AFFRONTO’ CON INTELLIGENZA E LUNGIMIRANZA TUTTE LE SFIDE
SOCIALI ED ECONOMICHE DAL DOPOGUERRA AGLI ANNI ‘90
Il 24 gennaio 2003 si spense nella sua casa storica di
Torino l’Avvocato Gianni Agnelli, principale azionista ed amministratore al
vertice della FIAT, che ebbe in eredità dal nonno Giovanni data la prematura
scomparsa del padre. Il suo stile e la sua intelligenza fecero grande la
storica azienda automobilistica torinese, ma anche la Juventus.
I PRIMI PASSI NELLA FIAT –
Nato a Torino il 12 marzo 1921, perde molto presto sia il padre che la madre,
rispettivamente a 14 e 24 anni per un incidente aereo e automobilistico.
Durante gli impegni al fronte dovuti alla Seconda guerra mondiale, si laurea in
Giurisprudenza e nel ’45 diventa presidente della RIV, la società di produzione
di cuscinetti a sfere fondata da Roberto Incerti e dal nonno nel 1906. L'incarico
però ha una connotazione praticamente solo rappresentativa. Nel ’45 viene eletto
sindaco di Villar Perosa, un paese ubicato poco dopo Pinerolo lungo la statale
del Sestriere. È il paese ove la famiglia risiede d'estate (e da dove la stessa
proviene) ed è proprio Villar Perosa la città che ospita anche il primo
stabilimento RIV. Non si tratta di un incarico molto impegnativo e Agnelli lo
manterrà per quasi trent'anni. Tra la fine del 1945 e l'inizio del 1946 si
trova coinvolto, in rappresentanza della famiglia, in complesse trattative fra
il CLN, le autorità alleate di occupazione ed il governo italiano provvisorio,
per la normalizzazione della conduzione della FIAT, della quale la famiglia
Agnelli è ancora il principale azionista ed il 23 febbraio 1946 firma egli
stesso l'accordo che ricostituisce il consiglio di amministrazione della società
e ristabilisce Vittorio Valletta, precedentemente estromesso con l'accusa di
collaborazionismo con i tedeschi, nella carica di amministratore delegato.
IL COMANDO DELLA FIAT - Nel
1953 sposa la principessa Marella Caracciolo di Castagneto, appartenente ad
un'antica nobile famiglia di origini napoletane. Nel 1959 diviene presidente
dell'Istituto Finanziario Industriale (IFI), una società finanziaria pura che è
una delle casseforti di famiglia e che assieme all'IFIL, altra cassaforte di
famiglia, controllano la Fiat. Diventa inoltre Amministratore Delegato della
stessa Fiat nel 1963, una carica che deve condividere con Gaudenzio Bono, un
"vallettiano" a tutto tondo, ed in ogni caso il timone dell'azienda
automobilistica rimane per ora nelle mani del "professore" sempre
presidente.
Gianni "eredita" dal nonno nel 1966 il comando
dell'azienda di famiglia (da lui fondata nel 1899) dopo un periodo ventennale
di "reggenza" da parte di Vittorio Valletta. Insediatosi al timone
della Fiat all'età di 45 anni, dopo avervi svolto praticamente solo ruoli di
rappresentanza.
L’ACCORDO CON L’URSS E L’ESTENSIONE
NEL MEZZOGIORNO - Gianni Agnelli si trova dinnanzi a due problemi. Il
primo, l'esecuzione dell'accordo con l'Unione Sovietica per la costruzione di
uno stabilimento presso una cittadina sul Volga (che verrà chiamata Togliatti),
per il quale la Fiat deve fornire all'Autoprominport (l'ente sovietico
preposto) lo stabilimento "chiavi in mano" ed il know-how per la
produzione.Il contratto è stata l'ultima opera di Valletta, ma la gestione non
si presenta particolarmente onerosa: i sovietici rispettano i termini stabiliti
e tutto procede.
Il secondo problema è assai più grave. Cedendo alle
insistenze del presidente dell'Alfa Romeo Luraghi, che da anni va predicando l'impossibilità
di far quadrare i conti aziendali senza un'adeguata "massa critica"
di volumi produttivi, il governo italiano ha deciso di finanziare l'Alfa per la
costruzione di uno stabilimento nell'Italia meridionale ove si produca un
modello di autovettura di livello medio, nella stessa fascia di mercato, più o
meno, della Fiat 128, che verrà lanciata di lì a poco.
Secondo Gianni Agnelli, nell'orticello del mercato italiano
dell'auto di fascia bassa e media, concupito già dalle concorrenti europee
grazie alla graduale riduzione dei dazi all'interno della CEE, non c'è spazio
per un altro concorrente italiano, specialmente se questo può contare sui
finanziamenti a carico del contribuente. Ma tutti i tentativi per contrastare a
livello politico questo progetto falliscono; la sede designata è Pomigliano
d'Arco, un paese a pochi chilometri da Napoli ove già operano la piccola Alfa
Motori Avio, e l'Aerfer, azienda parastatale di medie dimensioni, che produce
parti di velivoli commerciali per conto di grosse aziende americane. Per
trovare i quadri tecnici intermedi in numero sufficiente a far funzionare lo
stabilimento, la neonata Alfasud non può che rivolgersi alla FIAT cui sottrae
questi personaggi offrendo loro stipendi di entità superiore rispetto a quelli
dell'azienda torinese.
LA RISTRUTTURAZIONE DELL’AZIENDA
- Rinunciando alla politica industriale di Vittorio Valletta
(Terra/mare/cielo), Gianni Agnelli decide di disfarsi di quelle produzioni che
richiedono continui investimenti e la cui redditività è precaria e condizionata
(non solo sul mercato italiano) da scelte spesso legate a decisioni di
carattere politico. Vengono così cedute alla Finmeccanica il 50% della Grandi
Motori, detta Divisione Mare, specializzata in motori marini a ciclo Diesel per
grosse navi, che sarà trasferita a Trieste con il nome iniziale di Grandi
Motori Trieste.
Analogamente si procede con la cosiddetta Fiat Velivoli,
specializzata in fabbricazione di aerei, prevalentemente di uso militare,
spesso su licenza di grosse aziende estere, che viene aggregata all'Aerfer di
Pomigliano d'Arco, nella società a partecipazione statale Aeritalia (divenuta
molti anni dopo Alenia). La partecipazione Fiat rimarrà solo un fatto
finanziario, poiché il controllo operativo è di Finmeccanica: il restante 50%
delle azioni verrà definitivamente alienato da Fiat nel 1975. Così va anche per
altre realtà minori.
Nel 1969 la Ferrari cede alla Fiat il controllo della sua
casa di auto sportive: il reparto corse resterà gestito per molti anni ancora
dall'ing. Ferrari. Il primo febbraio del 1970 viene acquisita dalla famiglia
Pesenti, ad un prezzo simbolico di un milione di lire, la Lancia, glorioso
marchio di auto di prestigio (era detta "la Mercedes italiana")
fondata a Torino da Vincenzo Lancia nel 1907, ormai in stato di quasi
insolvenza.
GLI ACCORDI INTERNAZIONALI -
Il sogno di Gianni Agnelli è l'internazionalizzazione della FIAT. Due anni dopo
l'assunzione della guida della Fiat, Gianni Agnelli concorda con François
Michelin, proprietario del pacchetto di controllo della Citroën, che si trova
in cattive acque, l'acquisto della partecipazione con l'intenzione di giungere
successivamente al controllo totale della casa automobilistica francese.
La sinergia fra i due costruttori europei sembra promettere
bene: Citroën è un marchio prestigioso, con buona fama nella produzione di auto
di alta gamma, la Fiat ugualmente nelle utilitarie. L'accordo si conclude, al
vertice Citroën arrivano uomini Fiat ma ci si mette di traverso l'opposizione
di stampo nazionalistico dei gollisti: alla Fiat viene fatto divieto di
acquisire la maggioranza delle azioni Citroën. Le incomprensioni fra i tecnici
italiani ed i tecnici francesi compiono il resto: la Fiat, senza il controllo
totale dell'azienda non può imporre nulla senza accordo con le altre forze nel
gioco, può solo investire per ammodernare impianti e strutture.
Alla fine, quattro anni dopo, il sogno si infrange e Gianni
Agnelli dovrà rinunciare alla sua internazionalizzazione, almeno attraverso
questa via, e la quota Fiat viene ceduta alla Peugeot. L'Avvocato ripiegò,
sperimentando altre vie, verso un altro modello di internazionalizzazione che
passerà attraverso gli stabilimenti Zastava per la produzione del mod.128
(Yugoslavia) e Tofaş per la produzione del mod. 124 (Turchia). Già presente sul
mercato polacco con la fabbricazione del mod. Fiat 125, il 29 ottobre 1971, la
Fiat siglò un importante contratto di licenza e collaborazione industriale con
la Pol-Mot. Ne seguì, presso gli stabilimenti F.S.M. di Tychy, la produzione su
larga scala della Fiat 126. Il modello, prodotto alla media di oltre mille
vetture al giorno, contribuì notevolmente alla motorizzazione dell'intera
Polonia e dei mercati d'oltre cortina. Poco dopo verrà decisa l'avventura di
una produzione oltre oceano: creare uno stabilimento in Brasile (Belo Horizonte
nello stato di Minas Gerais) ove si produrrà inizialmente la 127 opportunamente
modificata per quel mercato (il nome del modello brasiliano sarà 147).
L'ambizioso progetto di Giovanni Agnelli, per rendere noto al mondo il marchio
FIAT, si realizzò nel giro di una decina d'anni con le unità produttive
presenti su 4 continenti:
Europa - Italia (Fiat, Lancia, Autobianchi, Ferrari), Spagna
(Seat), Yugoslavia (Zastava), Polonia (F.S.M.).
Sud America - Brasile (Automoveis), Argentina (Concorde).
Asia - Turchia (Tofas).
Africa - Piccole unità produttive in Egitto e Sud Africa.
L’AUTUNNO CALDO E LE PERDITE
AZIENDALI - Non sono trascorsi che tre anni dal suo insediamento al
vertice della FIAT che Gianni Agnelli deve affrontare un problema piuttosto
difficile: il rinnovo del contratto di lavoro dei metalmeccanici (1969). La
vertenza procede per tutta la prima metà dell'anno più o meno aspramente
rispetto alle volte precedenti, ma all'inizio di settembre le cose cambiano radicalmente
ed emergono nuove, inattese forme di sciopero: incomincia quello che verrà
subito battezzato autunno caldo.
Iniziano i carrellisti di Mirafiori, Stabilimento Presse:
scioperano al di fuori delle direttive del sindacato, sono scioperi improvvisi,
mezza giornata o meno per volta, ma l'effetto è paralizzante. Il loro compito è
trasportare le parti di carrozzeria appena stampate dalle presse alla catena di
montaggio: fermi loro, ferma tutta la produzione. In un primo momento il
sindacato disapprova queste forme di protesta spontanee e autonome, poi tenta
di farle rientrare nell'alveo della propria iniziativa, agevolato anche dalla
posizione dell'Azienda, che vuole un unico interlocutore ufficiale di fronte
alle maestranze. Iniziano, così, forme di sciopero del tutto nuove: si entra al
mattino alle 8 al lavoro ma dopo venti minuti passano delegati nei vari reparti
ad annunciare uno sciopero improvviso che inizierà alle otto e trenta e durerà
fino all'ora di pranzo (od analogamente al pomeriggio). Tutto ciò a rotazione:
ora in uno stabilimento, ora nell'altro.
Si formano nelle officine cortei (detti
"serpentoni") di operai muniti di fischietti ed altri strumenti
sonori che percorrono i locali invitando i colleghi riluttanti ad astenersi dal
lavoro. Quasi sempre invadono anche le Palazzine uffici, rendendo problematiche
le condizioni per lavorare per gli impiegati che non vogliono scioperare. Si
verificano anche degli episodi di violenza, sui quali l'azienda non interviene,
per non inasprire gli animi ed evitare danni alle persone ed alle
apparecchiature. Questi episodi di violenza, accaduti prevalentemente
all'ingresso degli stabilimenti produttivi, furono fomentati da forze estranee
all'azienda, come risulta dai verbali redatti dalle forze dell'ordine e dalle
pubbliche dichiarazione dell'allora questore di Torino Giuseppe Montesano. Fu
rilevata la presenza attiva di esponenti della neonata Lotta Continua ed una
massiccia presenza di studenti universitari provenienti dalla Sapienza di Roma.
Dal punto di vista del business le cose vanno bene: la crisi
economica del 1964 è ormai superata, la richiesta di autovetture è in continuo
aumento, tanto che la Fiat non riesce a soddisfarla ed i tempi di consegna si
allungano. Proprio in quest'autunno entra in funzione lo stabilimento di
Rivalta di Torino, ove si provvederà al montaggio della nuova media cilindrata
(per quei tempi), la 128, destinata a prendere il posto della famosa 1100 (mod.
103). È un'auto dalla linea moderna ed accattivante, il prezzo è contenuto e piace
subito, ma per averla bisogna attendere fino a nove mesi.
La vertenza si chiude nel gennaio del 1970 con un nuovo
oneroso contratto per le aziende, con concessioni normative consistenti che
incideranno pesantemente sui bilanci futuri. Fra l'altro vengono abolite le
differenze territoriali per la determinazione del minimo sindacale del salario
(fino a quel momento i salari minimi sono differenziati per provincia, a
seconda dell'indice del costo della vita locale elaborato dall'ISTAT) cosicché
il neoassunto a Palermo percepirà, a parità di inquadramento, lo stesso salario
di quello assunto a Milano.
Si valuta che la perdita di produzione durante il periodo
"caldo" ammonti ad oltre 130.000 vetture (ma c'è chi dice molto di
più, oltre 270.000: si tratta di vedere entro quali termini temporali viene
considerato il periodo "caldo"). Intanto gli effetti dell'apertura
dei mercati all'interno della CEE si fa sentire e la concorrenza straniera
aumenta la sua penetrazione in Italia.
LA CRISI DEGLI ANNI ‘ 70 E L’ACCORDO
CON GHEDDAFI - Nella prima metà degli anni settanta Gianni Agnelli deve
affrontare la prima grossa crisi della Fiat, la più grande forse a partire
dalla prima guerra mondiale: l'autofinanziamento non è più possibile
(l'investimento brasiliano ha pesato non poco ed i primi risultati sono
deludenti, le vendite di auto in Italia calano e la concorrenza straniera,
grazie alla piena attuazione del Trattato di Roma in materia di barriere
doganali nell'Europa, si fa sempre più agguerrita erodendo alla Fiat quote
crescenti di mercato) e la Fiat non può più fare a meno, come è stato fino a
quel momento, di ricorrere massicciamente al credito.
Viene assunto in quel periodo un nuovo responsabile della
finanza aziendale: Cesare Romiti (autunno del 1974) che raggiungerà nel quasi
quarto di secolo di permanenza in Fiat, il massimo vertice. Auspice Romiti,
Gianni Agnelli trasforma la Fiat S.p.A. da un'azienda industriale in una
holding finanziaria. Da questa dipenderanno tante holding di settore, una per
ogni settore produttivo, alle quali saranno sottoposte le rispettive società
operative. Il processo dura più di cinque anni e nascono così (citiamo solo
quelle di dimensioni maggiori): la Fiat-Allis, settore macchine agricole,
l'Iveco, settore veicoli industriali, La Macchine Movimento Terra, la Teksid
(fonderie, produzioni metallurgiche ed altro). Ultima, ma solo in ordine di
tempo, la Fiat Auto (autovetture e veicoli commerciali leggeri).
Separazione secondo il mercato servito ed
internazionalizzazione. L'avvento di Agnelli al timone della Fiat segna anche
una svolta nella politica finanziaria della Fiat: l'Avvocato si avvicina sempre
più alla Mediobanca di Enrico Cuccia (forse anche a seguito delle traversie
finanziarie della Fiat ed ai buoni rapporti che intercorrono fra Romiti e
Cuccia) dalla quale il suo predecessore Valletta si era sempre tenuto ad una
cortese distanza.
Alla fine del 1976 i problemi finanziari sembrano risolti
con la cessione di poco più del 9% del capitale FIAT alla Lafico (Lybian Arab
Foreign Investiments Company), una banca controllata dal governo libico di
Mu'ammar Gheddafi (in dieci anni il socio libico, nel mero ruolo di
investitore, arriverà a possedere quasi il 16% del capitale Fiat). La cessione
getta un certo sconcerto negli ambienti politici occidentali per le tensioni
esistenti tra la Libia di Gheddafi e diversi altri stati, USA in testa. Un
accordo che scatenerà diverse critiche, tant’è che nel 1986, dopo il
bombardamento americano in Libia per uccidere il Rais, il gruppo decide di riprendersi
le proprie quote.
La crisi si riaffaccia prepotente a fine anni settanta (la
quota di mercato della FIAT Auto in Italia, il mercato più importante per
l'azienda torinese, è scesa dal quasi 75% del 1968, a meno di due anni
dall'esordio di Gianni Agnelli come responsabile attivo dell'azienda, al 51%
del 1979, ovvero quasi 25 punti in meno in dieci anni. Nel resto dell'Europa,
Spagna esclusa, le cose non sono andate meglio, si passa da un già modesto 6,5%
del 1968 al 5,5 del 1979), ma la crisi viene superata grazie alla ottima
riuscita di due modelli voluti dal nuovo direttore generale di FIAT Auto,
Vittorio Ghidella: la Uno e, successivamente, la Croma e la Thema.
IL BUON RAPPORTO COL PCI E LA
VITTORIA SUI SINDACATI - I rapporti di Gianni Agnelli con le sinistre
italiane, specialmente con il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer,
rappresentarono l'essenza delle relazioni industriali con le forze politiche e
specialmente con i sindacati.
Il conflitto vede questi ultimi soccombere quando nel 1980
uno sciopero generale che ha portato al blocco della produzione, (il
"blocco" dei cancelli FIAT durò ben 35 giorni) viene spezzato dalla
cosiddetta "marcia dei quarantamila", (dal supposto numero dei
lavoratori che il 14 ottobre dello stesso anno sfilarono in Torino reclamando
il diritto "di poter andare a lavorare"). Questa azione segna un
punto di svolta ed una brusca caduta del potere sino ad allora detenuto dai
sindacati in Italia, che non avranno più, in seguito, eguale influenza sulla società
e sulla politica nazionale.
GLI ANNI ’80 SONO MOLTO FLORIDI
– Negli anni ’80 le cose per la Fiat vanno abbastanza bene, sia per il successo
di alcuni modelli come la Panda, la Croma e la Thema, sia per la vittoria sui
sindacati a cui corrisponde un decennio di pace contrattuale. A cià va aggiunta
la riduzione dei costi di produzione ottenuta con una forte spinta
all'automazione dei processi produttivi (robotizzazione) che la porta a
primeggiare nel mondo in questo campo, produce nuovamente buoni utili per i suoi
azionisti ed assume anche nuova mano d'opera. A metà degli anni ottanta inizia
una trattativa di accordo societario con la Ford Europa ma poi, a trattative
già avanzate, l'accordo sfuma (ottobre 1985).
Poco dopo Gianni Agnelli strappa proprio alla Ford l'acquisto
dall'IRI dell'Alfa Romeo, che il governo italiano ha deciso di vendere. Le
offerte dei due contendenti comprendono un corrispettivo a titolo di acquisto
più impegni finanziari successivi nella nuova realtà produttiva. In effetti il
confronto fra le due offerte non è facile poiché, al di là del mero
corrispettivo di acquisto, si inseriscono altri fattori quali: le modalità di
pagamento di tale corrispettivo, gli impegni a mantenere i livelli
occupazionali dell'Alfa, l'ammontare degli investimenti che i due acquirenti
promettono di fare nella azienda acquisita. Queste complessità favoriscono il
fiorire di numerose polemiche.
I CAMBIAMENTI GLOBALI DEGLI ANNI ’90
E IL BREVE ACCORDO CON GM – Dalla fine degli anni ’80 due fattori
mondiali mettono alle corde la FIAT: l’arrivo prepotente dei giapponesi, che
danno vita al Toyotismo, ovvero una produzione flessibile basata sul “just in
time” con la quale è difficile competere e il crollo dell’URSS, con la
conseguente apertura globale dei mercati. A ciò si aggiunse la recessione del
1992, una sorta di punto di non ritorno negativa per le economie nazionali e
per le industrie entrate in una crisi irreversibile. Non a caso, fra il 1990 ed
il 2001, la quota di mercato FIAT in Italia si è ridotta da circa il 53% a
circa il 35% ed in Europa da poco più del 14% a meno del 10%.
Al principio degli anni 2000, Gianni Agnelli, convinto che
la Fiat non ce la farà da sola ad affrontare la sfida del mercato mondiale),
apre agli americani della General Motors (GM) con i quali conclude un'intesa:
la grande azienda americana acquista il 20% della Fiat Auto pagandolo con
azioni proprie (un aumento di capitale riservato alla Fiat) che valgono in
totale circa il 5% dell'intero capitale GM e la Fiat ottiene una clausola put,
il diritto esercitabile in questo caso dopo due anni ed entro gli otto
successivi, di cedere a GM il rimanente 80% della Fiat Auto ad un prezzo da
determinarsi con certi criteri predefiniti e che GM sarà obbligata ad
acquistare. Sono previste inoltre fusioni fra società costituite da
stabilimenti Fiat Auto e stabilimenti Opel, la consociata europea di GM, con
sede in Germania.
L'accordo si rompe cinque anni dopo (sia FIAT che GM si
trovano in grosse difficoltà) con un risultato opposto a quanto ipotizzato
originariamente: non è la Fiat Auto che viene interamente ceduta a GM, bensì è
GM che paga per evitare l'esercizio del diritto di cessione (clausola
"put") da parte Fiat, cedendo a quest'ultima anche le quote GM di
Fiat Auto. Le società operative miste, già costituite ed operanti, vengono
sciolte ed ognuno si riprende la sua parte.
La crisi economica del settore auto del Gruppo Fiat trova
Agnelli già in lotta contro il tumore ed egli può partecipare ormai solo in
maniera limitata allo svolgersi degli eventi.
I SUCCESSI DELLA JUVENTUS –
Dal dopoguerra, oltre che la FIAT, dal nonno Gianni Agnelli ereditò anche la
Juventus. Grazie ad acquisti prestigiosi e allenatori vincenti, l’Avvocato
riempì la bacheca bianconera con una marea di trofei: 20 scudetti, 7 Coppe
Italia, 3 Supercoppe italiane, 2 Coppe intercontinentali, 2 Coppe campioni, 1
Coppa delle Coppe, 3 Coppe Uefa, 2 Supercoppe Uefa,
(Fonte: Wikipedia)
beh sulla Juve meglio che non mi esprima, lascio a te il giudizio, il mio lo puoi immaginare..
RispondiEliminasulla FIAT invece, onore e meriti..