NEL PCI DAL 1975, CON TRASCORSI DA SEGRETARIO NELLA CGIL.
SINDACO AMATO DI TORINO, HA COLLEZIONATO DIVERSE POLTRONE
Con il 47% dei voti, Sergio Chiamparino ha ottenuto la sua
ennesima poltrona: quella di Governatore del Piemonte. Ha battuto il candidato
del centrodestra Sergio Picchetto, fermatosi al 22% dei voti. Un risultato che
in fondo non sorprende troppo, visto che “il Chiampa” è stato Sindaco di Torino
per dieci anni e nei sondaggi sugli indici di gradimento dei Primi cittadini ha
sempre superato il 70%. Renzi si è affidato a lui per rimpinguare l’exploit del
Pd alle recenti amministrative, sebbene abbia 65 anni e sia in politica dal
1975 (nelle fila del Pci). Segno questo che forse l’ex Sindaco di Firenze
“rottami” solo chi gli si mette di traverso. Chiamparino ha cavalcato varie
correnti e collezionato diverse poltrone: è stato dalemiano, poi veltroniano,
poi franceschiniano, infine, appunto, renziano. Ma ha anche indebitato il
capoluogo piemontese.
LA CARRIERA POLITICA – Come
già detto, la carriera del neo Governatore del Piemonte – subentrato a Roberto
Cota, estromesso per irregolarità del voto – è iniziata nel 1975, quando,
smessi i panni da ricercatore, è diventato capogruppo del PCI presso il Comune
di Moncalieri. Da qui la carriera nel partito, fino a diventare (nel PDS)
consigliere comunale di Torino nel 1993 e deputato nel 1996. Non è mancato un
ruolo da segretario regionale della CGIL, dal 1989 al 1991. Dal 2001 al 2011 è
stato Sindaco di Torino. Tra il 2012 e il 2014 è stato presidente della
Compagnia di San Paolo.
Marco Travaglio lo ha ironicamente definito “Chiamparino
Sette poltrone”.
I DEBITI DA SINDACO -
Chiamparino è stato un sindaco a più facce. Suo maggiore successo sono state le
Olimpiadi invernali del 2006 e connessa modernizzazione di Torino con la
costruzione della Metro. L'imperdonabile delitto è la voragine di debiti in cui
ha sprofondato la città, che gli è valsa il nomignolo di Indebitetor.
Nonostante avesse ricevuto dallo Stato 1,2 miliardi per i Giochi invernali e
0,5 miliardi per il centocinquantenario dell'unità d'Italia, ha lasciato buffi
per cinque miliardi (il triplo dell'1,7 che aveva trovato). Si calcola non
basteranno due generazioni per pagarli (2040 circa).
Nel resto, è stato un sindaco come altri. Forse più amato,
perché perbene. Di lui forse colpisce la modesta biografia: famiglia operaia,
laurea in Scienze politiche, una vita nel Pci-Pds-Ds-Pd da moderato.
Fu però odiatissimo per la raccapricciante esumazione di
massa nel Cimitero generale. Era il 2004 e il Comune, a corto di dané, dette lo
sfratto a 24mila morti interrati, per costringere le famiglie ad acquistare
loculi. Nella furia di incassare, si triplicarono i disseppellimenti, da 36 a
108 salme il giorno. Fu il caos. Le bare furono aperte e le ossa disseminate
senza criterio, tanto che i parenti non poterono più riconoscere i propri cari.
L'orrore divenne di dominio pubblico quando Rita Pavone trovò la tomba (che non
rientrava nel programma di esumazioni) distrutta per errore dalle scavatrici e
i resti del padre dispersi. Un corteo sfilò sotto gli uffici del sindaco con un
cartello e una scritta da Giorno del Giudizio: «Ricordati che Dio ti vede
dentro».
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