lunedì 16 dicembre 2013

L’ABOLIZIONE DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI METTE LA POLITICA IN PASTO ALLE LOBBY

MESSO CON LE SPALLE AL MURO DA RENZI E GRILLO, L’ESECUTIVO IN CARICA ACCELERA SULLE COSE DA FARE. LA RIDUZIONE DEI FINANZIAMENTI SARA’ GRADUALE FINO AL 2017, MA NON MANCANO CRITICITA’

Messo sotto pressione dal nuovo Segretario del Partito democratico Matteo Renzi e dal leader del Movimento cinque stelle Beppe Grillo, il Governo Letta sta spingendo verso quei provvedimenti da loro richiesti. Su tutti la riforma elettorale, ormai resasi obbligatoria dalla bocciatura della Corte costituzionale del Porcellum, ma anche la soppressione del finanziamento pubblico ai partiti. Il quale, in realtà, fu già bocciato dagli italiani in un referendum di vent’anni fa (dissero Sì il 95% degli elettori); ma la loro volontà fu raggirata dalla legge sui rimborsi elettorali, che nei fatti non ha cambiato la sostanza. E così il Consiglio dei Ministri si è deciso a vararne l‘abolizione, ma in modo graduale. La vera questione è però un’altra: il finanziamento volontario per opera dei privati rischia di generare una nuova Tangentopoli e un sistema politico all’americana, in balia delle lobby.

IL PROVVEDIMENTO - “L‘abolizione del finanziamento pubblico ai partiti è legge”. Il colpo di scena lo annuncia Enrico Letta su Twitter, con un messaggio alle 9.08. Il neo segretario del Partito democratico Matteo Renzi lo avrebbe voluto inserire nel mini programma di tre riforme (tra cui legge elettorale con sistema maggioritario, titolo V della Costituzione e abolizione del Senato) da presentare domenica all’assemblea nazionale del Pd. Le larghe intese, invece, erano state accusate di perder tempo. Ma Letta ha voluto essere più veloce del nuovo concorrente interno al Pd: “Era una priorità”, ha spiegato, “agire entro l’anno per evitare ulteriori rinvii. Manteniamo la promessa e ora tutto il potere è ai cittadini”.
Il testo del decreto riproduce, con alcune correzioni, il disegno di legge approvato a ottobre alla Camera, ma da allora fermo al Senato. La soppressione sarà totale dal 2017, al termine di tre anni di regime transitorio. Nel 2014 infatti i finanziamenti pubblici verranno ridotti del 25%, nel 2015 del 50% e nel 2016 del 75%. I risparmi di 27,4 mln nel 2015. Al termine di una fase transitoria, in cui i rimborsi elettorali verranno progressivamente ridotti, dal 2017 la vita delle forze politiche dipenderà soltanto dalle erogazioni dei privati, anche attraverso la destinazione ad esse del 2 per mille.
“Ma non c’è nessuna intenzione di fregare i cittadini. Se non si specifica la destinazione, i soldi restano allo Stato”. E non vanno automaticamente alle formazioni politiche. Il testo adottato è quello che era già stato approvato alla Camera e attendeva il via libera del Senato. “C’è inoltre”, aggiunge il premier, “l’obbligo di certificazione esterna dei bilanci dei partiti. Negli anni scorsi uno dei grandi probemi è stata l’opacità dei bilanci, questo meccanismo molto stringente renderà impossibile che si torni agli scandali degli anni scorsi”.
Il governo canta vittoria.  Sempre su Twitter esulta il ministro delle Riforme Gaetano Quagliarello: “E una è andata. Ora avanti con la riduzione del numero dei parlamentari ecco i fatti”. Entusiasta anche Angelino Alfano che, sempre sul social network, scrive: “Impegno mantenuto”.

LA CRITICA DEI 5 STELLE - Pochi festeggiamenti per Beppe Grillo che, sui social network dice: “Basta con le chiacchiere Enrico Letta. Restituisci ora 45 milioni di euro di rimborsi elettorali del Pd a iniziare da quelli di luglio. Vogliamo fatti non pugnette”. Il riferimento è all’ultima tornata di rimborsi. Il decreto infatti, in vigore da gennaio 2014, sia effettivo a partire soltanto del 2015. E i parlamentari grillini alla Camera rilanciano: “Questa legge è una presa in giro sfacciata e colossale. Consegna la politica nelle mani dei grandi potentati economici, delle lobby e delle associazioni criminali che sono sempre alla ricerca di nuovi canali di riciclaggio del denaro sporco”. I 5 Stelle mettono in discussione alcuni punti: “Ci sono partiti che possono iscriversi nell’apposito registro e accedere al finanziamento e partiti o movimenti politici che non possono. A pagare continua a essere lo Stato: entrando in vigore nel 2014, i partiti continuano a ricevere dallo Stato 91 milioni di euro il prossimo anno; 54 milioni 600mila nel 2015; 45 milioni e mezzo nel 2016 e circa 36 milioni 40 mila nel 2017. A queste somme si aggiungono le donazioni dei cittadini così si fa ‘stecca para pé tutti’. Le minori entrate nelle casse dello Stato devono essere coperte da quelli che non donano con le solite tasse. Non solo: lo Stato istituirà un ‘fondo apposito’ che coprirà tutte le donazioni che i cittadini si guarderanno bene dal fare. Sia mai che i partiti ci rimettano”.

A mio avviso, il sistema ideale consiste nel ridurre drasticamente il finanziamento pubblico ai partiti, al fine di concedere loro rimborsi veri e propri e non soldi a pioggia; ai quali devono sommarsi il vecchio sistema delle entrate mediante tesseramenti e il nuovo del 2 per mille. In questo modo la politica tornerebbe ad essere una passione e non un affare. Oltretutto, affidando i finanziamenti esclusivamente ai privati, si rischia di portare la politica italiana alla stregua di quella americana: con i partiti in balia delle lobby economiche mediante tangenti. Se ad esempio il proprietario di una casa farmaceutica cede a un partito 50mila euro sotto forma di finanziamento volontario, esso si arrogherà il diritto di chiedergli di battersi in Parlamento affinché spinga per una legge in favore di un suo farmaco. E così via per altri settori.

SONDAGGIO


Gli italiani hanno le idee chiare: 8 su 10 ritengono giusto sopprimerli totalmente.

(Fonte: Il Fatto quotidiano)  

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