REGIA DI RYAN COOGLER, RACCONTA LA VITA DEL FIGLIO DI
APOLLO, NATO DA UNA RELAZIONE EXTRACONIUGALE
Per i tanti nati tra gli anni '70 e '80 cresciuti col mito
di Rocky Balboa, viene sempre da chiedersi che senso abbia fare un nuovo film
avente come protagonista il campione della boxe originario di Philadelphia. Se
lo sono chiesti già dieci anni fa, e figurarsi se non lo hanno fatto anche
adesso. Eppure, alla fine, la curiosità c'è sempre. Un misto di nostalgia per
tempi andati e passione per il cinema. E dopo averlo guardato con lo
scetticismo dovuto, ti accorgi che in fondo il risultato finale è tutto sommato
credibile.
TRAMA - Sì, certo. Creed è
tecnicamente considerato uno "spin-off" della famosa saga. Ma per i
fan si tratta sempre e comunque di Rocky VII. Perchè, sebbene sempre
tecnicamente venga definito un "attore non protagonista", Sylvester
Stallone interpreta comunque Rocky e ha un ruolo tutt'altro che irrilevante.
Poi ti accorgi che in sala ci sono tanti adolescenti. E allora ti rendi conto
che il risultato finale non è solo credibile ai tuoi occhi di adulto, ma è
anche riuscito.
Il protagonista, Adonis Creed, è figlio di Apollo. Ma nato
da una relazione extraconiugale. Sebbene la moglie abbia deciso di prenderlo
con sé sottraendolo dalla bruttura di un orfanotrofio, dato che Adonis non ha
mai conosciuto il padre e ha perso la madre da piccolo. Nonostante sia un
brillante impiegato, Adonis ha la passione della boxe nel sangue e combatte in
Messico in incontri semi-clandestini. Ma vuole dedicarsi seriamente a questa
professione, al punto da mettersi sulle tracce di Rocky, fino a convincerlo di
allenarlo. Ma anche Stallone dovrà combattere un incontro, ben più gravoso.
RECENSIONE - Dopo un primo
film quanto mai attuale dedicato a un giovane nero ucciso da un poliziotto
senza una ragione, Ryan Coogler torna a parlare di neri e riscatto. Ma
scomodando il mito di Rocky. Sebbene non manchino passaggi pomposi (comunque
tipici della serie) e semplificati (Adonis in quattro e quattrotto si
trasferisce, si fidanza e sfida il campione del mondo), il film è coinvolgente
e gradevole. Ben abbina due generazioni diverse, molto più di quanto avevano
fatto Rocky V e Rocky Balboa.
Un ottimo Stallone, dimesso, drammatico. Che ha finalmente
smesso i panni ridicoli del vecchietto che gioca ancora con armi, muscoli o
appunto guantoni. Dunque più vero. Che ha perso i suoi affetti più cari: la
moglie già morta da tempo, il cognato Paulie morto qualche anno fa, un figlio
che convive in Canada e che vede raramente. E dunque, anche la voglia di
combattere e vivere. Così come credibile è la storia di Adonis, che rimette in
luce anche il mito di Apollo, personaggio liquidato nel quarto capitolo sotto i
colpi spietati di Ivan Drago.
Insomma, a chi si chiede: questo film ha senso? Si potrebbe
tutto sommato rispondere di sì.
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