IERI HA COMPIUTO UN ANNO LA sconfitta più pesante della storia della nazionale brasiliana: il
7-1 a Belo Horizonte, il famoso «Mineirazo» conTRO la Germania. LE COSE NON
SONO MIGLIORATE, ANZI
Che fine ha
fatto il Brasile che vinceva facendo divertire? O che magari non vinceva ma in
fondo giocava comunque e sempre un calcio allegro? Certo, nel calcio vige la
legge del ciclo e in questi anni è toccato alla Spagna farla da padrona. Ma la
squadra carioca oltre a perdere sembra triste, priva di grandi talenti. L'unico
sarebbe Neymar, ma come il compagno di club Messi, quando gioca con la
Nazionale sembra un altro. A un anno (ieri) dall'incredibile 7 a 1 incassato al
Mondiale contro la Germania, non ci sono segni di miglioramento e la squadra
manca di prospettive. Al punto che qualcuno mette pure in dubbio la
qualificazione per Russia 2018…
IL FLOP IN CILE E I DUBBI SU DUNGA
- A giugno la Seleção è stata eliminata ai quarti della Coppa America dal
Paraguay dopo i rigori. Eppure partiva tra le favorite, come sempre, assieme
all'altra delusione Argentina. E senza Neymar, l'unico brasiliano che oggi si
può definire fuoriclasse, che scontava parte della squalifica rimediata per
l'espulsione con la Colombia. Secondo la Fifa, l'attaccante dovrà scontare le
altre due giornate di stop nella competizione ufficiale successiva (ovvero le
prime due partite delle qualificazioni mondiali). La Confederazione
Sudamericana, però, aveva stabilito che una squalifica pendente doveva essere
scontata in un torneo sudamericano, così il Brasile può presentare un ricorso.
Un pensiero in più per il ct Dunga: la sua squadra è sempre più
Neymar-dipendente.
Nonostante il fiasco alla Coppa America Carlos Dunga non ha
perso il posto. Almeno per ora. L'ex centrocampista di Fiorentina, Pisa e
Pescara ha vinto 11 partite di fila - dieci amichevoli più la gara d'esordio di
Coppa America con il Perù - prima di essere battuto dalla Colombia. Al Brasile
manca anche un allenatore, visto che Dunga è stato richiamato dopo il flop del
2006 proprio come Scolari. In molti vorrebbero un ct straniero tipo Guardiola,
altri suggeriscono Sampaoli, argentino che ha portato il Cile all'inedito
titolo continentale.
La depressione che sta aleggiando sulla nazionale brasiliana
sta perfino provocando una paura matta che la squadra non riesca ad andare in
Russia 2018. Ma persino in tempi di crisi ciò sembra improbabile. In Sudamerica
le qualificazioni si giocano nel sistema di un classico campionato: le dieci
nazionali si affrontano in andata-ritorno. Le quattro prime si qualificano
direttamente, la quinta disputerà un posto al ripescaggio. Cioè, il 50% o il
40% delle nazionali sudamericane sarà in Russia. Dunque, per non arrivare a
Mosca deve perdere proprio tanto.
I GUAI FUORI DAL CAMPO - Fuori
campo la situazione è ancora peggiore. Nella retata eseguita dal FBI e dalla
polizia svizzera a maggio a Zurigo c'era José Maria Marin, ex presidente della
Confederazione Brasiliana di Calcio (CBF) e presidente del Comitato
Organizzatore del Mondiale 2014. Marin, politico del partito del governo ai
tempi della dittatura militare in Brasile, è ora in una prigione svizzera:
proverà a tutti costi di non essere estradato negli Usa.
Sull'attuale presidente della CBF, Marco Polo Del Nero, non
ci sono accuse ufficiali di convolgimento negli affari di corruzione alla Fifa
anche se secondo il quotidiano O Estado de S.Paulo, il suo nome è già nelle
indagini Usa. A giugno non è andato in Cile per la Coppa America e non si sa se
andrà a Zurigo il 20 luglio per la riunione straordinaria del Comitato
Esecutivo Fifa.
Insomma, nei tempi cupi in cui viviamo perfino la gioiosa
nazionale brasiliana sembra depressa. Speriamo si riprenda, essendo l'unico
riscatto dei poveri delle Favelas.
(Fonte: Il
Giornale)
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