Ieri il suo pontificato ha compiuto 2 anni. Tutte
le modifiche che ha apportato
Sono già passati due anni da quello spiazzante “Fratelli e Sorelle, Buonasera!” con cui
Jorge Bergoglio ha salutato i fedeli dopo la nomina a Papa. Il nome che scelse,
Francesco, è stato il primo atto controcorrente del suo mandato. Un nome che
rievoca una Chiesa umile, povera tra i poveri, quella di cui si erano perse le
tracce da tempo. Successe a un Papa conservatore, schivo, poco comunicatore
come Benedetto
XVI, ritiratosi anzitempo. E’ già passato alla storia come il Papa dei
social, dei selfie, delle telefonate a sorpresa, quello che ha abbattuto il
muro delle convenzioni anteposto ai fedeli. Ma ha usato le sue doti
comunicative anche per tirare le orecchie a preti affaristi, quelli pedofili, i
mafiosi, i credenti ipocriti. E oltre alle parole, anche tanti fatti concreti. Tra
questi l’installazione di docce
e barbieri sotto il Vaticano per i clochard o alcune rimozioni in seno alle
Guardie svizzere. E altro ancora.
LA GUERRA AI PEDOFILI - Fatti
e non parole di un Papa che, come aveva fatto Benedetto XVI, ha abbracciato le
vittime dei preti pedofili chiedendo perdono per quello che ha definito “un
culto sacrilego”, una “messa nera”. Bergoglio ha voluto un organismo vaticano
che si occupasse di contrastare questo “crimine e grave peccato” chiamando a
farne parte anche 2 vittime, Marie Collins e Peter Saunders. Rimozioni e
processi per sacerdoti e vescovi pedofili in Vaticano si moltiplicano in modo
esponenziale tanto che il Papa ha dovuto istituire presso l’ex Sant’Uffizio un
secondo tribunale solo per questi reati. Dall’arresto dell’ex nunzio Jozef
Wesolowski, alla vita privata imposta al riferimento di Cl in Lombardia don
Mauro Inzoli, fino alle indagini e alle rimozioni di vescovi e sacerdoti
accusati degli stessi reati, senza attendere la fine dei processi penali.
Provvedimenti durissimi che hanno creato non pochi malumori
soprattutto tra le lobby, gay e non, i cui membri si proteggono a vicenda per
cercare di consolidare il loro potere ecclesiale.
LO IOR - E poi lo Ior, la
cosiddetta banca vaticana, e le riforme economiche del “ranger”, come lo chiama
Francesco, George Pell, il cardinale australiano che nel suo Paese è sotto la
lente di ingrandimento per la gestione dei casi di pedofilia quando era
arcivescovo di Melbourne. Una situazione che il porporato peggiora con
dichiarazioni a dir poco inopportune: “I
preti pedofili sono come dei camionisti che molestano autostoppiste”. Ma il
Papa ha molto fiducia nella sua capacità di rendere trasparente la gestione
finanziaria della Santa Sede evitando scandali e lo ha messo a capo della
Segreteria per l’economia. Un ruolo che ha amplificato i nemici di Francesco,
soprattutto dentro la Curia romana, perché, come ripetono in Vaticano: “Sine pecunia non cantantur missae”.
Non a caso, a pochi mesi dal suo mandato, furono arrestati
tre funzionari della Banca.
LA CONDANNA AI MAFIOSI - Inequivocabili
anche gli appelli sociali che hanno fatto molto discutere, dentro e fuori la
Chiesa, in particolare le durissime scomuniche ai mafiosi con l’invito alla
conversione pubblica: “Ve lo chiedo in ginocchio. C’è ancora tempo per non finire
nell’inferno che vi aspetta se continuerete sulla strada del male”. Fino alle
durissime parole pronunciate in Calabria, nella piana di Sibari, superando
perfino Wojtyla: “La ‘ndrangheta è
adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va
allontanato. Bisogna dirgli di no. Coloro che nella loro vita seguono questa
strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono
scomunicati!”.
I SUCCESSI IN CAMPO INTERNAZIONALE -
Anche nel campo internazionale, la sua azione e quella del nuovo Segretario di
Stato vaticano dal lui scelto, il cardinale Pietro Parolin, hanno portato a
successi diplomatici talora sorprendenti: basti pensare alla
"riconciliazione" tra Usa e Cuba, allo scambio di telegrammi tra Santa
Sede e Cina in occasione del sorvolo aereo nei viaggi apostolici in Asia, alla
preghiera comune con i leader israeliano e palestinese nei Giardini Vaticani
per la pace in Terra Santa, alla veglia di preghiera per il Medio Oriente che
ha contribuito a scongiurare un intervento in Siria.
Successi che ricordano quelli di un altro Papa
indimenticato, Karol
Wojtyla, che contribuì al processo di democratizzazione della Polonia
e alla caduta del regime di Pinochet
in Cile.
LA SEMPLICITA’ DEL QUOTIDIANO
- A tutto ciò, Papa Francesco ha unito un modo di essere e di vivere
quotidianamente la sua funzione, quasi più da vescovo o addirittura da parroco
che non da Pontefice Massimo. Al bando ori e velluto, ha scelto di vestire di
bianco e di coprire il capo soltanto con la "papalina", spesso
scambiata con i fedeli nelle udienze in piazza San Pietro. Udienze precedute
sempre, anche sotto la pioggia, da un giro fra le transenne a bordo della jeep
scoperta, usata nonostante non mancassero allarmi sul fronte del terrorismo;
come, del resto, ha deciso di spostarsi con una semplice e anonima utilitaria
all'interno della città di Roma, nelle sue visite alle parrocchie, soprattutto
quelle delle periferie.
Ha da subito rifiutato di andare ad abitare negli
appartamenti pontifici del Palazzo Apostolico, preferendo i 75 metri quadrati
nel residence della domus Santa Marta, alle spalle del Cupolone, e i pasti
consumati in mensa, spesso andando a sedersi con il vassoio in mano accanto
agli improvvisati e sorpresi avventori, concedendo anche qualche
"selfie". E poi, al collo una semplice croce in argento al posto di
quella in oro e pietre preziose. Infine, la semplice 24 con cui viaggia in aereo.
I NEMICI - I nemici del Papa
ci sono. Anche nel collegio cardinalizio, Raymond Leo Burke in testa: “Resisterò al Papa se ci saranno le aperture
ai divorziati risposati e ai gay. Non posso fare altro”. C’è chi scommette,
però, che nonostante le resistenze le aperture al Sinodo dei vescovi
dell’ottobre 2015 ci saranno. E mentre Burke, insieme ad altri curiali,
continua a sostenere che “la Chiesa è
senza timone”, qualcuno arriva perfino a negare la legittima validità
dell’elezione di Bergoglio.
È il caso di Antonio Socci che ha affidato al suo libro “Non è Francesco” (Mondadori) questa sua
tesi, completamente smentita dal cardinale Lorenzo Baldisseri che del conclave
del 2013 che ha eletto Francesco è stato il segretario. Ma Socci non è il solo
intellettuale che ha “rinnegato” Bergoglio. I primi mal di pancia papali
iniziarono con un articolo pubblicato su Il Foglio, all’epoca ancora diretto da
Giuliano Ferrara, dal titolo eloquente: “Questo Papa non ci piace”. Autori
Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro. Il primo giornalista e studioso di
letteratura, il secondo canonista e docente di bioetica. Palmaro, scomparso il
9 marzo 2014 dopo una lunga malattia, prima di morire ricevette una telefonata
di conforto proprio da Francesco.
Davanti ai nemici l’ex vicedirettore de L’Osservatore
Romano, Gian Franco Svidercoschi, con alle spalle 60 anni di professione sotto
il Cupolone raccontando il Concilio Ecumenico Vaticano II e l’avvicendamento di
7 Papi, non ha dubbi sulla solitudine di Francesco. “Un Papa solo al comando e una Chiesa che a fatica lo segue” (Tau) è
il titolo del nuovo libro del vaticanista che IlFattoQuotidiano.it ha letto in
anteprima. Per Svidercoschi “Bergoglio
deve fare i conti con quanti si spaventano a sentire le sue idee spesso
decisamente riformatrici”. E sottolinea la forte “discontinuità” con il
pontificato di Benedetto XVI, ma soprattutto la capacità di Francesco di aver
tirato fuori la Chiesa dalla stagione degli scandali, Vatileaks in primis dove,
denuncia Svidercoschi, “nell’anonimato,
c’erano autorevoli ispiratori e cospiratori”. Quei “lupi” di cui parla
Marco Politi e che qualcuno in Vaticano spera tornino presto in azione.
talmente rivoluzionario che dello ior non si sa nulla... e i preti pedofili sono ancora ben difesi da mamma chiesa
RispondiEliminaUn grande. Buon weekend Luca.
RispondiEliminaahahaha rivoluzionario ahahahaha
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