la guerra - che in realtà fin
dal primo momento non hanno mai convinto la più parte della stampa internazionale
e degli esperti di politica internazionale - altri punti oscuri hanno macchiato
questo conflitto, al punto da renderlo secondo solo al Vietnam dal punto di
vista dell’impopolarità. Si pensi agli orrori del campo di Abu Ghraib, le
stragi dei kamikaze della galassia jihadista vicina ad Al Qaida, i succitati
numeri esorbitanti relativi alle vittime e ai costi, i brogli delle elezioni
post-Saddam.
L’IRAQ OGGI – Con la
destituzione di Saddam nel 2003 e l’istituzione di un governo provvisorio
controllato dagli Usa, dal 2005 l'Iraq è una repubblica parlamentare, federale,
democratica, islamica. Le elezioni svoltesi lo stesso anno, hanno visto la
vittoria della Coalizione Irachena Unificata (oltre il 41% dei voti e 128
seggi), la lista con grande prevalenza di partiti islamici sciiti. Secondo
partito l’Alleanza del Kurdistan (21,7% e 53 seggi), coalizione dei principali
partiti curdi, di ispirazione prevalentemente laica. Un buon risultato hanno
ottenuto le due principali coalizioni sunnite, quella di matrice religiosa del
Fronte dell'Accordo Iracheno (o Fronte della Concordia Irachena) e quella di
matrice laica, fortemente critica verso la nuova costituzione, del Fronte
Iracheno del Dialogo Nazionale.
Il nuovo Governo è stato formato solo nel corso del 2006,
quando si è potuto avere un risultato definitivo delle elezioni e un accordo
tra i principali partiti usciti dalle urne. In realtà le elezioni parlamentari
del gennaio 2010 hanno palesato una forte instabilità dell’assetto politico
iracheno, che ha come prima conseguenza la difficoltà di eleggere un nuovo
Governo, Premier in primis. A ciò va aggiunto il crescente numero di attentati
degli ultimi anni, segno di un malcontento che sta fermentando pericolosamente.
Insomma, gli Usa lasciano un Iraq nel caos politico e
civile. Scappano da un inferno che loro stessi hanno creato quasi nove anni fa.
Molti iracheni hanno perso il proprio posto di lavoro (dall’impiegato pubblico
all’artigiano), per non parlare di quanti non hanno più una casa e hanno perso
i propri cari. Certo, il regime di Saddam aveva i suoi aspetti atroci, ma è
altrettanto atroce l’idea di voler esportare la democrazia in altri Paesi
mediante operazioni militari compiute “dall’alto”. I popoli Nordafricani ci
hanno fatto ricordare come si ottiene la libertà e la democrazia partendo da se
stessi e dal basso. Ma all’amministrazione Bush si sa, non interessava la
libertà degli iracheni, bensì rimettere in moto l’economia. D’altronde la
storia americana del ‘900 ci offre vari esempi di questa strategia, e nei primi
dieci anni del 2000 ben due sono state le guerre da loro mosse per tali fini.
Peccato però che sia tale politica estera, che quella economica dei “subprime”
per far tornare grande l’America, abbiano portato effetti devastanti non solo
ad essa, ma al Mondo intero.
(Fonte: Il
Fatto quotidiano)
è stato peggio del Vietnam, anche perchè significa che il Vietnam non ha insegnato nulla...
RispondiEliminaOttima rievocazione Luca.
RispondiEliminaE come spesso accade, mi trovi d'accordo nell'analisi.
Fu uno scandalo quella guerra. Furono uno scandalo le bugie addotte per giustificarla, e quelle create per nascondere ciò che accadeva.
Una cosa ben diversa dalla guerra mossa ai talebani.
Un saluto