SOLO IL 12% OCCUPA MANSIONI DIRIGENZIALI
In occasione dell’inaugurazione di una serie di incontri sul
tema dell’uguaglianza di genere, con un focus sui vertici delle società, Ypo - associazione
no profit che riunisce i giovani presidenti e amministratori delegati di realtà
aziendali internazionali - il 12 dicembre, ha fornito un po’ di numeri sulle
donne laureate nel mercato del lavoro: sebbene esse rappresentino circa il 60
per cento dei laureati, la quota di amministratrici delle maggiori aziende
europee quotate in Borsa ammonta ad appena il 12% del totale. E solo nel 3% dei
casi le stesse ricoprono il ruolo di presidenti.
IL CONFRONTO CON ALTRI PAESI
- Guardando all’Italia, secondo lo studio dell’Ypo, le donne dirigenti sono,
come detto, circa il 12%, contro il 37% della Francia, il 35% del Regno Unito e
il 21% di Spagna. Dato quest’ultimo che ci fa comprendere come il Paese iberico
sia molto progredito ed emancipato negli ultimi anni, benché abbia avuto per
secoli una società maschilista e tradizionalista.
Anche Oltreoceano la strada da percorrere per l’uguaglianza
di genere all’interno delle società sembra piuttosto lunga, ma meno che in
Europa: Ypo evidenzia che negli Stati Uniti le donne che siedono nei consigli
di amministrazione delle maggiori aziende si attestano sul 15,6%, in aumento di
un punto percentuale rispetto a un anno fa, con le società più piccole (tra i
500 e i 1000 dipendenti) che in questo campo hanno messo a segno la crescita
maggiore.
PESANO ANCORA GLI STEREOTIPI DI
GENERE - Uno studio risalente a maggio 2012 e firmato dalla ricercatrice
Marta Favara ha tentato di rispondere al non semplice interrogativo: “Perché le
ragazze di talento scelgono carriere scolastiche che conducono a lavori meno
pagati di quelli degli uomini?”. E la risposta è “per via degli stereotipi di
genere“. Tali preconcetti, infatti, secondo quel che emerge dalla ricerca,
influenzano le scelte delle ragazze fin da quando si trovano davanti alla prima
importante decisione da prendere nell’ambito del proprio percorso educativo. In
altri termini, gli uomini tendono ad assecondare molto di più il proprio
talento e le proprie abilità, scegliendo carriere più improntate alla
matematica e all’analisi quantitativa.
Un sentiero che, una volta proiettato nel mondo del lavoro,
tende a tradursi in maggiori salari e maggiore potere. Al contrario, le donne
sembrano restare invischiate nel pregiudizio – che non ha alcun riscontro
effettivo, come la stessa ricerca sottolinea – per cui sarebbero più portate a
carriere umanistiche e, in generale, meno orientate alla matematica. All’alba
del 2013, dunque, è ancora difficile sganciarsi dagli stereotipi di genere. E,
naturalmente, non solo da quelli.
Se a questi dati aggiungiamo quelli sulla disoccupazione
femminile, che ormai viaggia verso il 40% nazionale, con punte mortificanti che
superano il 50% in Sicilia, abbiamo un quadro completo sulla situazione assurda
che vivono le donne nel nostro Paese.
(Fonte: Il
Fatto quotidiano)
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