Dopo alcuni giorni di agonia al Policlinico Gemelli, si è spento a 82 anni Francesco Cossiga, custode, insieme a Andreotti, di molti segreti di Stato. Si era guadagnato il nomignolo di “picconatore” per le sue frecciatine e polemiche, da Presidente della Repubblica, nei confronti della politica italiana, e perché spesso ha respinto, con tanto di correzioni, decreti a lui sottoposti per la promulgazione.
Cossiga nel corso della sua vita ha bruciato sempre le tappe, con una carriera politica al bruciapelo: diplomatosi a soli 16 anni, iniziò ad occuparsi di politica a 17 anni diventando deputato a 30 anni nelle file della Democrazia cristiana di Sassari (1958). Dopo 8 anni, a meno di 40 anni, divenne già Sottosegretario alla Difesa del terzo Governo Moro; dieci anni dopo, nel 1976, venne eletto Ministro degli interni nei difficili “anni di piombo” e dello stragismo terrorista.
Dopo il tragico “caso Moro” e le conseguenti dimissioni (di cui parlerò in seguito), appena un anno dopo fu eletto Presidente del Consiglio; aveva “solo” 51 anni. Vi durò però solo un anno. Ma la sua carriera politica dovette aspettare appena 5 anni per fregiarsi di un nuovo incarico di rilievo: nel 1985 fu eletto Presidente della Repubblica, con un elezione lampo (appena un’ora e 52 minuti di scrutinio) e quasi plebiscitaria: 752 voti su 977 provenienti da Dc, Pci, Psi, Pri, Pli, Psdi e sinistra indipendente. E’ il Presidente della Repubblica italiana più giovane della storia: 57 anni. E visto come va la politica italiana oggi, penso che manterrà ancora per un bel po’ questo record.
Si dimise poco prima della scadenza del suo mandato, con un discorso televisivo che tenne simbolicamente il 25 aprile 1992; la scelta fu legata allo scoppio dello scandalo di Tangentopoli, e Cossiga ritenne di dimettersi perché il Parlamento che veniva accusato di tale sistema di corruzione era lo stesso che lo aveva scelto.
L’arrivo della Seconda Repubblica e l’età che avanzava, non hanno di certo fermato la sua caparbietà politica: nel febbraio del 1998, diede vita ad una nuova formazione politica, l'UDR (Unione Democratica per la Repubblica), con l'intenzione di costituire un'alternativa di centro e ricompattare le forze ex-democristiane; forza politica che visse per un solo anno, quando la maggior parte dei componenti aderirono all'UDEUR di Clemente Mastella. La vita breve di quella formazione politica fu fondamentale per la nascita del Governo D’Alema nel ’98, dopo la caduta del primo Governo Prodi. Da Senatore a vita, ha appoggiato sia i Governi Berlusconi che quelli guidati da Prodi.
Oltre a questa invidiabile carriera politica, Cossiga si è contraddistinto per vari scandali, alcuni anche gravi, che però non hanno minimamente sfiorato, come visto, l’incedere della sua carriera:
- Quando è stato Sottosegretario alla Difesa, è stato chiamato a sovrintendere l’organizzazione “Gladio”, un’organizzazione clandestina italiana formata prevalentemente da volontari, parallela ai Servizi Segreti e facente parte, informalmente, con altre organizzazioni analoghe, del sistema di difesa dei paesi occidentali negli anni della Guerra Fredda. Essa venne alla luce solo nel 1990; la sua esistenza fu giustificata come intesa a reagire ad un’eventuale ascesa al potere dei partiti comunisti e ad organizzare la resistenza in caso di invasione del Paese da parte degli eserciti del blocco orientale. Poi, con la caduta del muro di Berlino, che simbolicamente segnò la fine del Regime Sovietico, essa non ebbe più ragion d’essere.
- Da Ministro degli interni, in soli 2 anni, si fa notare per la sua rigidità che sfociò nella tragedia: nel 1977 Cossiga rispose alle proteste del mondo studentesco di Bologna mandando veicoli blindati (nelle colluttazioni morirono anche 2 ragazzi); il suo "pugno duro" lo rese il bersaglio delle proteste dei manifestanti che iniziarono a storpiare il suo cognome con una kappa iniziale ed usando la doppia esse simile a quella delle “SS” naziste. Nel 2008, quando erano esplose le proteste degli universitari contro la “riforma Moratti”, suggerì a Maroni di fare come aveva fatto lui in quel periodo: lasciare sfogare le manifestazioni studentesche per far sì che la gente acclami un intervento forte dello Stato; a quel punto le forze dell’ordine sono autorizzate a reprimere la rivolta: «(…) il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di Polizia e Carabinieri. Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli».
Nel 1978 è tra i sostenitori della linea dura contro le Br nel caso Moro, portando quest’ultimo alla morte. Forse Moro, che auspicava un’alleanza tra Dc e Pci, era un personaggio scomodo per molti esponenti politici, tra cui appunto Cossiga, allora Ministro degli interni, e Giulio Andreotti, Presidente del Consiglio. In un'intervista rilasciata al giornalista Paolo Guzzanti confessò: «Se ho i capelli bianchi e le macchie sulla pelle è per questo; perché mentre lasciavamo uccidere Moro, me ne rendevo conto. Perché la nostra sofferenza era in sintonia con quella di Moro».
- Nel 1990, con queste parole sprezzanti e riduttive del valore del suo lavoro, così parlava di Rosario Livatino, giovane magistrato che ebbe discreti successi nella lotta alla Mafia: «Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l'azione penale a diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a nessuno? (…) Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un'autentica sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno l'amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta».
Rosario Livatino fu assassinato dalla Mafia il 21 settembre 1990.
-Sempre nel ’90 il CIIS (Comitato Interministeriale per l’Informazione e la Sicurezza) di cui Cossiga era Presidente, in qualità di Presidente della Repubblica, liquidò il caso Ustica come attentato per opera dell’estrema destra, senza ulteriori approfondimenti su possibili implicazioni dell’aeronautica italiana (mancano le registrazioni, guarda caso, proprio di alcune ore precedenti e successive alla tragedia) che invece sono emerse negli anni successivi. Proprio negli ultimi tempi, Cossiga aveva avanzato sospetti su possibili implicazioni degli Usa e della Francia nella vicenda, all’epoca occultate e stigmatizzate. Si è reso probabilmente complice e protagonista di un altro mistero italiano, che senza dubbi etichetto come vergogna nostrana.
Sempre in materia di stragismo, ritenne che la strage alla Stazione di Bologna non era stata compiuta dalla matrice eversiva di estrema destra.
Cossiga porta con sé tanti misteri, che avrebbero, se emersi in tempo utile, risolto molti casi italiani, e alleviato lo strazio di tanti italiani in essi coinvolti. Un personaggio ambiguo: ora attivista clandestino, ora duro difensore dell’ordine pubblico; ora omertoso silente, ora sputa-sentenze picconatore.
A me sinceramente, non mancherà. Per noi giovani non è certo un esempio da seguire. O almeno per quelli che non guardano solo al potere e alla carriera, anche al costo di coprire e tacere certe nefandezze.
(Fonti: La Stampa, “Le stragi dimenticate” di Luca Scialò)
Cossiga nel corso della sua vita ha bruciato sempre le tappe, con una carriera politica al bruciapelo: diplomatosi a soli 16 anni, iniziò ad occuparsi di politica a 17 anni diventando deputato a 30 anni nelle file della Democrazia cristiana di Sassari (1958). Dopo 8 anni, a meno di 40 anni, divenne già Sottosegretario alla Difesa del terzo Governo Moro; dieci anni dopo, nel 1976, venne eletto Ministro degli interni nei difficili “anni di piombo” e dello stragismo terrorista.
Dopo il tragico “caso Moro” e le conseguenti dimissioni (di cui parlerò in seguito), appena un anno dopo fu eletto Presidente del Consiglio; aveva “solo” 51 anni. Vi durò però solo un anno. Ma la sua carriera politica dovette aspettare appena 5 anni per fregiarsi di un nuovo incarico di rilievo: nel 1985 fu eletto Presidente della Repubblica, con un elezione lampo (appena un’ora e 52 minuti di scrutinio) e quasi plebiscitaria: 752 voti su 977 provenienti da Dc, Pci, Psi, Pri, Pli, Psdi e sinistra indipendente. E’ il Presidente della Repubblica italiana più giovane della storia: 57 anni. E visto come va la politica italiana oggi, penso che manterrà ancora per un bel po’ questo record.
Si dimise poco prima della scadenza del suo mandato, con un discorso televisivo che tenne simbolicamente il 25 aprile 1992; la scelta fu legata allo scoppio dello scandalo di Tangentopoli, e Cossiga ritenne di dimettersi perché il Parlamento che veniva accusato di tale sistema di corruzione era lo stesso che lo aveva scelto.
L’arrivo della Seconda Repubblica e l’età che avanzava, non hanno di certo fermato la sua caparbietà politica: nel febbraio del 1998, diede vita ad una nuova formazione politica, l'UDR (Unione Democratica per la Repubblica), con l'intenzione di costituire un'alternativa di centro e ricompattare le forze ex-democristiane; forza politica che visse per un solo anno, quando la maggior parte dei componenti aderirono all'UDEUR di Clemente Mastella. La vita breve di quella formazione politica fu fondamentale per la nascita del Governo D’Alema nel ’98, dopo la caduta del primo Governo Prodi. Da Senatore a vita, ha appoggiato sia i Governi Berlusconi che quelli guidati da Prodi.
Oltre a questa invidiabile carriera politica, Cossiga si è contraddistinto per vari scandali, alcuni anche gravi, che però non hanno minimamente sfiorato, come visto, l’incedere della sua carriera:
- Quando è stato Sottosegretario alla Difesa, è stato chiamato a sovrintendere l’organizzazione “Gladio”, un’organizzazione clandestina italiana formata prevalentemente da volontari, parallela ai Servizi Segreti e facente parte, informalmente, con altre organizzazioni analoghe, del sistema di difesa dei paesi occidentali negli anni della Guerra Fredda. Essa venne alla luce solo nel 1990; la sua esistenza fu giustificata come intesa a reagire ad un’eventuale ascesa al potere dei partiti comunisti e ad organizzare la resistenza in caso di invasione del Paese da parte degli eserciti del blocco orientale. Poi, con la caduta del muro di Berlino, che simbolicamente segnò la fine del Regime Sovietico, essa non ebbe più ragion d’essere.
- Da Ministro degli interni, in soli 2 anni, si fa notare per la sua rigidità che sfociò nella tragedia: nel 1977 Cossiga rispose alle proteste del mondo studentesco di Bologna mandando veicoli blindati (nelle colluttazioni morirono anche 2 ragazzi); il suo "pugno duro" lo rese il bersaglio delle proteste dei manifestanti che iniziarono a storpiare il suo cognome con una kappa iniziale ed usando la doppia esse simile a quella delle “SS” naziste. Nel 2008, quando erano esplose le proteste degli universitari contro la “riforma Moratti”, suggerì a Maroni di fare come aveva fatto lui in quel periodo: lasciare sfogare le manifestazioni studentesche per far sì che la gente acclami un intervento forte dello Stato; a quel punto le forze dell’ordine sono autorizzate a reprimere la rivolta: «(…) il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di Polizia e Carabinieri. Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli».
Nel 1978 è tra i sostenitori della linea dura contro le Br nel caso Moro, portando quest’ultimo alla morte. Forse Moro, che auspicava un’alleanza tra Dc e Pci, era un personaggio scomodo per molti esponenti politici, tra cui appunto Cossiga, allora Ministro degli interni, e Giulio Andreotti, Presidente del Consiglio. In un'intervista rilasciata al giornalista Paolo Guzzanti confessò: «Se ho i capelli bianchi e le macchie sulla pelle è per questo; perché mentre lasciavamo uccidere Moro, me ne rendevo conto. Perché la nostra sofferenza era in sintonia con quella di Moro».
- Nel 1990, con queste parole sprezzanti e riduttive del valore del suo lavoro, così parlava di Rosario Livatino, giovane magistrato che ebbe discreti successi nella lotta alla Mafia: «Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l'azione penale a diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a nessuno? (…) Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un'autentica sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno l'amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta».
Rosario Livatino fu assassinato dalla Mafia il 21 settembre 1990.
-Sempre nel ’90 il CIIS (Comitato Interministeriale per l’Informazione e la Sicurezza) di cui Cossiga era Presidente, in qualità di Presidente della Repubblica, liquidò il caso Ustica come attentato per opera dell’estrema destra, senza ulteriori approfondimenti su possibili implicazioni dell’aeronautica italiana (mancano le registrazioni, guarda caso, proprio di alcune ore precedenti e successive alla tragedia) che invece sono emerse negli anni successivi. Proprio negli ultimi tempi, Cossiga aveva avanzato sospetti su possibili implicazioni degli Usa e della Francia nella vicenda, all’epoca occultate e stigmatizzate. Si è reso probabilmente complice e protagonista di un altro mistero italiano, che senza dubbi etichetto come vergogna nostrana.
Sempre in materia di stragismo, ritenne che la strage alla Stazione di Bologna non era stata compiuta dalla matrice eversiva di estrema destra.
Cossiga porta con sé tanti misteri, che avrebbero, se emersi in tempo utile, risolto molti casi italiani, e alleviato lo strazio di tanti italiani in essi coinvolti. Un personaggio ambiguo: ora attivista clandestino, ora duro difensore dell’ordine pubblico; ora omertoso silente, ora sputa-sentenze picconatore.
A me sinceramente, non mancherà. Per noi giovani non è certo un esempio da seguire. O almeno per quelli che non guardano solo al potere e alla carriera, anche al costo di coprire e tacere certe nefandezze.
(Fonti: La Stampa, “Le stragi dimenticate” di Luca Scialò)
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