Benché siano passati 34 anni dal suo ultimo film (“Complotto di famiglia” del 1976), il regista inglese Alfred Hitchcock, non solo resta il Re indiscusso del genere cinematografico giallo, ma non ha avuto altresì degni allievi o successori che continuassero quanto da lui “insegnato”.
Nato a Londra nel 1899, dopo aver studiato presso una scuola di gesuiti, si iscrisse alla facoltà di ingegneria e al cinema arrivò come disegnatore di titoli, rivelando subito una notevole attitudine, tanto da diventare capo ufficio della succursale inglese della “Famous Players-Lasky”. Ebbe l'occasione di misurarsi nell'aiuto-regia con “Always Tell Your Wife” (1921) diretto da S. Hicks, e subito dopo passò alla regia con “Numero tredici” (1922), di cui fu anche produttore in società con l'attrice C. Greet. In seguito, per alcuni anni lavorò come aiuto di G. Cutts, alle dipendenze del produttore M. Balcon. Quest'ultimo alla fine lo impose come regista per due coproduzioni da girare in Germania, “Il labirinto della passione” (1925) e “L’aquila della montagna” (1926). Ma è con “Il pensionante - Una storia nella nebbia di Londra” (1926) che cominciò a mettere a fuoco la cifra che diventerà inconfondibile in quasi tutti i suoi film successivi: un'atmosfera carica di tensione, di insostenibile attesa, di paura e di pathos. Si confermò poi con “Blackmail” (1929), girato ancora muto e subito dopo sonorizzato senza apparenti dissonanze, non perdendo cioè quelle atmosfere thrilling.
Da allora, mise a segno una serie di film di successo, ognuno con proprie peculiarità e spunti interessanti, per non parlare dei capolavori. Dall’inizio della sua carriera come regista (come detto 1925) fino alla data della sua morte (1980) ha girato ben 57 film (escludendo i “corti” prodotti per la tv dal nome “Alfred Hitchcock presents”, con una media (anche leggermente superiore) di un film all’anno.
Tra gli anni ’30 e ’40 alternò magistrali film gialli con quelli di spionaggio: “Omicidio” (1930), “L'uomo che sapeva troppo” (1934) di cui farà un remake di gran successo nel 1956, “Giovane e innocente” (1937), “Il club dei trentanove” (1935), “Sabotaggio” (1936), “La signora scompare” (1938), “Rebecca - la prima moglie” (1940) che fu il primo film di Hitchcock passato a Hollywood data la crisi del cinema britannico a causa della seconda guerra mondiale, “Il prigioniero di Amsterdam” (1940), “Il sospetto” (1941), “Sabotatori” (1942), “L'ombra del dubbio” (1943), “Prigionieri dell'Oceano” (1944), “Io ti salverò” (1945), “Notorious - L'amante perduta” (1946), “Il caso Paradine” (1947), “Nodo alla gola” (noto anche con il titolo di “Cocktail per un cadavere”, 1948). In questi film Hitchcock mette in atto la propria maestria di saper da un lato proporre film ricchi di suspance e veri trhiller psicologici, e dall’altro proporre storie di intrighi internazionali spiegati con semplicità e facile comprensione anche dallo spettatore meno avvezzo a tale genere.
Gli anni ’50 iniziano in tono minore rispetto a quello cui aveva abituato il pubblico: “Il peccato di Lady Considine” (1949), “Paura in palcoscenico” (1950), “Io confesso” (1953), “L'altro uomo” (1951, conosciuto anche come “Delitto per delitto”) e “Il delitto perfetto” (1954); sebbene questi ultimi due possono essere annoverati come vere lezioni per cineasti del genere giallo in erba.
Questi film precedono uno dei capolavori del regista inglese: “La finestra sul cortile”, del 1954, una storia tratta da un racconto di C. Woolrich. Seguiranno un poliziesco, “Caccia al ladro” (1955) e un cinico “La congiura degli innocenti”. Arrivarono poi “Il ladro” (1956), ma soprattutto un altro capolavoro di Hitchcock: “La donna che visse due volte” (1958), uno dei film in cui sir Alfred mise in evidenza tutta la propria genialità e capacità di spiazzare lo spettatore. Chiuderà gli anni ’50 un altro film di spionaggio, “Intrigo internazionale”, opera che chiuse con un film di spionaggio, a tratti un po’ banale ed eccessivamente pomposo, un decennio all’insegna del giallo e del thriller.
Gli anni ’60 si aprono alla grande, con un altro grande capolavoro di Hitchcock e se permettete, tra i suoi il mio film preferito: “Psycho” (1960). Un thriller inquietante, con un geniale colpo di scena finale; la scena della cabina della doccia ha inquietato per anni gli spettatori e la macabra musichetta di sottofondo che l’accompagna è diventata un cult. Un film capace di inquietare e affascinare ancora oggi, era dei facili effetti speciali, figuriamoci allora.
In seguito arrivò “Gli uccelli” (1963), uno dei film più famosi di Hitchcock, che a molti avrà fatto detestare e temere i pur docili esserini volatili. Con “Marnie” (1964) il regista riesce ancora a proporre un film dalla storia appassionante, mentre a partire dalla seconda metà anni ’60 e per tutti gli anni ’70, si denota un (umano) calo della sua verve creativa, con temi ormai già visti e una modernità che proprio non gli si addice: “Il sipario strappato” (1966), “Topaz” (1969), “Frenzy” (1972) e “Complotto di famiglia” (1976).
Di Hitchcock ho visto circa la metà dei suoi film, un numero notevole considerando la gran mole delle sue produzioni; quanto basta per poter ribadire quanto detto ad inizio post: resta il Re indiscusso del genere cinematografico giallo, senza degni allievi o successori.
(Fonte: http://www.mymovies.it/biografia/?r=414)
Nato a Londra nel 1899, dopo aver studiato presso una scuola di gesuiti, si iscrisse alla facoltà di ingegneria e al cinema arrivò come disegnatore di titoli, rivelando subito una notevole attitudine, tanto da diventare capo ufficio della succursale inglese della “Famous Players-Lasky”. Ebbe l'occasione di misurarsi nell'aiuto-regia con “Always Tell Your Wife” (1921) diretto da S. Hicks, e subito dopo passò alla regia con “Numero tredici” (1922), di cui fu anche produttore in società con l'attrice C. Greet. In seguito, per alcuni anni lavorò come aiuto di G. Cutts, alle dipendenze del produttore M. Balcon. Quest'ultimo alla fine lo impose come regista per due coproduzioni da girare in Germania, “Il labirinto della passione” (1925) e “L’aquila della montagna” (1926). Ma è con “Il pensionante - Una storia nella nebbia di Londra” (1926) che cominciò a mettere a fuoco la cifra che diventerà inconfondibile in quasi tutti i suoi film successivi: un'atmosfera carica di tensione, di insostenibile attesa, di paura e di pathos. Si confermò poi con “Blackmail” (1929), girato ancora muto e subito dopo sonorizzato senza apparenti dissonanze, non perdendo cioè quelle atmosfere thrilling.
Da allora, mise a segno una serie di film di successo, ognuno con proprie peculiarità e spunti interessanti, per non parlare dei capolavori. Dall’inizio della sua carriera come regista (come detto 1925) fino alla data della sua morte (1980) ha girato ben 57 film (escludendo i “corti” prodotti per la tv dal nome “Alfred Hitchcock presents”, con una media (anche leggermente superiore) di un film all’anno.
Tra gli anni ’30 e ’40 alternò magistrali film gialli con quelli di spionaggio: “Omicidio” (1930), “L'uomo che sapeva troppo” (1934) di cui farà un remake di gran successo nel 1956, “Giovane e innocente” (1937), “Il club dei trentanove” (1935), “Sabotaggio” (1936), “La signora scompare” (1938), “Rebecca - la prima moglie” (1940) che fu il primo film di Hitchcock passato a Hollywood data la crisi del cinema britannico a causa della seconda guerra mondiale, “Il prigioniero di Amsterdam” (1940), “Il sospetto” (1941), “Sabotatori” (1942), “L'ombra del dubbio” (1943), “Prigionieri dell'Oceano” (1944), “Io ti salverò” (1945), “Notorious - L'amante perduta” (1946), “Il caso Paradine” (1947), “Nodo alla gola” (noto anche con il titolo di “Cocktail per un cadavere”, 1948). In questi film Hitchcock mette in atto la propria maestria di saper da un lato proporre film ricchi di suspance e veri trhiller psicologici, e dall’altro proporre storie di intrighi internazionali spiegati con semplicità e facile comprensione anche dallo spettatore meno avvezzo a tale genere.
Gli anni ’50 iniziano in tono minore rispetto a quello cui aveva abituato il pubblico: “Il peccato di Lady Considine” (1949), “Paura in palcoscenico” (1950), “Io confesso” (1953), “L'altro uomo” (1951, conosciuto anche come “Delitto per delitto”) e “Il delitto perfetto” (1954); sebbene questi ultimi due possono essere annoverati come vere lezioni per cineasti del genere giallo in erba.
Questi film precedono uno dei capolavori del regista inglese: “La finestra sul cortile”, del 1954, una storia tratta da un racconto di C. Woolrich. Seguiranno un poliziesco, “Caccia al ladro” (1955) e un cinico “La congiura degli innocenti”. Arrivarono poi “Il ladro” (1956), ma soprattutto un altro capolavoro di Hitchcock: “La donna che visse due volte” (1958), uno dei film in cui sir Alfred mise in evidenza tutta la propria genialità e capacità di spiazzare lo spettatore. Chiuderà gli anni ’50 un altro film di spionaggio, “Intrigo internazionale”, opera che chiuse con un film di spionaggio, a tratti un po’ banale ed eccessivamente pomposo, un decennio all’insegna del giallo e del thriller.
Gli anni ’60 si aprono alla grande, con un altro grande capolavoro di Hitchcock e se permettete, tra i suoi il mio film preferito: “Psycho” (1960). Un thriller inquietante, con un geniale colpo di scena finale; la scena della cabina della doccia ha inquietato per anni gli spettatori e la macabra musichetta di sottofondo che l’accompagna è diventata un cult. Un film capace di inquietare e affascinare ancora oggi, era dei facili effetti speciali, figuriamoci allora.
In seguito arrivò “Gli uccelli” (1963), uno dei film più famosi di Hitchcock, che a molti avrà fatto detestare e temere i pur docili esserini volatili. Con “Marnie” (1964) il regista riesce ancora a proporre un film dalla storia appassionante, mentre a partire dalla seconda metà anni ’60 e per tutti gli anni ’70, si denota un (umano) calo della sua verve creativa, con temi ormai già visti e una modernità che proprio non gli si addice: “Il sipario strappato” (1966), “Topaz” (1969), “Frenzy” (1972) e “Complotto di famiglia” (1976).
Di Hitchcock ho visto circa la metà dei suoi film, un numero notevole considerando la gran mole delle sue produzioni; quanto basta per poter ribadire quanto detto ad inizio post: resta il Re indiscusso del genere cinematografico giallo, senza degni allievi o successori.
(Fonte: http://www.mymovies.it/biografia/?r=414)
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