Il parroco di
Brancaccio FU ucciso IL 15 settembre 1993 PER IL SUO IMPEGNO CONTRO COSA NOSTRA
se un tempo i
Santi martiri della Chiesa erano coloro che avevano subito persecuzioni da parte
di Re o Imperatori poco propensi a credere nel culto che professavano, oggi i
nuovi martiri sono quanti in vita hanno combattuto un nuovo potere non meno
spietato: le criminalità organizzate. Uno di loro sabato scorso è stato
beatificato: Don Giuseppe Puglisi, parroco del quartiere Brancaccio di Palermo
in cui nacque, e dove cercò di evitare che i bambini cadessero nelle grinfie
della Mafia. Non cercò di redimere i malavitosi, ma rifiutò ogni regalo da
parte loro – che suonavano più come un tentativo di corruzione – e cercò con
essi anche un dialogo. Ma per questo affronto Cosa Nostra gliela fece pagare.
IL PERCORSO DI FEDE - Nasce
il 15 settembre 1937 a Brancaccio, quartiere periferico di Palermo, da una
famiglia modesta (il padre calzolaio, la madre sarta).
A 16 anni, nel 1953 entra nel seminario palermitano da cui
uscirà prete il 2 luglio 1960 ordinato dal cardinale Ernesto Ruffini e durante
quegli anni diventa amico di Carlo Pelliccetti e Davide Denensi che gli stanno
vicino e lo aiutano fino al giorno in cui Davide Denensi si trasferisce in
Svizzera.
Nel 1961 viene nominato vicario cooperatore presso la
parrocchia del Santissimo Salvatore nella borgata di Settecannoli, limitrofa a
Brancaccio, e successivamente rettore della Chiesa di San Giovanni dei
Lebbrosi.
Nel 1963 è nominato cappellano presso l'orfanotrofio
Roosevelt e vicario presso la parrocchia Maria Santissima Assunta a Valdesi,
borgata marinara di Palermo. È in questi anni che Padre Puglisi comincia a
maturare la sua attività educativa rivolta particolarmente ai giovani.
Il 1º ottobre 1970 viene nominato parroco a Godrano un
paesino della provincia palermitana che in quegli anni è interessato da una
feroce lotta tra due famiglie mafiose. L'opera di evangelizzazione del prete
riesce a far riconciliare le due famiglie. Rimarrà parroco a Godrano fino al 31
luglio 1978.
Dal 1978 al 1990 riveste diversi incarichi: pro-rettore del
seminario minore di Palermo, direttore del Centro diocesano vocazioni,
responsabile del Centro regionale Vocazioni e membro del Consiglio nazionale,
docente di matematica e di religione presso varie scuole, animatore presso
diverse realtà e movimenti tra i quali l'Azione cattolica, e la Fuci.
L’IMPEGNO A BRANCACCIO - Il
29 settembre 1990 viene nominato parroco a San Gaetano, nel quartiere
Brancaccio di Palermo, controllato dalla criminalità organizzata attraverso i
fratelli Graviano, capi-mafia legati alla famiglia del boss Leoluca Bagarella:
qui inizia la lotta antimafia di Don Pino Puglisi.
Egli non tenta di portare sulla giusta via coloro che sono
già entrati nel vortice della mafia ma cerca di non farvi entrare i bambini che
vivono per strada e che considerano i mafiosi degli idoli, persone che si fanno
rispettare. Egli infatti attraverso attività e giochi fa capire loro che si può
ottenere rispetto dagli altri anche senza essere criminali, semplicemente per
le proprie idee e i propri valori. Si rivolge spesso ai mafiosi durante le sue
omelie, a volte anche sul sagrato della chiesa. Don Puglisi tolse dalla strada
ragazzi e bambini che, senza il suo aiuto, sarebbero stati risucchiati dalla
vita mafiosa e impiegati per piccole rapine e spaccio. Il fatto che lui
togliesse giovani alla mafia fu la principale causa dell'ostilità dei boss, che
lo consideravano un ostacolo. Decisero così di ucciderlo, dopo una lunga serie
di minacce di morte di cui don Pino non parlò mai con nessuno.
Nel 1992 viene nominato direttore spirituale presso il
seminario arcivescovile di Palermo.
Il 29 gennaio 1993 inaugura a Brancaccio il centro Padre Nostro
per la promozione umana e la evangelizzazione.
L’ASSASSINIO - Il 15
settembre 1993, il giorno del suo 56º compleanno viene ucciso dalla mafia,
davanti al portone di casa intorno alle 20,45 nella zona est di Palermo, in
piazza Anita Garibaldi.
Sulla base delle ricostruzioni, don Pino era a bordo della
sua Fiat Uno di colore bianco e, sceso dall'automobile, si era avvicinato al
portone della sua abitazione. Qualcuno l'ha chiamato, lui s'è voltato mentre
qualcun altro gli è scivolato alle spalle e gli ha esploso uno o più colpi alla
nuca. Una vera e propria esecuzione mafiosa. I funerali si svolsero il 17
settembre 1993. Il 2 giugno qualcuno mura il portone del centro "Padre
Nostro" con dei calcinacci, lasciandone gli attrezzi vicino alla porta.
IL PROCESSO - Il 19 giugno
1997 viene arrestato a Palermo il latitante Salvatore Grigoli, accusato di
diversi omicidi tra cui quello di don Pino Puglisi. Poco dopo l'arresto Grigoli
comincia a collaborare con la giustizia, confessando 46 omicidi tra cui quello
di don Puglisi. Grigoli, che era insieme a un altro killer, Gaspare Spatuzza,
gli sparò un colpo alla nuca. Dopo l'arresto egli sembra intraprendere un
cammino di pentimento e conversione. Lui stesso ha raccontato le ultime parole
di don Pino prima di essere ucciso: un sorriso e poi un criptico "me lo
aspettavo".
Mandanti dell'omicidio furono i capimafia Filippo e Giuseppe
Graviano, arrestati il 26 gennaio 1994. Giuseppe Graviano viene condannato
all'ergastolo per l'uccisione di don Puglisi il 5 ottobre 1999. Il fratello
Filippo, dopo l'assoluzione in primo grado, viene condannato in appello
all'ergastolo il 19 febbraio 2001. Condannati all'ergastolo dalla Corte
d'assise di Palermo anche Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e
Luigi Giacalone, gli altri componenti del commando che aspettò sotto casa il
prete.
Sulla sua tomba, nel Cimitero di Sant'Orsola a Palermo, sono
scolpite le parole del Vangelo di Giovanni: "Nessuno ha un amore più
grande di questo: dare la vita per i propri amici".
LA BEATIFICAZIONE - Alla
celebrazione presieduta dal card. Romeo al Foro Italico di Palermo ha
partecipato una folla di oltre 80 mila persone in preghiera.
La lettura dell’atto in latino con cui don Puglisi è stato
proclamato beato è stata salutata da tre amen. Accanto al palco, una
gigantografia del sacerdote assassinato da cosa nostra. Numerose le autorità
presenti: dal presidente del Senato Piero Grasso ai
ministri dell’Interno, della Giustizia e della Funzione
Pubblica, Angelino Alfano, Annamaria Cancellieri e Giampiero D’Alia. Davanti
all’altare, poi, nutrita è la rappresentanza di magistrati ed esponenti delle
forze dell’ordine. La spianata del Foro Italico è gremita di persone,
richiamate anche dalla splendida giornata, e sulle bancarelle sono già in
vendita le calamite con l’effige del neo beato.
Poco prima dell’inizio della celebrazione, il cardinale
Romeo ha parlato ai fedeli: "Vorrei prestare la mia voce a padre Puglisi
per dire grazie a voi di essere qui, a dimostrare la disponibilità ad aprire i
vostri cuori alla testimonianza", ha detto, "I mafiosi, che spesso
pure si dicono e si mostrano credenti, muovono meccanismi di sopraffazione ed
ingiustizia, di rancore, di odio, di violenza, di morte. L’azione assassina dei
mafiosi ne rivela la vera essenza. Essi rifiutano il Dio della vita e
dell’amore".
Ora si spera che anche un altro Parroco anti-Camorra, Don
Giuseppe Diana di Casal di Principe, assassinato il 19 marzo 1994, sia reso
Beato.
E Don Camillo
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