LA NORMA ANNUNCIATA A CAPODANNO E' AL VAGLIO DEL CDM
Nel rituale discorso di fine anno, Matteo Renzi ha
annunciato, col suo solito stile alla Giorgio Mastrota, che il Consiglio dei
Ministri avrebbe presto messo finalmente mano alle società partecipate. Quelle
società a conduzione statale che dovrebbero gestire servizi essenziali per i
cittadini. Già, dovrebbero. Perché poi nella realtà sono soprattutto carrozzoni
per distribuire poltrone e posti di lavoro alle varie coorti degli
amministratori locali, per di più una su tre coi bilanci in rosso.
Finalmente! Ho pensato tra me e me. Poi conoscendo il
personaggio, ho preferito prima fare un giro sul web per capirne eventuali
eccezioni e limiti. Le quali di fatto puntualmente non mancano. Ma partiamo
dalle tante cose positive, per non essere additati come i soliti gufi.
STRETTA SULLE POLTRONE - Partiamo
dalla stretta sulle poltrone. Ci sarà un abbandono dei consigli di
amministrazione: le oltre 7.700 aziende partecipate da Stato ed enti locali,
comprese Anas, Consip e Invitalia. Del resto, si sa, a Renzi piace un uomo solo
al comando che gestisca un'azienda o una scuola.
Tra le altre novità c’è poi anche il fatto che potranno
ufficialmente fallire (oggi la normativa non è chiara su questo punto) e che
quelle che per tre anni non depositano i bilanci saranno cancellate dal
registro delle imprese. Tutte le amministrazioni dovranno comunque fare ogni
anno un censimento delle loro partecipazioni e presentare un piano di
razionalizzazione.
BASTA A SOCIETA' PARTECIPATE INUTILI-
Saranno inoltre fuse o soppresse, come prevede la delega varata la scorsa
estate, le aziende prive di dipendenti, quelle in perdita per quattro dei
cinque esercizi precedenti e quelle che non rientrano nella nuova definizione
di partecipata pubblica: una società che produce “un servizio di interesse
generale” o progetta e realizza opere pubbliche o è comunque “strumentale”
all’ente di riferimento. Stop, poi, agli incarichi ai pensionati e via libera
alle azioni di responsabilità per danno erariale, patrimoniale e non
patrimoniale, a carico dei manager. In più la gestione di tutte le società,
comprese quelle che fanno capo al ministero dello Sviluppo, sarà accentrata
sotto il ministero dell’Economia.
Ma l’intervento più dirompente, stando alla bozza di 18
pagine di cui dà conto il quotidiano di Largo Fochetti e che è attesa in
Consiglio dei ministri a metà gennaio, è appunto il colpo di spugna sulle
costose poltrone. Con conseguente contenimento delle spese, visto che secondo
l’ultima analisi dell’ufficio studi di Mediobanca lo stipendio medio di chi
ricopre posizioni apicali nei cda supera i 40mila euro l’anno, con picchi di
52.202 euro negli enti gestiti dalle regioni. Tuttavia il premier Matteo Renzi
nella conferenza stampa di fine anno ha chiarito che l’intervento non porterà
“grandi risparmi, ma soprattutto un miglioramento dei servizi“. Questo anche
perché nella platea delle aziende che si vedranno azzerare i cda sono comprese Sogei,
Invimit, il Gse e Sogin.
Per gli emolumenti dei manager è prevista comunque una nuova
stretta dopo il tetto di 240mila euro fissato nel 2014: dovranno essere
“proporzionati alla qualificazione professionale e all’impegno di lavoro
richiesto, nonché alla dimensione dell’impresa”. La parte variabile della
retribuzione dovrà essere inoltre “commisurata ai risultati di bilancio
raggiunti nell’esercizio precedente” e potrà essere azzerata se sono negativi.
I dettagli sono però rimandati a un successivo decreto della presidenza del
Consiglio.
Per costituire nuove partecipate, infine, sarà obbligatorio
avere il via libera della Corte dei Conti a cui bisognerà inviare un atto con
tanto di relazione tecnica che motivi le finalità istituzionali. Anche
l’Antitrust dovrà dare il proprio parere.
ESCLUSE QUELLE QUOTATE IN BORSA E POSSIBILITA' DI ECCEZIONI - Fin qui tutto bene, dunque. Basta a partecipate costruite
''ad hoc'' a spese dei cittadini per le ragioni descritte nell'incipit. Ma la
stretta non riguarderà tutte le partecipate. Sono escluse le grandi partecipate
statali quotate in Borsa, come Eni, Enel e Poste, ma pure Enav, Ferrovie dello
Stato e la Rai. In più Palazzo Chigi potrà escludere “per decreto” e a sua
discrezione singole società dall’applicazione delle nuove norme.
Evidentemente
il Governo si riserva il diritto di salvare qualche partecipata di qualche
amico di amici. Mica volevate proprio tutto?
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