SECONDO L’ISS SONO 44
LE CITTA’ ALTAMENTE INQUINATE, DOVE LA GENTE MUORE E DOVE IL TASSO DI TUMORI
DOVUTI A FATTORI AMBIENTALI È ALTISSIMO
Il progetto Sentieri - acronimo di Studio Epidemiologico
Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento –
promosso dall’Istituto superiore della Sanità. ha analizzato la situazione
sanitaria di 44 delle 55 località altamente inquinate ribattezzate Sin, cioè
"Siti di bonifica di interesse nazionale". Ossia, quelle più
preoccupanti e in cui, nella maggior parte dei casi, purtroppo gli interventi
di risanamento sono tutt'altro che di pronta attuazione. Esiste una cartina,
ben definita, dell'Italia malata. Dopo decenni l’eredità lasciata dall’inquinamento
industriale degli anni 50-70 è molto pesante. Migliaia le vittime (10mila in
più rispetto alla media in soli 8 anni) e a bonificare sono in pochi,
pochissimi.
Vediamo di seguito le cause principali dell’alta mortalità,
i dati inquietanti e le zone maggiormente interessate.
LE CAUSE DELL’ALTA MORTALITA’ - Quindici aree al
sud, ventuno al nord e otto al centro. La mappa dei siti più pericolosi
fotografa un'Italia malata, in cui cittadini rischiano di morire solo perché
vivono vicino a fonti di emissioni pericolose: dall'amianto alla diossina.
Respirano, mangiano prodotti della loro terra, coltivano. Ma tutto è veleno, e
loro non lo sanno. Numeri impressionanti: un decimo della popolazione soffre
dell'eredità pesante dell'industrializzazione selvaggia.
Siamo malati per le industrie insalubri e discariche
abusive, costruite anche accanto ai centri abitati (è il caso di Taranto, dove
l'Ilva confina con il quartiere Tamburi e dove i bimbi muoiono per la
diossina). L’Italia avvelenata dall’amianto e dalla diossina da troppi anni
aspetta di essere risanata, ma nessuno fa nulla.
E' il più nascosto del veleni. Si cela ovunque: dalle
tubature, alle rotaie ai rivestimenti di tetti e garage. E' l'amianto, il
killer silenzioso che miete circa 3.000 vittime ogni anno in Italia, 1.200 per
mesotelioma, il tumore "marker" di esposizione a questo minerale.
L'impiego dell'amianto e' stato bandito dal nostro Paese da quasi 20 anni ma ne
restano nell'ambiente 5 quintali per ogni cittadino, 32 milioni di tonnellate.
Il problema dello smaltimento è uno dei più attuali e preoccupa gli oncologi.
"Va assolutamente evitata la manipolazione di questo minerale, che deve
essere rimosso da personale specializzato. Purtroppo il livello di rischio è
ancora sotto percepito dalla popolazione mentre è scientificamente dimostrata
la sua pericolosità e il suo potenziale cancerogeno, pari a quello del
fumo" spiegano il prof. Giorgio Scagliotti, Responsabile delle Malattie
dell'Apparato Respiratorio del San Luigi di Orbassano (Torino) e il prof.
Carmine Pinto, Segretario Nazionale dell'Associazione Italiana di Oncologia
Medica (AIOM) - Oncologo Medico del Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna,
Presidenti della II Consensus Conference sul mesotelioma.
I DATI - Esaminando le statistiche di mortalità di
queste aree (per un totale di 298 comuni con 5,5 milioni di abitanti) nel
periodo 1995-2002 lo studio ha riscontrato un eccesso di mortalità rispetto
alle medie regionali: 10mila morti in più in otto anni (di cui, va specificato,
8.933 nel sud Italia) rispetto al numero atteso se si considerano tutte le
cause di morte. Cifra che scende a 3.508 decessi se si considerano invece solo
le malattie più chiaramente riconducibili al fatto di vivere vicino a impianti
siderurgici e petrolchimici, raffinerie, inceneritori, discariche, porti, cave
di amianto e miniere.
Il caso più palese è
rappresentato dalle 416 morti in eccesso per tumore alla pleura nei siti
contaminati da amianto, per la presenza di cave di estrazione del minerale o di
impianti di lavorazione (Balangero, Casale Monferrato, Broni, i dintorni dello
stabilimento Fibronit di Bari, Biancavilla, Massa Carrara, Priolo, Pitelli e
alcuni comuni lungo il litorale vesuviano).
I CASI DRAMMATICI DI TARANTO, PORTO TORRES E GELA - Drammatica la situazione nei pressi delle
raffinerie di Porto Torres e Gela, delle acciaierie di Taranto, delle miniere
del Sulcis-Iglesiente e della chimica di Porto Marghera, zone in cui è stato
rilevato un aumento significativo di mortalità per tumore al polmone e malattie
respiratorie non tumorali. O i decessi in più per insufficienza renale e altre
malattie del sistema urinario alle emissioni di metalli pesanti, composti
alogenati e idrocarburi degli stabilimenti di Piombino, Massa Carrara,
Orbetello o la bassa valle del fiume Chienti. Solo a Taranto, per fare un
esempio, il tasso di tumori per fattori ambientali è aumentato del 40%. E c'è
anche un discreto aumento di decessi legati a malformazioni congenite associato
all'inquinamento da metalli pesanti e altre sostanze a Massa Carrara,
Falconara, Milazzo e Porto Torres.
Patologie che colpiscono indiscriminatamente tutta la
popolazione, non solo gli operai che hanno lavorato nelle industrie interessate
dallo studio: "Per quasi tutte le malattie considerate – spiega, infatti,
l'autrice di Sentieri Roberta Pirastu, della Sapienza di Roma - la mortalità ha
riguardato sia gli uomini sia le donne e tutte le classi d'età. Tutta la
popolazione quindi è stata più o meno interessata dalla contaminazione
diffusa".
PIEMONTE PRIMATO NEGATIVO - Il Piemonte detiene un triste primato (circa
200 nuovi malati l'anno) perché qui aveva sede l'Eternit, la più importante
fabbrica di manufatti in cemento-amianto che abbia mai operato sul territorio
nazionale. Il tema dei risarcimenti e della tutela dei diritti è di stretta
attualità: il "processo Eternit" è tuttora in corso con oltre 6.000
parti civili coinvolte. "Siamo tutti esposti al rischio ma certamente gli
ex lavoratori degli stabilimenti che producevano o trattavano amianto rappresentano
la fascia più vulnerabile. Oggi i nostri sforzi sono tesi a capire quale sia la
miglior sorveglianza possibile per queste persone - spiegano gli esperti -. Ma
è significativa anche l'esposizione familiare: nuovi casi riguardano anche
mogli o figli entrati nel passato in contatto con questo minerale tramite gli
indumenti dei lavoratori esposti. Il periodo di latenza del mesotelioma è di
circa 20-40 anni, e per questo ci attendiamo un aumento dell'incidenza fino al
2015".
"Si tratta di una neoplasia molto complessa da trattare
- aggiungono Scagliotti e Pinto - con una mortalità dell'80% ma fortunatamente
oggi abbiamo a disposizione nuove tecniche diagnostiche e le cure sono più
efficaci. In particolare la chemioterapia a base di un nuovo
farmaco, il pemetrexed, ha dimostrato di migliorare la
sopravvivenza e i sintomi. La sfida quindi oggi è capire come controllare al
meglio la malattia".
(Fonte: Affaritaliani)
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