LE ELEZIONI SI TERRANNO IL 26 E IL 27 MAGGIO
Parafrasando un film di Woody Allen potremmo dire: Provaci
ancora Gianni. Alemanno si ricandida a Sindaco di Roma per le prossime elezioni
amministrative che si disputeranno il 26 e 27 maggio. Ad annunciarlo lui stesso
su Twitter: ”Come promesso, non mi sono candidato al Parlamento. Senza
paracadute mi ricandido a sindaco per aiutare #Roma ad uscire dalla crisi”. E
un follower ha subito approfittato per sfotterlo: “Speriamo che non nevichi…”.
Una battuta ispirata alla situazione paradossale venutasi a creare nella
Capitale nell’inverno del 2012, quando una modesta nevicata mise in ginocchio
la città e il Sindaco inscenò un siparietto con la Protezione civile su tutte
le reti nazionali nel tentativo di giustificarsi. Ma quella vicenda non è certo
l’unica che ha contraddistinto il mandato di Gianni Alemanno come Primo
cittadino di Roma.
IL TEVERE STRARIPA, MA ANCHE NO
- Autunno 2008, il Tevere straripa. Alemanno, eletto da poco, segue sul campo
l’evolversi degli eventi. Nonostante alcune forzature - a un certo punto chiede
persino ai romani di non uscire di casa - il sindaco sembra avere il polso
della situazione. «Alcune aree si sono allagate - racconta - circa mille
persone sono state sgomberate e ora sono ricoverate alla Fiera di Roma e in
altre strutture». Poche ore dopo il vice capo del dipartimento di Protezione
civile Bernardo de Bernardinis lo smentisce malamente: «Ma quali sgomberi? Non
è stato sfollato nessuno. Non abbiamo chiesto a un solo romano di allontanarsi
dal lavoro o dalla propria abitazione». Autunno 2011. A Roma arriva
l’alluvione. Un’ondata eccezionale di maltempo che - anche a causa delle
malandate reti fognarie - allaga la città. «L’allerta meteo parlava solo di
temporali, non di piogge torrenziali» si giustifica il sindaco, a cui non resta
che chiedere lo stato di calamità naturale. Anche stavolta dalla Protezione
civile arriva la smentita: il Campidoglio è stato avvertito per tempo dei
rischi.
L’ESCALATION DELLA CRIMINALITA’
– Alemanno ha basato tutta la sua campagna elettorale sulla lotta alla
criminalità, affermando che il centro-sinistra in 15 anni di Governo ha reso la
Capitale in una città insicura. Chissà, magari è vero. Ma con lui le cose sono
andate pure peggio. negli ultimi quattro anni Roma ha scoperto di essere una
città violenta. Una metropoli criminale, dove si spara e si ammazza. In cui è
diventato pericoloso uscire la sera, non importa se in centro o in periferia.
Ma Roma è anche una città dove cresce il disagio sociale.
Pochi mesi prima delle elezioni svoltesi nella primavera del
2008, moriva Giovanna Reggiani, aggredita in una stazione periferica del treno
regionale da Romulus Mailat, cittadino romeno. Il colonnello dell’allora
Alleanza Nazionale intuì che bisognava soffiare sul fuoco della paura dei
cittadini; in particolare, della paura degli extracomunitari. Lo stesso fuoco
sul quale soffiò tutto il centro-destra a livello nazionale. Mai però una
parola sulle mafie in campagna elettorale, nulla sull’assedio delle cosche alla
capitale, terra di conquista e di investimenti. L’allora prefetto di Roma Carlo
Mosca – sostituito pochi mesi dopo le elezioni di Alemanno – provò a
ridimensionare quella formula sostenuta dalla destra romana: “L’equazione
stranieri uguale delinquenti è sbagliata”, spiegò ai cronisti.
Eppure Gianni Alemanno era convinto della sua tesi, tanto da
sostenerla con forza anche nelle interviste rilasciate ai giornali internazionali:
“Nel sud dell’Italia il problema è la mafia. A Roma il problema è
l’immigrazione”, al Sunday Times l’11 maggio del 2008, meno di un mese dopo le
elezioni. Poi è iniziata l’escalation, che in tanti temevano. Intanto però sono
stati trentacinque gli omicidi nel 2011, quattro solo a dicembre. L’ultimo
episodio dello scorso anno appena due giorni prima del cenone di San Silvestro.
Il 2012 non è iniziato certo meglio. Quarantotto ore dopo capodanno, la
gambizzazione a Tivoli di Francesco Bianco, estremista di destra ex
appartenente ai Nar che si divertiva a promettere cannonate sugli studenti ed
insultare la comunità ebraica dai computer dell’Atac, la municipalizzata romana
dove era entrato grazie al vento di parentopoli. Poi la rapina feroce a Tor
Pignattara, quartiere multietnico. Uccisi un piccolo imprenditore cinese di 31
anni e sua figlia di 6 mesi, in una scena di sangue che da tempo nella Capitale
non si vedeva.
Il 2011 è una lunga scia di attentati, spesso in pieno
centro cittadino. Sembra che le mafie – tradizionalmente silenziose nella
capitale – ormai non temano più il clamore. L’episodio forse più chiaro è il
duplice omicidio di Ostia nel novembre 2011, quando persero la vita Giovanni
Galleoni e Franco Antonini, quarantenni, nati a cresciuti in questa estrema
periferia, a qualche centinaia di metri dall’ex idroscalo. Eppure solo pochi
mesi prima Alemanno insisteva nella sua teoria: “Ho sentito il prefetto, il
quale a sua volta ha parlato con la Direzione distrettuale Antimafia – dichiarò
nel maggio dello scorso anno – e ci sembra che la situazione sia decisamente
sotto controllo”.
Omicidi, agguati, gruppi di fuoco che agiscono con le
modalità tipiche delle organizzazioni mafiose. Arsenali impressionati ritrovati
in giro per Roma, regolamenti di conti, intimidazioni. E ancora usura, bische
clandestine gestite dalla ‘ndrangheta nelle periferie, un fiume di cocaina che
si riversa sulla città, scorrendo parallelamente al cemento utilizzato per
rendere legali i soldi dei pusher.
Il punto di svolta è un sequestro simbolo, quello dello
storico Café de Paris in via Veneto. Secondo la Dda di Reggio Calabria era
divenuto un pezzo importante del patrimonio degli Alvaro, famiglia di
‘ndrangheta presente da tantissimi anni a Roma. Controllano la zona della
periferia est, spingendosi fino alla provincia di Latina, ad Aprilia. Era
chiaro per tutti che Roma, al pari di Milano, di Torino, delle città liguri,
romagnole, era terra di facile conquista. Già nel 2008 la pax mafiosa sembra
rompersi. Piccoli agguati, una gambizzazione nella zona del Tuscolano in un
garage. Poi iniziano gli omicidi, partendo in silenzio nella provincia, a
Velletri, dopo un trafficante di peso, Luca De Angelis, viene ucciso in un
agguato, con quattro colpi sparati in viso.
Passano pochi mesi, e un uomo del suo gruppo riesce a
salvarsi da un agguato simile: la mattina bussarono alla porta i killer,
spacciandosi per carabinieri e aprendo subito il fuoco. Nel frattempo, tra il
2006 e il 2009, raddoppiano a Roma le persone che si rivolgono agli sportelli
antiusura, con 772 denunce all’anno.
UNO STUDIO IMPIETOSO - La
capitale è diventata una delle realtà più pericolose d’Italia. Lo conferma un
recente studio sulla qualità della vita elaborato dall’università La Sapienza.
In tema di “criminalità” si classifica tra le ultime città italiane: all’86°
posto su 103. Violenza crescente e diffusa. Ormai a Roma i fatti di sangue non
interessano più solo le borgate di periferia. Si sono estesi come una
metastasi, fino a raggiungere i quartieri più altolocati. Gli abitanti di Prati
se ne sono accorti la scorsa estate. Con l’omicidio di Flavio Simmi. Un ragazzo
poco più che trentenne giustiziato da due killer vicino a Piazza Mazzini. A
pochi passi dalla sezione Pd di Massimo D’Alema e dai centralissimi uffici della
Rai. Un’esecuzione in piena regola tra i palazzi della ricca borghesia.
Scenario impensabile fino a qualche tempo fa.
PARENTOPOLI - Lo scandalo che
resterà indelebilmente legato alla Roma di Alemanno esplode alla fine del 2010.
A sollevare il velo sulla "parentopoli” del Campidoglio sono alcune
inchieste dei principali quotidiani romani. Lo scenario che emerge fin dai
primi giorni è il seguente: centinaia di assunzioni nelle principali
municipalizzate della città legate a favori personali e simpatie politiche. Uno
spoil system all’amatriciana. I giornali raccontano di duemila nuovi assunti
all’Atac e all’Ama (le aziende che si occupano di mobilità pubblica e raccolta
e smaltimento rifiuti). Tutti reclutati per chiamata diretta. Tutti dopo il
2008, anno di insediamento della giunta di centrodestra. Amici, parenti,
colleghi: curiosamente le vicende personali di molti di loro portano sempre a
qualche esponente del centrodestra capitolino. Al centro delle polemiche
finisce persino il caposcorta del sindaco (accusato di aver sistemato un figlio
all’Atac e una figlia all’Ama).
L’opposizione grida allo scandalo. Uno scandalo dagli
inquietanti risvolti neri. Già, perché tra i nuovi assunti delle società
cittadine spuntano con frequenza alcuni nomi legati alla destra extraparlamentare
romana di qualche tempo fa. È il caso di Stefano Andrini, in passato vicino ad
alcune sigle di estrema destra, nominato amministratore delegato di Ama Servizi
Ambientali. Oppure dell’ex Nar Francesco Bianco, finito a lavorare nell’azienda
degli autobus capitolini. Nel polverone finisce persino il diplomatico Mario
Vattani. L’ex console italiano in Giappone che la Farnesina ha recentemente
richiamato in Italia dopo le polemiche nate dalla sua partecipazione a un
concerto “fasciorock”. All’inizio del suo mandato in Campidoglio il sindaco lo
aveva voluto accanto a sé come consigliere per gli affari internazionali.
«Evidentemente - attacca Francesco Rutelli - Alemanno aveva dei debiti
affettivi verso i suoi ex camerati. E si è sentito obbligato a onorarli». A
criticare quelle scelte, oggi, ci sono anche alcuni esponenti del Pdl. «In
alcuni casi il sindaco Alemanno ha scelto manager capaci e preparati - racconta
il senatore Stefano De Lillo, un fratello assessore coinvolto nella vicenda
parentopoli - In altre situazioni le sue scelte si sono perse nei rivoli
dell’appartenenza politica. Senza seguire alcuna logica di curriculum». A
pagarne le spese, specie in termini di immagine, è stato tutto il Pdl. «Sono
sincero: alcune scelte potevano essere fatte meglio - continua il senatore -
Per noi del Popolo della libertà i principali valori di riferimento dovrebbero
sempre essere il merito e la capacità».
I CONTINUI RIMPASTI - Una
Giunta in continua evoluzione, quella di Gianni Alemanno. Travolto da scandali
e da polemiche interne al partito, nel corso del suo mandato il sindaco è stato
costretto a cambiare più volte la squadra di governo. Tre rimpasti solo
nell’ultimo anno: roba che nemmeno i governi più traballanti della prima
Repubblica. È il gennaio 2011 quando, alle prese con la parentopoli capitolina,
il sindaco decide di sostituire quattro assessori. Il trenta per cento della
giunta. A venire allontanati sono quasi sempre pidiellini esponenti di correnti
avversarie. È il caso della responsabile della scuola Laura Marsilio,
fedelissima del deputato Fabio Rampelli. Ma anche del titolare dell’ambiente
Fabio De Lillo, fratello del senatore Stefano, uno dei volti più noti tra gli
ex Forza Italia della città. Per la maggioranza che sostiene il sindaco in Campidoglio
è il momento di maggior tensione dal suo insediamento. «Di quelle vicende -
racconta oggi il senatore De Lillo - il mio giudizio su Alemanno non può essere
positivo. Mi spiace, ma quando ha sostituito i suoi assessori il sindaco non ha
tenuto conto di alcuni criteri fondamentali: la fedeltà, la militanza, il
consenso».
UNA GIUNTA CON UNA SOLA DONNA
- La scorsa estate - quando i malumori per la nascita dell’Alemanno-bis
sembrano essere finalmente rientrati - esplode il caso quote rosa. Stavolta a
intervenire è il Tar del Lazio. Il Campidoglio è pieno di uomini. Pena lo
scioglimento della giunta, i giudici obbligano il sindaco a rivedere la
presenza femminile tra i suoi assessori. Tra le polemiche di almeno mezza città
- quella di fede calcistica laziale - Alemanno chiama nella squadra di governo
l’ex presidente della Roma Rosella Sensi. Non basta. Poche settimane fa,
costretto di nuovo dal Tar, sostituisce l’assessore Alfredo Antoniozzi con
un’altra donna: Lucia Funari. «E così siamo arrivati a una situazione
paradossale - denuncia ancora De Lillo - di dodici assessori in Giunta, meno
della metà sono stati eletti consiglieri con il Pdl». Una vicenda che rischia
di penalizzare il partito alle prossime amministrative. Quando con ogni
probabilità Gianni Alemanno dovrà vedersela con l’attuale presidente della
Provincia di Roma, il Pd Nicola Zingaretti. «Se i cittadini vedono che i propri
rappresentanti non vengono confermati - dice De Lillo - finiscono per
disinteressarsi alla politica. Non mi stupirei se tra i nostri elettori più di
qualcuno decidesse di disertare le urne».
I GRANDI EVENTI MANCATI - I
quattro anni di governo Alemanno sono caratterizzati da un’ossessione. Quella
del grande evento sportivo. Ma anche su questo fronte Gianni Alemanno rischia
di presentarsi alla prossima campagna elettorale senza troppi successi da
sbandierare. Prima il sogno della Formula Uno, poi le Olimpiadi. E ogni volta
una bocciatura, con il sindaco costretto a rinunciare a pochi passi dal
traguardo. Per questioni spesso politiche. Quasi mai - questo bisogna
ammetterlo - legate alla sua diretta responsabilità. La prima infatuazione di
Alemanno è per le quattro ruote. Fin dalle prime apparizioni in Campidoglio il
sindaco annuncia di voler portare il circo della Formula Uno nella Capitale. Il
fantasioso progetto è un circuito cittadino nel quadrante sud della città: tra
le larghe strade e i marmi dell’Eur, il quartiere edificato dal fascismo in
vista dell’Esposizione Universale del 1943 (mai celebrata a causa della guerra).
Ma «Roma formula futuro» fallisce nel giro di tre anni. Più delle lamentele dei
residenti della zona - preoccupati dall’inquinamento acustico dell’evento -
possono i timori dei politici leghisti. Terrorizzati all’idea di dover
rinunciare al Gp di Monza. Davanti al sogno sportivo di Alemanno, il Carroccio
fa quadrato. E il sindaco è costretto a capitolare per il bene della coalizione
di governo (peraltro nell’autunno 2010 è proprio lui a sancire la pace
sull’asse Roma-Padania organizzando un ormai celebre pranzo a base di rigatoni
con la pajata insieme al senatùr Umberto Bossi).
Più dolorosa la rinuncia ai giochi olimpici del 2020.
Stavolta il sindaco deve arrendersi davvero a un passo dal successo. Pur nato
tra mille difficoltà - per mesi Alemanno cerca invano un presidente del
comitato organizzatore - il dossier olimpico della Capitale sembra avere ottime
possibilità di vittoria. Un po’ per il credito che la Città Eterna vanta con il
Cio - la candidatura di Roma è già stata bocciata durante l’amministrazione
Rutelli - un po’ per l’assenza di valide alternative. Per una volta il sindaco
riesce a mettere d’accordo anche la politica. Seppure tardivo, all’inizio di
febbraio arriva anche il sostegno del Parlamento. Ma il destino olimpico di
Alemanno è segnato. Stavolta a dire no è il governo. Arrivato da pochi mesi a
Palazzo Chigi, il premier Mario Monti si rifiuta di firmare la lettera con le
garanzie economiche richieste dal comitato olimpico. D’altronde, lo ripete da
tempo, l’Italia ha bisogno di sobrietà. Il tempo delle spese folli è finito. Il
sogno olimpico di Alemanno viene sacrificato sull’altare dell’austerity.
LA NEVICATA DEL 2012 –
Febbraio 2012: Roma si sveglia sotto una coltre bianca. Non è una tormenta
siberiana, ma trenta centimetri di neve bastano per paralizzare un’altra volta
la città. Per Alemanno, provetto alpinista, è quasi un smacco. Lui, dominatore
delle vette himalayane, bloccato da una spruzzata di neve. Costretto a chiudere
uffici pubblici e scuole, anche stavolta se la prende con il responsabile della
protezione civile Franco Gabrielli. I due si accusano, si smentiscono, poi si
insultano in diretta tv. Il primo spiega di non essere stato avvertito per
tempo, l’altro giura di aver fornito tutte le indicazioni necessarie per
affrontare l’emergenza. E qui, secondo alcuni, il primo cittadino fa il
peggiore autogol. Tenta la carta della sovraesposizione mediatica.
Nel giro di due giorni interviene a decine di trasmissioni
tv. Si fa fotografare in città mentre spala la neve, pulisce le strade. In rete
gira persino un video in cui Alemanno perlustra Roma di notte, ispezionando
fino all’alba le squadre di operatori preallertati per la seconda nevicata.
Un’operazione propagandistica che nemmeno Silvio Berlusconi negli ultimi giorni
di campagna elettorale. «A difesa del sindaco - racconta il suo predecessore
Francesco Rutelli - bisogna riconoscere che rispetto al passato i fenomeni
meteorologici estremi sono aumentati. Un’indubbia conseguenza dei cambiamenti
climatici». La giunta non sarebbe comunque esente da colpe: «Di fronte a questa
verità - continua Rutelli - l’amministrazione ha il dovere di rafforzare la
prevenzione e di informare i romani. Mi riferisco alla manutenzione dei corsi
d’acqua minori e all’ammodernamento dei servizi tecnologici. Ma anche ai
rapporti con i cittadini. Quando si annunciano eventi meteorologici
particolarmente severi è necessario avvertire immediatamente la popolazione. La
vera origine del disagio durante la recente nevicata è stata proprio questa: un
urgente appello fuori tempo a lasciare gli uffici, che ha paralizzato la
viabilità. Ma nei momenti di crisi la cosa migliore che Alemanno è riuscito a
fare è stato litigare con la Protezione civile e il ministero dell’Interno».
TERRORISTI IN COMUNE - Negli
anni ottanta Gianni Alemanno era a capo del Fronte della gioventù,
organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano. Venti anni dopo,
diventato sindaco di Roma, non ha dimenticato nessuno dei suoi vecchi amici
camerati, neanche quelli condannati o finiti in galera per pestaggi o atti
terroristici durante gli anni di piombo. A loro il primo cittadino della
capitale ha riservato cariche politiche, consulenze e posti di tutto rispetto
nelle società controllate dal Comune. Linkiesta ha dedicato loro
una fotogallery.
LUI DIFENDE IL SUO OPERATO CON UNA
RELAZIONE FINALE - «I numeri dimostrano che abbiamo fatto un miracolo
che ci ha permesso di salvare Roma». Così Gianni Alemanno presentando la
relazione di fine mandato così come previsto dalla legge. Infatti, il debito
ereditato dalle amministrazioni Rutelli e Veltroni, maturato prima del 2008 e
che nel giugno del 2010 venne certificato in 12 miliardi 238 milioni, «é
diminuito di 3-4 miliardi». Inoltre, studi e consulenze sono diminuite
dell’80%, così come i fondi stanziati per relazioni pubbliche, convegni,
mostre, pubblicità e rappresentanza, missioni e fondi per la formazione
dimezzati e auto blu tagliate del 20%: sono alcune delle voci di risparmio
dell’amministrazione Alemanno, operate tra il 2009 e il 2012 (anche se
quest’ultimo è un dato ancora non definitivo). Nel corso della presentazione
della relazione di fine mandato, il sindaco di Roma ha spiegato che per quanto
riguarda il personale, ha sottolineato, che «non c’è stata nessuna parentopoli
ma il calo del numero delle risorse umane che si sono ridotte del 7,4% tra il
2008 e il 2012». Nonostante ciò, i settori strategici come trasporti e sociale
hanno avuto un incremento di spesa, istruzione e cultura sono rimaste stabili.
Alemanno ha ricordato: «Abbiamo ereditato infatti un buco di bilancio di 12
miliardi, in questi anni poi abbiamo vissuto una crisi economica spaventosa,
abbiamo avuto una contrazione di 2 miliardi nei trasferimenti. In questi dati
c’è l’immagine esatta del miracolo prodotto».
Dopo 15 anni di governo di centro-sinistra, segnato dal duo
Veltroni-Rutelli, i romani hanno voluto cambiare rotta votando un uomo di
destra. Il quale, dopo 5 anni di mandato, è stato già ribattezzato AleDanno.
Comunque ci riproverà, anche se questa volta dovrà fare i conti con un avversario molto stimato quale Ignazio Marino (per il centro-sx), ma
soprattutto, il ciclone Grillo. Non lo aiuterà neppure il recente scandalo in
casa Pdl legato a “Batman” Fiorito e la Giunta regionale guidata dalla
Polverini. Tutt’altro contesto rispetto alle elezioni 2008, quando l’avversario
era un bollito e riscaldato Cicciobello Rutelli, che come Sindaco di Roma aveva
già dato per 10 anni. Non gli bastò l’atroce somiglianza con Alberto Sordi per
essere rieletto.
la lista non finisce più!!!!! sto post me lo salvo!
RispondiElimina(l'ultima solo in ordine di tempo, qualche giorno fa ha fatto montare un palco (per una manifestazione di solidarietà con i due marò..) proprio sotto il Colosseo contro il parere della Svrintendenza ai beni culturali
quando se ne va sto bacarozzo sarà sempre tardi!
ciao
Della serie... non c'è limite al peggio...
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