il Tavolo dell'Unità
Nazionale, Mud, l'opposizione di destra, ha ottenuto 99 dei 167 seggi
dell'Assemblea Nazionale del Venezuela, contro i 46 della coalizione chavista
La rivoluzione
bolivariana tentata da Hugo Chavez in Venezuela è definitivamente terminata. Il
caudillo, che arrivò democraticamente al potere nel 1992 restandovi sempre
democraticamente fino alla morte avvenuta nel marzo 2013 (salvo una breve parentesi
di pochi giorni nel 2002 per un tentativo di golpe), non ha avuto eredi degni
del suo carisma. Il Vicepresidente Maduro che ha preso il suo posto, infatti, è
apparso subito in difficoltà e non ha mai scaldato i cuori del popolo
venezuelano. Mettici poi il tipico ostracismo delle lobby economiche nei
confronti dei governi socialisti (di cui l'esperienza di Salvador Allende resta
l'emblema), e il disfacimento è servito.
LA DESTRA AVANZA IN PARLAMENTO
- Alle ultime elezioni, il Tavolo dell'Unità Nazionale, Mud, l'opposizione di
destra, ha ottenuto 99 dei 167 seggi dell'Assemblea Nazionale del Venezuela,
contro i 46 della coalizione chavista. Restano però 22 seggi ancora da
attribuire, e il segretario del Mud, Jesus Torreabla, ha assicurato che
aumenteranno il vantaggio dell'opposizione, che si è ha già assicurata la
maggioranza semplice (84 seggi) ma potrebbe arrivare a quella qualificata
(110). Maduro resta al governo ma con un parlamento di destra. In pratica,
proprio quanto avviene nella nemica America a Obama.
Il Paese ha dovuto misurarsi con la penuria di valuta estera
che ha fatto precipitare il Paese in una crisi acuta, che ha mescolato carenza
di beni (anche per la guerra economica e il contrabbando che ha nella vicina
Colombia il suo punto di forza), iperinflazione e recessione.
La povertà, contro la quale per anni è stata condotta una
battaglia a tutto campo dalla "rivoluzione bolivariana", riguarda ben
il 25,4% dei 30,7 milioni di abitanti del Paese secondo i dati della Banca
Mondiale nel 2012.
HA PENSATO PIU' ALLA RIVOLUZIONE
LATINOAMERICANA CHE IN CASA PROPRIA - Sebbene Chavez abbia mantenuto una
larga popolarità tra i più poveri, non ha risolto i loro problemi di fondo.
Malgrado il ventennio avuto a disposizione. Eppure il Venezuela ha dalla sua
un'arma molto potente: il petrolio. E' infatti uno dei due paesi
latinoamericani membro dell'Opec, insieme all'Ecuador. Produce tre milioni di
barili al giorno di greggio, secondo le cifre ufficiali, ma l'Opec stima la sua
produzione a 2,3 milioni di barili. Non si può negare che la povertà critica è
scesa in Venezuela grazie alle cosiddette "missioni" attraverso le
quali briciole della ricchezza petrolifera sono cadute sui ranchos che punteggiano le falde delle montagne che
circondano Caracas ed altre grandi città del paese.
Ma la maggior parte del miliardo di dollari entrati al paese
nei 14 anni anni di governo chavista, che non si riflettono in opere concrete,
probabilmente saranno andati ad ingrossare i conti all’estero della
nomenklatura, o sono stati donati a paesi come Cuba, Bolivia, Nicaragua,
Ecuador, Argentina, Uruguay, ecc. per propagandare il “socialismo del secolo
XXI”. La mania di volere emulare il grande Simon Bolivar ha spinto Chávez a
guardare più verso fuori che a risolvere i problemi economici e sociali del
paese, circondandosi all’interno di seguaci acritici anziché di amministratori
capaci e preparati. all’inizio, quando non era ancora chiaro il concetto di
“socialismo” che predicava, e tutti pensavamo che volesse seguire i passi della
Bachelet in Cile o di Lula in Brasile. Quando invece vende l’anima a Fidel e
comincia a perseguitare la dissidenza, a incarcerare innocenti che gli facevano
ombra, a sequestare i poteri dello Stato, a distruggere le imprese produttive,
allora si è capito che la parvenza “democratica” gli serviva solo come un
pretesto verso il mondo per giustificare la propria legittimità. Grazie alle
ingenti ricchezze provenienti dal petrolio si sostituisce la produzione locale
con importazioni di beni e servizi e si sussidiano le persone ai margini della
società con una fitta rete di distribuzione alimentare.
Ciò significa che il governo smorza la fame della povera
gente, ma non risolve i loro problemi sociali. Soprattutto perché non crea
posti di lavoro stabile e incentiva l’economia informale.
I POVERI SONO RIMASTI TALI - Durante
i 14 anni di governo non sono state costruite grandi opere d’infrastruttura per
l’industrializzazione del paese e nemmeno si sono mantenute adeguatamente
quelle esistenti. Per esempio, nonostante il privilegio di essere produttori di
petrolio e di avere fiumi di grossa portata, il sistema elettrico nazionale è
un disastro. L’industria agroalimentare, che è diventata un monopolio dello
Stato, produce appena un 40% delle necessità della popolazione, mentre il resto
s’importa.
In Venezuela da diversi anni abbiamo l’inflazione più alta
del mondo (una media di 25% all’anno) e durante i governi di Chávez il bolívar,
la moneta locale, è stata svalutata ben sei volte. I giovani talenti emigrano
verso gli Stati Uniti e l’Europa per mancanza di opportunità e per la crescente
insicurezza. Aumenta invece volutamente la burocrazia, come un “capitale”
politico che il governo gestisce alla perfezione. A che serve allora l’amore
verso i poveri se saranno destinati a rimanere sempre tali, attaccati al filo
della speranza del sussidio governativo? Certo, l’80% della popolazione (sono
statistiche ufficiali) non si addormenta con lo stomaco vuoto, ma che futuro
potrà sperare se non si creano posti di lavoro dignitosi?
Insomma, considerando che il petrolio è l’unica risorsa
sulla quale conta il paese e che Chavez ha avuto la sorte di poterlo vendere a
prezzi astronomici, può essere considerato responsabile di non aver saputo
creare le basi di un’economia diversificata forte e prospera, e di avere perso
una grande opportunità storica per incamminare il Venezuela verso uno sviluppo
sostenibile alla pari dei paesi del primo mondo.
Insomma, coi governi guidati da Chavez gli indigenti
venezuelani hanno avuto la grande occasione di cambiare vita. Invece hanno
ricevuto solo sussidi, mentre l'economia nazionale è stata stravolta senza
risvolti positivi per loro. E ora che al potere sta arrivando la destra
liberista, amica delle lobby e degli americani, per loro le cose si metteranno
di nuovo peggio.
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