il documentario del
regista di origini russe Zorz Skrigin e del norvegese Eugen Arnesen,
RISALE AL 1969-70, MA NON FU MAI RESO PUBBLICO
I dittatori e il loro privato. Qualcosa che affascina ancora
scrittori e registi, che tendono a portare allo scoperto un po’ della loro vita
privata, fatta di vizi borghesi vietati al popolo, nonché fobie, che al
cospetto della loro fama di duri e spietati non fanno altro che ridicolizzarli.
E così, dopo aver visto i problemi gastrointestinali di diversi dittatori, descritti
in un libro recente, qui ci occupiamo della vita borghese di uno dei tanti
dittatori del ‘900: il Maresciallo
jugoslavo Tito, che tenne unito il Paese, il quale, dopo la sua morte,
implose presto in tanti staterelli. Josip Broz, nato a Kumrovec il 7 maggio
1892 e morto a Lubiana il 4 maggio 1980, al potere dal 1953 fino alla morte. Comunista
nel pubblico ma borghese nel privato, smascherato da un docufilm della durata
di 68 minuti, dal titolo Tito - Note di un regista , girato fra il 1969 e il
1970, proiettato in anteprima a dicembre nel corso della mostra «La Grande
Illusione».
LE ABITUDINI PRIVATE - Oltre
trent'anni dopo la sua morte, il documentario del regista di origini russe Zorz
Skrigin e del norvegese Eugen Arnesen racconta il lato poco partigiano e
proletario di Tito. La parte più interessante, secretata, riguarda la giornata
tipo del presidente a vita. La pellicola esordisce con Tito che si fa la barba
al mattino. Una voce narrante gli consiglia la posizione davanti allo specchio
perché «non sarebbe educato chiedergli di ripetere la scena». Poi si vede la
consorte Jovanka nella splendida isola croata di Brioni, oggi parco naturale e
meta turistica, allora residenza esclusiva di villeggiatura dei coniugi. Il
presidente a vita è ripreso mentre prepara delle uova al tegamino alla moglie
oppure spilla del vino da una botte o fuma uno dei suoi inseparabili sigari
cubani. Alla faccia del socialismo autogestito, Tito si fa immortalare alla
guida della decappottabile americana che teneva a Brioni e a bordo di un
motoscafo mentre sfreccia nelle acque dell'Adriatico. Nella versione privata e
piccolo borghese scatta foto e filma video in Super 8, ma gioca pure a
biliardo.
Una mezz'ora di sequenze è dedicata al repertorio della
lotta partigiana, al dopoguerra e agli incontri con i leader del mondo libero e
non, come il presidente americano John Kennedy, il cancelliere tedesco Willy
Brandt, il premier inglese Winston Churchill e il capoccia comunista Fidel
Castro. Il segretario del Pci, Palmiro Togliatti, a colloquio con Tito, viene
bollato nel documentario come «l'amico di Stalin».
Il presidente a vita jugoslavo, fuori dagli stereotipi
socialisti, rispunta nelle immagini degli incontri con Sophia Loren e altri
attori del calibro di Elizabeth Taylor e Yul Brynner. Un Tito dal volto umano
scherza e ride, davanti alla cinepresa, a una tavola imbandita con i vip di
allora. Troppo per la propaganda comunista, che ha convinto il dittatore a
tener chiuso in un cassetto il documentario di stampo borghese e un po' dandy.
LA PASSIONE PER IL CINEMA E LA MODA
- L'anteprima della pellicola censurata è stata il fiore all'occhiello di una
mostra dedicata ai «24 milioni di metri di celluloide» consumati in oltre
trent'anni di potere dal maresciallo. Tito era un appassionato cinefilo, che
guardava circa 280 film l'anno. Gli ospiti dovevano spesso sorbirsi i film
sulla lotta partigiana come La battaglia della Neretva o L'invasione di Dvar ,
che il leader comunista aveva vissuto da protagonista durante la seconda guerra
mondiale. Anche la passione per il cinema aveva, però, un lato molto borghese e
«occidentale». Secondo Momo Cvijovic, curatore della mostra, Tito, amava «i
film western americani, ma pure le pellicole di Sergio Leone». Il famoso treno
blu presidenziale e lo yacht Galeb erano stati attrezzati per le proiezioni.
Grazie a un registro dettagliato si scopre che Tito guardava i film «del
neorealismo italiano ed i thriller di Alfred Hitchcock» senza traduzioni. E
prima di invitare ospiti famosi come Yves Montand e Simone Signoret si gustava
i loro film. Cvijovic racconta che il padre padrone della Jugoslavia non
disdegnava neppure i cartoni animati e nel 1951 «guardò sicuramente Pinocchio e
Biancaneve».
L'1 gennaio 1980 Tito si fece proiettare Hardcore apprezzando
le scene spinte. Il fascino discreto della borghesia , Easy Rider e Il grande
Gatsby sono state altre pellicole di suo gradimento. Non solo: Tito si
preparava alla visite di Stato divorando ore di cinegiornale del Paese che
andava a visitare come è capitato con l'Inghilterra.
Un altro lato molto borghese riguardava la fatale attrazione
per la moda occidentale. Il dittatore non portava sempre uniformi sgargianti e
pacchiane, ma indossava abiti eleganti che andavano dal completo bianco Panama
allo smoking degno di Churchill, cravatte Dior o Yves Saint Laurent, mutande di
seta comprate a Trieste e Milano, cappelli italianissimi di Borsalino e scarpe
inglesi su misura.
(Fonte: Il
Giornale)
È stato un uomo con il pugno di ferro,ma parsimonioso nell' usarlo comunque nonostante i 1000 difetti in parte di origine ideologica ha garantito lavoro e pace,dopo di lui abbiamo conosciuto nuovamente la guerra,(mia nonna paterna era di li )
Yugoslavia 1992. 96