A GESTIRLO LA SOCIETA’ PRIVATA SIPPIC. NONOSTANTE IL
SEQUESTRO, L’IMPIANTO FUNZIONA ANCORA. SI ATTENDE LA REALIZZAZIONE DI UN CAVO
SOTTOMARINO ALTERNATIVO
Anche la paradisiaca Capri, amata un tempo dagli Imperatori
romani e oggi da Vip e milionari di tutto il Mondo, ha i suoi guai ambientali.
E non solo derivanti dagli scarichi in mare che hanno di recente costretto alla
chiusura un noto albergo. Bensì, da cause dalla portata catastrofica. A causare
morte e malattie è un impianto a gasolio risalente al 1903, gestito dalla
società privata Sippic. Negli ultimi cinque anni l’incidenza di forme tumorali,
malattie cardiache e di gravi patologie legate all’apparato respiratorio e
acustico sono in progressivo aumento. E non è stato ancora accertato alcun
nesso di causalità.
LA DENUNCIA DELL’EX SINDACO LEMBO
- “Anche se molti indizi fanno già una prova” allarga le braccia Ciro Lembo, ex
dipendente Sippic, ex sindaco di Capri che conserva un dossier con l’elenco
delle persone decedute e dei malati “sospetti”. Fra questi ultimi, Guido Lembo,
l’ugola più famosa di Capri, l’animatore della taverna “Anema e’ Core”, tumore ai polmoni, due anni di
chemio, ma lui è uno che, miracolosamente, ce l’ha fatta. Abita a poche
centinaia di metri dalla centrale. Adesso a Guido è spuntato un altro tumore
all’occhio e si è finalmente deciso a trasferirsi in zona Piazzetta. A.R., poco
più che trentenne, è stata operata di tumore al seno. Il muro di casa sua è confinante
con quello della centrale.
“Siamo come l’Ilva di Taranto. Siamo come il Terzo Mondo per
la produzione e distribuzione di energia. Adesso la Centrale è sotto sequestro.
Stanno ormai con le valigie in mano”,
spara a raffica l’ex sindaco che da dieci anni combatte per lo
smantellamento dell’impianto.
LA STORIA DELL’IMPIANTO - Per
il ministero dell’Ambiente è ad alto rischio ambientale. Ma l’impianto gestito
dalla Sippic – fin dal 1903, anno di costruzione della centrale – società
privata con licenza statale (ampiamente scaduta e tuttora in totale mancanza
delle autorizzazioni ambientali richieste, tant’è vero che ne hanno fatto
istanza alla Provincia solo a fine novembre scorso) sta ancora lì: con i suoi
quattro vecchi serbatoi per il gasolio e
16 motori diesel che lavorano a pieno regime 24 ore su 24.
Il rischio di un totale blackout dell’isola è sempre in
agguato. Come successe durante il Ferragosto del 2009 quando tutta Capri rimase
al buio.
Un pezzo di archeologia industriale. Gli abitanti di Marina
Grande si sono costituiti nel 2009 nel Comitato civico antinquinamento e
lottano, per ora invano, per una migliore salubrità dell’aria e per difendere
uno dei luoghi ritenuto “patrimonio dell’umanità”, ad alta valenza paesistica e
storica. Costruita in pieno centro abitato, la centrale “inquina a vista” come
dice Giuseppe Gargiulo, presidente di “Chi ama Capri”, altra associazione di
tutela dell’isola, nata nel 2007: “Basta vedere la nuvoletta di fumo sopra
l’impianto, un’aureola di veleni – continua Giuseppe, ma il coro è unanime,
comizi in piazza e petizioni anche on line – La Centrale deve sparire da Capri
e dagli occhi dei capresi. Non molleremo la nostra lotta finché la centrale non
sarà abbattuta”.
Le centrali elettriche furono nazionalizzate nel 1962 dall’
Enel (la produzione di energia elettrica fu lasciata ai privati solo se
finalizzata all’autoconsumo). ”Ma la
Sippic e le altre aziende elettriche delle isole minori trovarono l’escamotage
del desalinizzatore. Bastava possederne uno per non entrare nel piano di
nazionalizzazione”, spiega il sindaco Lembo. “La Sippic se ne fece costruire
uno che funzionò male e solo per una settimana. Poi rimase per anni inutilizzato. Abilissimi a usufruire di leggi
speciali, ad hoc per i loro interessi. Per oltre 20 anni la Sippic ha avuto un
rimborso attraverso la Cassa Conguagli di 20 centesimi di euro per ogni
Kilowatt prodotto, il che corrisponde, all’ incirca, a 14 milioni di euro
all’anno“.
LA RISPOSTA DELLA SIPPIC – Il
Fatto quotidiano ha provato ripetutamente a chiedere una replica a Sippic senza
ottenere risposta. Il presidente della Sippic Ettore De Nardo aveva inviato in
risposta a solleciti della cronista (simili a quelli avanzati nuovamente pochi
giorni fa) una lettera che tenta di salvare la faccia dell’azienda: “Lei sa
bene quali interessi si intrecciano e si scontrano in un ambiente così fertile
di importanti presenze come quello di Capri… Ritengo che lei sappia tante cose,
addirittura più del sottoscritto, e mi riferisco a particolari interessi di
ogni tipo che si stanno addensando da qualche anno sull’isola di Capri
finalizzati a danneggiare un’azienda secolare quale la Sippic che mi onoro di
rappresentare. Questa azienda nel contempo è fonte di vita per oltre 100
famiglie… Ai nostri Uffici legali ho inoltrato le sue domande… ci dia il tempo
necessario per rispondere…Al piacere di riscontrarla quanto prima gradisca i
miei migliori saluti”.
Sono passati oltre due anni, ma le precisazioni promesse non
sono mai arrivate.
Intanto i residenti attendono con ansia e speranza la
realizzazione di un cavo sottomarino che sarà lungo 30 chilometri, al fine di
collegare Capri alla terraferma. I lavori sono iniziati il mese scorso. Tutti,
specie chi abita a Marina grande, sperano che l’impianto sia chiuso al più
presto. Perché il numero dei morti di tumore o di chi si è salvato per miracolo,
continua ad aumentare…
(Fonte: Il
Fatto quotidiano)
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