RIPARTITI TRA I COMUNI DI Fabriano,
Comunanza e TEVEROLA. SALTATO L'ULTIMO TAVOLO SINDACALE, MA SI SPERA ANCORA
un’altra
azienda sta per lasciare l’Italia per lidi più convenienti, malgrado i profitti
lusinghieri. Il problema è sempre lo stesso: troppe tasse e costo del lavoro
troppo alto. L’Indesit è un'azienda italiana produttrice di elettrodomestici e
di elettronica, già presente in altri Stati mediante joint venture, come Cina e
Russia. Ora ha deciso di delocalizzare la produzione in Turchia e Polonia,
chiudendo le sedi di Fabriano, Comunanza e Teverola, rispettivamente nella
Provincia di Ancona, Ascoli e Caserta. Per un totale di 1.425 esuberi, di cui
680 solo in quest’ultima filiale. Saltata anche la trattativa di mercoledì
scorso.
SALTATO ENNESIMO TAVOLO - E'
saltata la trattativa per la Indesit al ministero dello Sviluppo economico,
dove sindacati, azienda e istituzioni erano riuniti dalle 17.30 circa di ieri.
Secondo quanto si apprende da fonti sindacali, la situazione è degenerata ed è
stata aperta la procedura di mobilità per 1.425 lavoratori. Lo strappo poco
dopo le sette di stamattina.
Dopo una notte di confronto, Indesit ''ha dovuto constatare
l'impossibilità incomprensibile di raggiungere un accordo con le organizzazioni
sindacali'' ed è ''costretta a portare avanti unilateralmente il piano''. Lo
afferma la società in una nota sottolineando che ''il mancato accordo impedisce
l'accesso agli ammortizzatori sociali e penalizza i lavoratori'' con l'apertura
della procedura di mobilità. Indesit rivendica di aver migliorato ulteriormente
il piano con 83 milioni di investimenti straordinari.
Inoltre, Indesit afferma che avrebbe portato maggiori
produzioni e a più alto valore aggiunto nei tre siti italiani e un riassorbimento
graduale di lavoratori grazie ''ai benefici attesi dagli investimenti e al
prevedibile recupero dei mercati''. L'azienda prevedeva inoltre ammortizzatori
sociali come la cassa integrazione e i contratti di solidarietà ed escludeva
l'avvio di procedure unilaterali di mobilità. Sarebbero state trasferite in
Italia nuove produzioni dalla Polonia, dalla Spagna e dalla Turchia, mentre le
produzioni italiane di bassa gamma non più sostenibili sarebbero state
riallocate in Paesi a miglior costo. Il sito di Fabriano (AN) sarebbe diventato
il centro esclusivo per la produzione ad alto contenuto d'innovazione di forni
da incasso, di forni di piccole dimensioni e di prodotti speciali. Il
sito di
Comunanza (AP) sarebbe diventato il centro per l'innovazione e la produzione di
lavabiancheria di alta gamma a carica frontale, mentre il sito di Caserta
sarebbe diventato il centro esclusivo per la produzione di frigoriferi da
incasso ad alto contenuto d'innovazione e dei piani cottura a gas da incasso.
Il ministero dello Sviluppo economico, rammaricato dallo
sfumare di un'intesa ''a portata di mano'' per Indesit, si dice determinato a
''creare le condizioni per riprendere il negoziato'' fin dai prossimi giorni.
E' quanto si legge in una nota del Mise. ''A nostro giudizio continuano ad
esistere le basi per arrivare all'intesa. Ci auguriamo che le organizzazioni
sindacali riconsiderino la situazione e tornino a sedersi di nuovo al tavolo'',
afferma il sottosegretario Claudio De Vincenti.
LA STORIA DELL’AZIENDA - Fu
fondata nel 1953 a Torino con la denominazione Spirea, da tre soci: Armando
Campioni, Adelchi Candellero e Filippo Gatta. La società si trasferì qualche
anno dopo a Rivalta di Torino, e cambiò denominazione altre tre volte fino al
1961, quando assunse la ragione sociale definitiva e nacque il marchio Indesit.
Indesit produceva sia elettrodomestici "bianchi"
come lavatrici, frigoriferi, congelatori, lavastoviglie e cucine, che
televisori e registratori di cassa. L'azienda conobbe un rapido sviluppo
produttivo e commerciale nel periodo del boom economico, divenendo la terza del
settore a livello nazionale. Conquistò ampie quote sia nel mercato nazionale
che estero degli elettrodomestici.
Negli anni sessanta e settanta, Indesit contava ben otto
impianti produttivi, di cui cinque al Nord (sparsi tra Rivalta, None e
Orbassano) e due al Sud (Teverola e Carinaro (CE)), dove furono impiegati circa
12.000 addetti.
Nello stesso periodo all'Indesit fu sperimentato un sistema
di trasmissione televisiva a colori denominato ISA, che l'azienda torinese
propose nel 1972 alla RAI, ma che non fu accettato dal Governo italiano, perché
non conforme agli altri sistemi europei.
Venne acquisito anche il marchio Hirundo, con cui fu
proposta una linea nel settore bianco (frigoriferi, lavatrici e altri
elettrodomestici), oltre che apparecchi nel settore bruno, come radio a
transistor marchiate Indesit-Hirundo. Tale marchio oggi non viene più usato.
Indesit partecipò per il 6% nella Sèleco di Pordenone,
all'epoca in cui il controllo era detenuto da Giovanni Mario Rossignolo,
cedendo impianti in disuso per la fabbricazione di televisori. Zanussi e Rel
erano i maggiori azionisti in Sèleco a quell'epoca.
LA CRISI DEL 1980 - Nel 1980,
la Indesit andò in crisi e venne posta in amministrazione controllata, da cui
uscì nel 1984, quando fu ricapitalizzata per 74 miliardi di lire e vi entrarono
nuovi soci. Tuttavia per l'azienda torinese la crisi continuò e la ripresa non
avveniva; a seguito di ciò nel 1985 cedette la sua divisione elettronica alla Olivetti.
Molte furono le trattative per trovare un partner
industriale e finanziario, ma la situazione era talmente grave da portare,
nello stesso anno, l'azienda all'amministrazione straordinaria, in base alla
legge Prodi, e il Tribunale di Torino nominò commissario il dott. Giacomo
Zunino. Da tempo i posti di lavoro erano drasticamente diminuiti, ed erano
ridotti a poco più di 7.000 addetti, la maggior parte dei quali in cassa
integrazione.
Nonostante fosse commissariata, l'azienda migliorò
gradualmente i conti, e nel 1987 fu acquistata all'asta dalla Merloni
Elettrodomestici già conosciuta per il marchio Ariston e fino ad allora
principale concorrente in Italia della Indesit stessa.
Nell'operazione il
gruppo marchigiano investì ben 50 miliardi di lire nell'acquisizione della
società, e altri 100 miliardi ne furono previsti per la ristrutturazione e il
risanamento. Indesit divenne il primo marchio dell'azienda, e furono mantenuti
soltanto gli stabilimenti di None, Carinaro e Teverola.
Sotto la gestione Merloni, il marchio Indesit ritornò
protagonista nel mercato degli elettrodomestici, tanto da permettergli, nel
corso degli anni novanta, di divenire il secondo in Europa. Nel febbraio 2005
la Merloni Elettrodomestici venne rinominata Indesit Company. Oggi la Indesit
Company usa i marchi Ariston abbinato ad Hotpoint, acquisita nel primo decennio
del 2000 assieme a Sholtes, e appunto Indesit.
se le aziende in italia chiudono ringraziamo i vari governi che hanno solo tassato il lavoro ed aumentato i costi dell energia e pure i sindacati che pensano solo a difendere il vero cancro italiano cioe i dipendenti pubblici.complimenti avete sfasciato l italia non e possibile che in italia ci siano oltre 2000 sigle sindacali PARASSITTTTTTTTTTTTTTTT
RispondiEliminaE in Italia parliamo ancora di Berlusconi...
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