FU INTRODOTTA NEL 2001 DAL GOVERNO DI CENTROSINISTRA, MA E'
STATA FATTA DA UN QUINTO DEGLI AVENTI DIRITTO E COPRE POCHISSIMO
Secondo i dati Istat, in Italia le casalinghe sono 7
milioni. Un dato che non solo la dice lunga su come sia difficile per le donne
entrare nel mondo del lavoro, ma che fa accendere i riflettori anche su un
altro aspetto: proprio tra le mura domestiche si annidano i maggiori pericoli
che, tra cadute, ferite, scottature, scivoloni e soffocamenti, ogni anno
causano oltre 2 milioni 800mila incidenti. Un vero problema sanitario e sociale
a cui l'allora Governo di centrosinistra nel marzo 2001, dopo 5 anni di
rodaggio, ha cercato di dare una soluzione, istituendo presso l’Inail una
polizza obbligatoria contro gli infortuni domestici per le donne e gli uomini
tra i 18 e i 65 anni che “impiegano in casa le proprie energie in maniera
abituale, esclusiva e gratuita”. Con l’obbligo di assicurazione esteso anche a
studenti e pensionati che “svolgono in via non occasionale, gratuitamente e
senza vincolo di subordinazione, lavoro finalizzato alle cure della propria
famiglia e dell’ambiente in cui si dimora”. Ma a 14 anni dalla sua istituzione,
i numeri parlano di fallimento.
I NUMERI DEL FALLIMENTO - A
partire dal fatto che non si capisce quale sia il senso di assicurare
obbligatoriamente una categoria che fa un non lavoro, è senza stipendio e non
paga le tasse. E a distanza di 14 anni dall’entrata in vigore, le questioni
sono ancora tutte aperte. Intanto c’è un calo verticale delle iscrizioni e, per
via delle condizioni a dir poco stringenti, si registra un’enorme difficoltà
nel riconoscimento dei danni. Ogni anno, invece, parte puntualissima la
campagna di comunicazione istituzionale dell’Inail che cerca di sensibilizzare
la sottoscrizione con spot televisivi, pagine di giornali e lettere spedite
direttamente a un milione e mezzo di destinatari individuati mediante i dati
acquisiti dall’Agenzia delle Entrate, proprio come sta accadendo in queste
settimane.
Una mossa che, comunque, non dà nessun frutto, perché la
cosiddetta “polizza per le casalinghe”, è evasa da un quinto degli obbligati
che dovrebbero ammontare a poco più di 7 milioni, anche se l’Inail non è mai
stato in grado di quantificarli. I numeri sono eloquenti con le sottoscrizioni
che, anno dopo anno, sono andate sempre più in picchiata: si è passati,
infatti, da 2.697.989 di iscrizioni del 31 dicembre 2005, a 2.161.214 nel 2008,
a 1.878.843 del 2010, scendendo ancora a 1.596.802 del 2012, per toccare quota
1.249.304 a fine 2014 (con gli uomini in netta minoranza: circa 12.500).
Un’evasione non giustificata neanche dall’importo da pagare. Fin dalla sua
introduzione, il costo annuale dell’assicurazione è, infatti, rimasto sempre lo
stesso: 12,91 euro, deducibile ai fini fiscali, da versare all’Inail entro il
31 gennaio. Con lo Stato che si fa carico della polizza di coloro il cui
reddito personale complessivo lordo è di 4.648,11 euro, mentre per le famiglie
il limite sale a 9.296,22 euro.
DA' POCO IN CAMBIO - Ma c’è
da dire che anche se si tratta di un piccolo importo, la somma viene chiesta in
cambio di molto poco. Questa sorta di assicurazione grandi rischi tutela,
infatti, solo i danni causati dagli incidenti domestici di una certa gravità.
Si ha, quindi, diritto al risarcimento solo se l’invalidità permanente subita è
pari o superiore al 27% (fino al 2006 era addirittura al 33%), che equivale
almeno all’amputazione di tutte le dita di una mano. Decisamente una
percentuale elevata, visto che chi si brucia col ferro da stiro oppure si rompe
una gamba cadendo da uno sgabello mentre spolvera, perde il pollice destro o
diventa completamente sordo da un orecchio non riceve nessun indennizzo.
L’Inail ha inoltre creato una tabella apposita, indicativa
ma non esaustiva, in quanto la percentuale di invalidità viene verificata dai
medici dell’Istituto, indipendentemente dalle altre certificazioni mediche. La
procedura per l’indennizzo prevede, infatti, che solo a guarigione clinica
avvenuta – e se l’infortunato è in regola con il pagamento del premio annuo –
sia possibile presentare la domanda per la liquidazione della rendita con una
commessione ad hoc che esaminerà il caso.
La restrizione ha fatto sì che nel corso degli anni siano
state erogate solo mille rendite. In particolare, su 716 denunce arrivate nel
2014, di cui 8 per eventi con esiti mortali, sono state erogate 87 nuove
rendite. E più entrate con quasi nessuna uscita a fine 2014 hanno generato
all’Inail un residuo attivo di 5 milioni di euro. Tesoretto che potrebbe
addirittura trasformarsi nell’equivalente di una piccola Finanziaria, visto che
ogni anni vengano versati poco più di un milione di euro sui 90 milioni di euro
previsti.
E non è tutto. Per avere diritto all’eventuale indennità,
bisogna dimostrare di essersi fatti male svolgendo un lavoro domestico, perché
qualunque altra situazione non strettamente legata alle faccende di casa non
viene presa in considerazione. E, poi, agli assicurati, in caso di infortunio
grave è garantita una rendita mensile a vita, il cui ammontare può oscillare
dai 186,18 euro (invalidità del 27%) ai 1.292,90 euro (invalidità al 100%).
C’è poi il fattore età: se si superano i 65 anni,
l’assicurazione non è più valida. Proprio quando, invece, solitamente aumentano
i rischi di infortunio domestico. E questo spiega perché, ai fini di aumentare
le adesioni, più volte sia stato proposto di innalzare il limite di età 70
anni.
NON VENGONO PESCATI GLI EVASORI
- Se l’assicurazione è snobbata e l’obbligatorietà resta solo sulla carta,
l’Inail dal canto suo nulla fa per trovare chi evade: gli accertamenti sono
complicati e le sanzioni previste non vengono applicate. E, comunque, la multa
per mancato pagamento è uguale all’importo del premio non versato. La tattica
fin qui utilizzata dall’Inail è sempre quella di promuovere la conoscenza
dell’assicurazione piuttosto che sanzionare. Così, mentre l’Istituto accantona
soldi per garantire le rendite future, la polizza viene sempre più percepita
come una gabella fatta pagare a chi non ha un reddito.
Uno dei pochissimi adeguamenti fatti dal 2001 riguarda solo
l’ampliamento – dal 17 maggio 2006 – della tutela assicurativa in caso di
morte, prima esclusa, e che è pari a 2.132,45 euro. E, a partire dal primo
gennaio 2007, sono stati previsti altri due benefici coperti dal Fondo vittime
grandi infortuni nel caso di eventi mortali. Il primo prevede un’anticipazione
della rendita ai superstiti pari a 3 mensilità, mentre l’altro è una
prestazione una tantum che va da un minimo di 4.550 euro per un superstite fino
a 15.750 per tre o più superstiti.
(Fonte: Il
Fatto quotidiano)
quella non è un assicurazione,ma una tassa inventata dalle sinistre! ridicola,ma sempre di tassa si tratta;ah,quasi dimenticavo:le sinistre si nutrono di tasse
RispondiEliminaUna tassa di 12 euro all'anno . Un caffe' al mese.
RispondiEliminaMi sai dire chi porto' l'aliquota IVA dal 20 al 21 % ?
caro il troll e fake di merda, qui non è questione di un caffè ma di onestà intellettuale, fatto che tu non potrai mai, dico mai lontanamente concepire!!!
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