MIGLIORATA COMUNQUE RISPETTO AL TESTO INIZIALE. RISPETTO AL
VOTO DI FIDUCIA IL GOVERNO TECNICO HA PERSO MOLTI VOTI
Il Senato ha approvato definitivamente la manovra economica
del governo tecnico di Mario Monti, che è diventata legge. Ma anche a Palazzo
Madama si registra una consistente emorragia di consensi: i sì incassati dal
Professore sono stati 257, i voti contrari 41: un netto calo rispetto alla
fiducia ottenuta all'insedimanto, quando in Senato i sì furono 281 e i voti
contrari soltanto 25. La caduta voti a Palazzo Madama ha seguito il calo ancor
più consistente della scorsa settimana alla Camera, quando Monti uscì
ridimensionato: perse infatti 61 consensi rispetto alla fiducia votata il 18
novembre. A Montecitorio i numeri erano poi ulteriormente calati al voto
finale, in serata, sulla manovra, quando complice le assenze il passivo si
allargò fino a quota 154. Primi scricchiolii, insomma, per il governo dei
tecnici. E il trend difficilmente migliorerà, con i partiti che nei prossimi
mesi induriranno le proprie posizioni in vista delle elezioni del 2013.
Al lordo, il pacchetto vale 34,9 milioni di euro.
L'intervento sul deficit è discreto: verrà tagliato di 20,2 miliardi nel 2012
con un crescendo che porterà il ciclo virtuoso a 21,4 miliardi nel 2014. Cifre
che salgono decisamente (76 miliardi nel 2013, 81 nel 2014) sommando gli
effetti di questa manovra a quelli del testo estivo del governo Berlusconi. Vediamo
di seguito i passaggi più importanti della Manovra “Salva Italia”.
TASSE – Corposo il capitolo
tasse e pensioni, che porterà allo Stato 26,1 miliardi sul totale di 34,9. Solo
11 arrivano dalla nuova imposta sulla casa. L'Imu aumenta l'imponibile rispetto
al'Ici del 60%, con detrazioni massime di 600 euro. Poi via a balzelli su
patrimoni, auto di lusso, barche, aerei, elicotteri, capitali scudati, conti
correnti bancari, assicurazioni, benzina e diesel. L'addizionale Irpef
garantirà circa 2 miliardi all'anno, con l'aliquota innalzata dallo 0,9
all'1,23 per cento. Altra botta: l'aumento dell'Iva di 2 punti percentuali,
atteso per ottobre se non verranno trovati prima altri 16 miliardi dalla
riforma del lavoro. Sempre che la tensione sui titoli di stato non renda
obbligata la stangata sui consumi.
POCHI TAGLI ALLA CASTA - Il
capitolo tagli, però, piange. Spiccano quelli agli enti locali: 1,45 miliardi
all'anno in meno ai Comuni, 415 alle Province destinate a scomparire, 920
milioni alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome. In ambito
bancario e finanziario, i manager non potranno più avere i doppi incarichi
mentre è decisamente più morbida (anche per motivi di competenze) la mano sulla
Casta: i parlamentari hanno garantito tagli ai propri vitalizi, ma senza limiti
di tempo all'applicazione delle misure.
PENSIONI, CONTRIBUTIVO PER TUTTI
- Detto che di crescita (sotto forma di sgravi fiscali e aiuti alle imprese) ce
n'è poca, l'altro grande impatto sui cittadini sarà la riforma della pensione.
Dal 2018 l'età del ritiro per uomini e donne verrà unificata a 66 anni.
L'adeguamento all'inflazione per gli assegni previdenziali è garantita fino a
quelli da 1.400 euro, tre volte la minima. E per le pensioni di anzianità, nel
2013 il requisito minimo saranno i 42 anni e 5 mesi. La stangata, soprattutto
per chi col vecchio regime retributivo era a un passo dalla pensione, arriva
con il contributivo pro rata. In realtà il sistema potrebbe garantire a
qualcuno una pensione migliore, a fronte naturalmente di una manciata di anni
in più al lavoro.
E LA POLITICA? - Quanto alla
politica, ora commissariata da un Governo di tecnici (la quinta volta in
vent’anni), non sembra fornire ad oggi serie e valide prospettive di Governo. I
partiti sono tutti affannati a curare il proprio orticello, sfaldando alleanze
che parevano consolidate fino all’altro ieri. Unico partito che ha mostrato
coerenza e senso di responsabilità è stato il Partito democratico, il quale
poteva andare tranquillamente alle elezioni forte di quel quasi 30 per cento
cui lo danno i sondaggi. E invece ha scelto la strada oggettiva del sostegno
impopolare a un Governo tecnico. Il Pdl da’ a Monti un cauto appoggio, sempre
sull’orlo dell’incertezza, al fine di non scontentare troppo gli elettori e
creare spaccature interne al partito stesso. La Lega è tornata a quella verace
e volgare opposizione degli anni ’90, in attesa di un nuovo accordo col
Cavaliere, dimenticando, come successo nel 2000, quanto rinfacciatosi fino al
giorno prima. L’Idv pure ha scelto la strada dell’opposizione “dura e pura”,
consapevole che la Manovra sarebbe passata lo stesso anche senza i loro voti;
dunque meglio aggraziarsi gli elettori senza perderci niente. E infine c’è il
Terzo polo, quello dei riciclati Fini, Casini e Rutelli, come sempre in cerca
di nuove alleanze e ammiccamenti. Loro la fiducia a Monti l’hanno data senza sé
e senza ma. In fondo erano all’opposizione, e almeno così si sentono
maggioranza.
Complimenti per aver centrato il problema.
RispondiEliminaIl problema dell'Italia è la crescita, concordo pienamente. Ammazzare di tasse soprattutto chi lavora e produce produrrà depressione. Non a caso gli Italiani, e non solo gli evasori, stanno riscoprendo l'estero come meta dei loro risparmi.
Comunque non tutta l'economia è in arretramento. Internet sta diventando un focolaio di iniziative che aprono strade nuove ai giovani e ai meno giovani, come puoi leggere nell'articolo Guadagnare e lavorare adesso http://www.michelangelodistefano.it/?p=5
L'entusiasmo, totalmente ingiustificato, quando Monti entrò in carica è finalmente finito.
RispondiEliminaSperiamo che dopo le sofferenze posso arrivare qualche mossa per aiutare l'economia e rendere le cose più eque, con la diminuzione delle spese per amministrare lo Stato...