DIRIGENTI CONDANNATI SOLO PER LE SEDI PIEMONTESI DI
CAVAGNOLO E CASAL MONFERRATO, MENTRE PER QUELLA NAPOLETANA ED EMILIANA I REATI
SONO PRESCRITTI
Sentenza storica quella di lunedì a Torino, espressa dal Pm
Raffaele Guariniello per quanto concerne il Processo Eternit: il tribunale del
capoluogo piemontese ha condannato in primo grado a 16 anni di carcere il
miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, 65 anni, e il barone belga Louis De
Cartier, 91 anni. Il capo d'accusa conteneva un elenco di 2.191 morti e 665
malati di patologie causate dall'amianto per le condizioni degli stabilimenti
di Cavagnolo (Torino) e Casale Monferrato (Alessandria).
Alcuni parenti delle vittime sono scoppiati in lacrime alla
lettura della sentenza di condanna. Trattasi di una sentenza storica giacché
per la prima volta si riconoscono i danni provocati dall’amianto, non
facilmente individuabili visto che emergono a distanza di decenni, anche dopo
40 anni. Un minerale che, nell'ultimo secolo, è stato impiegato alacremente per
proteggere le case dal calore e dal rumore, isolare caldaie, costruire i freni
delle auto, intrecciare corde, potenziare vernici; un'industria che ha dato da
vivere a decine di migliaia di persone in tutto il mondo, ma che alla fine ha
provocato una strage perché le fibre si sono rivelate un killer che non
perdona.
In realtà il mondo operaio e civile tutto esulta a metà. Non
hanno difatti ottenuto uguale giustizia le vittime di altre due sedi in
contatto con l’amianto: Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli), per i quali
i giudici hanno dichiarato di non doversi procedere perché il reato è
prescritto. Per questi due stabilimenti i reati si sono verificati tra gli anni
’60 e ’80. Mentre per le due sedi piemontesi che hanno ottenuto giustizia, i
due reati partono dal 1999.