LA DONNA ANDO’ IN
ORBITA IL 16 GIUGNO 1963 ED incarna un reale modello di emancipazione femminile.
LA CRISTOFORETTI USATA COME SIMBOLO IN UN PAESE MASCHILISTA
Da domenica sera anche l’Italia può vantarsi di avere avuto
una donna lanciata nello Spazio: Samantha Cristoforetti, della quale forse
avete sentito parlare fino alla noia. Aviatrice, ingegnera e astronauta
italiana, farà parte della missione ISS Expedition 42/43 Futura della durata di
circa 6-7 mesi, a bordo di un veicolo Sojuz. Trattasi inoltre del terzo
astronauta italiano nella storia dell’esplorazione spaziale. Oltre ad essere la
prima italiana, è anche la terza europea in assoluto dopo la britannica Helen
Sharman (1991) e la francese Claudie Haigneré (2001); scelta tra le sei
migliori di una selezione alla quale avevano preso parte ben 8.500 candidati.
Onori e meriti a lei, per carità, ma ovviamente non si è perso tempo a renderla
un’icona dell’emancipazione femminile, con una nauseante insistenza mediatica
che vorrebbe probabilmente convincere le donne italiane che questo sia
rappresentativo di tutte loro. La realtà però è ben diversa, in un Paese dove
quasi tutti i giorni si consuma un caso di Femminicidio e dove le donne,
professionalmente, sono ancora relegate in lavori marginali. Oltretutto, la
prima donna nello Spazio risale a 51 anni fa ed era una semplice operaia: Valentina
Vladimirovna Tereškova. L’Unione sovietica aveva mostrato, oltre mezzo secolo
fa, cosa fosse realmente l’emancipazione femminile.
LA BIOGRAFIA DELLA CRISTOFORETTI
- Nata a Milano nel 1977 ma originaria di Malè (TN), dove crebbe, compì gli
studi superiori dapprima a Bolzano e poi a Trento, e si laureò in ingegneria meccanica
all'Università tecnica di Monaco (Germania).
Nel 2001 fu ammessa all'Accademia Aeronautica di Pozzuoli,
uscendone nel 2005 come ufficiale del ruolo naviganti normale e con la laurea
in Scienze aeronautiche. Successivamente si specializzò negli Stati Uniti
presso la Euro-Nato Joint Jet Pilot Training di Wichita Falls in Texas.
Nel suo curriculum operativo figura il servizio presso il
61º Stormo Galatina (LE), il 32º Stormo (Aeroporto di Amendola) e il 51º Stormo
di Istrana, prima nell’ambito della Squadriglia Collegamenti (2007-2008) e poi
del 132º Gruppo Cacciabombardieri (2009), e l'abilitazione al pilotaggio degli
aeromobili Aermacchi SF-260, Cessna T-37 Tweet, Northrop T-38 Talon, Aermacchi
MB-339A, Aermacchi MB-339CD e AMX.
Valentina
Vladimirovna Tereškova COME VERO ESEMPIO DI EMANCIPAZIONE FEMMINILE - Valentina era una semplice operaia
tessile con la passione per la tecnica e il volo. Studiando dopo il lavoro
(perché in Unione Sovietica si usava così) un operaio non era condannato a
restare tutta la vita alla catena di montaggio, ma con l’aiuto dello Stato che permetteva loro di studiare
gratuitamente, un’operaia tessile poteva diventare cosmonauta. Superò tutti gli
esami e gli addestramenti necessari per arrivare ad una meta che allora era impensabile
per le donne del resto del mondo. Nel 1966 diventò membro del Soviet Supremo e
nel 1974 entrò a far parte del suo direttivo; dal 1976 in poi fu vice
presidente della commissione per l’educazione, la scienza e la cultura
dell’URSS.
La carriera di Valentina era davvero espressione delle
posizioni avanzate che le donne sovietiche avevano conquistato dalla
Rivoluzione d’Ottobre in poi come: la parità con gli uomini nell’istruzione e
nel lavoro e la possibilità di ricoprire ruoli decisivi in ogni campo della
società sovietica. Le donne dell’URSS potevano decidere di abortire e farlo
assistite negli ospedali fin dal 1920. L’astensione per maternità era di 1
anno, l’assenza dal lavoro per malattia dei figli era permessa fino al
compimento del 12 anno del minore. Avevano la garanzia assoluta di usufruire di
asili nido fin dal temine dell’astensione per maternità e, come tutti i
lavoratori, potevano, durante le ferie, usufruire di case-vacanza gratuite.
LE ALTRE DONNE NELLO SPAZIO -
Dopo di lei trascorsero ben 19 anni prima che un’altra cosmonauta russa,
Svetlana Savitskaya venisse mandata in orbita nel 1982. Svetlana compi’ ben tre
missioni e durante la seconda di esse, denominata Salyut T-12, nel 1984, fu la
prima donna ad effettuare un’ attivita’ extraveicolare della durata di 3 ore e
35 minuti, determinando ancora un primato per i russi.
La terza cosmonauta russa fu Yelena Kondakova che effettuo’
un vero record di resistenzafisica e psichica: la prima permanenza di lunga
durata di una donna a bordo della Stazione Spaziale MIR, dall’Ottobre del 1994
fino al Marzo del 1995, 169 giorni pari a cinque mesi di permanenza in orbita.
Effettuo’ anche un secondo volo nel 1997 a bordo della Space Shuttle Atlantis.
Dopo di lei nessun altra donna russa ha piu’ volato finora. In fondo il mondo
dei cosmonauti russi era prettamente maschilista e di impronta militare quindi,
dopo averne dimostrata la fattibilita’, i vertici del partito e dell’esercito
persero interesse nei confronti delle donne e preferirono dare spazio solo agli
uomini. Solo recentemente una giovane cosmonauta russa e’ stata selezionata per
volare nel Settembre del 2014 come membro dell’Expedition 42, Yelena Serova. Ma
di lei parleremo in un prossimo post, dedicato alle donne nello spazio in epoca
attuale.
E gli Stati Uniti? Nel 1961 anche loro selezionarono un
gruppo di 13 donne destinate a far parte del Progetto Mercury, chiamate Mercury
13. Il progetto tuttavia non era finanziato dalla NASA ma da investitori
privati allo scopo di verificare se le donne fossero in grado di sopportare gli
stessi stress fisici e psicologici dei maschi. Esse superarono con successo
tutti i test ma, nonostante questo, il programma venne alla fine cancellato e
nessuna di loro volo’ mai nello spazio. Infatti, sconfitti dai Russi per la
terza volta nella corsa per lo spazio,
gli USA interruppero i test e chiusero il
programma “Mercury 13″, per dirottare tutte le energie su un’altra sfida: la conquista della Luna. Le donne del
“Mercury 13” furono vittime dei pregiudizi e
e dei giochi di potere all’interno della comunità scientifica e della
stessa NASA. A differenza dei loro
colleghi maschi, piloti militari che
potevano contare sull’appoggio dell’esercito, le astronaute statunitensi erano normali cittadine, e
dovevano chiedere permessi ai loro
datori di lavoro, senza però poterne spiegare il motivo data la segretezza del progetto. Una di loro, Mary
Sloane, arrivò a perdere il marito,
geloso della sua passione per lo spazio.
Bisogno’ aspettare fino al 1983 per avere la prima
astronauta americana nello spazio: Sally Ride, selezionata nel 1978, volo’ a
bordo dello Space Shuttle Challenger nella missione STS-7. Laureata in Fisica,
svolse numerosi esperimenti scientifici a bordo e fu la prima donna ad operare
il braccio robotico dello Shuttle per recuperare un satellite in avaria. Volo’
di nuovo nel 1984, ancora a bordo del Challenger ed era in training per la sua
terza missione quando il Challenger si distrusse durante il lancio il 28
Gennaio del 1986. A causa di questo disastro i voli vennero bloccati per due
anni e mezzo (ripresero nel Settembre del 1988) e Sally fu uno dei membri della
Commissione di inchiesta incaricata di determinare le cause dell’incidente.
Nella tragedia del Challenger persero la vita altre due
donne astronauta, Judith Resnik, la seconda astronauta americana e Christa
McAuliffe, un’insegnante americana.
Judith volo’ la prima volta sullo Shuttle Discovery nel
1984, era un ingegnere elettronico ed era stata reclutata come Sally Ride nel
1978. Fu la prima persona di religione ebraica a volare nello spazio. Sempre
nel 1984 volo’ la prima donna americana a svolgere un’attivita’ extraveicolare,
Kathryn Sullivan, che successivamente volo’ in altre due missioni Shuttle,
totalizzando 532 ore di permanenza nello spazio.
Christa Mc Auliffe era un’insegnante americana che faceva
parte con la collega Barbara Morgan del progetto “Teacher in space”. Avrebbe
dovuto tenere delle lezioni dallo spazio dedicate alla microgravita’ agli
studenti americani con lo scopo di stimolare gli studenti allo studio delle
scienze, della matematica e dell’esplorazione spaziale. Il programma venne
cancellato dopo il disastro del Challenger e ci vollero quasi vent’anni (fino
all’estate del 2007) prima che Barbara Morgan (che era il backup di Christa)
potesse volare sulla missone STS-118 e insegnare dallo spazio alcune delle
lezioni di Christa.
Il primato come astronauta di colore spetta a Mae Jemison,
laureata in Fisica, che volo’ nel 1992
come Mission Specialist a bordo dell’STS-47. Si trattava di una missione in
collaborazione con l’ Agenzia Spaziale Giapponese che prevedeva l’effettuazione
di 44 esperimenti sia giapponesi che americani. Mae decise di fare l’astronauta
ispirata dall’attrice afro americana Nichelle Nichols, che interpretava il
Colonnello Uhura nella serie Star Trek.
Possiamo quindi sostenere che, mentre in Unione Sovietica il
fatto che una donna diventasse cosmonauta era il punto culminante di una serie
di conquiste raggiunte in tutta la società, il fatto che la signora
Cristoforetti vada nello spazio, ai giorni nostri, è solo una conquista
individuale, che non cambia in nulla la condizione di tutte le altre.
Quando il primo cosmonauta dell’umanità, sempre sovietico,
Juri Gagarin (morto in condizioni misteriose) si trovò nello spazio, secondo
quanto raccontato da lui stesso nell’autobiografia, con gratitudine rivolse il
suo pensiero ai lavoratori: “….Cercai
anche di immaginare gli uomini e le donne che avevano preso parte alla
costruzione del Vostok e, allora, davanti ai miei occhi vidi sfilare colonne di
lavoratori. Avrei voluto vederli all’opera nei laboratori, nelle officine,
ringraziarli, stringere loro la mano”.
Dimmi qualcosa che non so. ;-)
RispondiEliminagli uomini Italiani sono maschilisti?
RispondiEliminaLe donne dovrebbero imparare a desiderare di essere padrone di se stesse, anche se amano qualcuno: regalare il proprio cuore non significa annullare la propria personalità.
Già, in URSS avevano tutto tranne che la libertà. I cosmonauti erano considerati carne da cannone poi è ovvio che se sopravvivevano venivano esposti come simboli del socialismo molto peggio di quanto Samantha Cristoforetti possa essere usata come simbolo di un paese maschilista.
RispondiEliminaSì,articolo un po' troppo filosovietico nella prima parte. E non dimentichiamo i cosmonauti fantasma:
RispondiEliminaI cosmonauti fantasma: una bufala, come si ricava dal link wikipediano riportato...ovviamente se uno lo apre e se lo va a leggere. Cosa non obbligatoria per nessuno, tranne che per chi lo riporta.
RispondiEliminaC'è poi da osservare che sono gli italiani o le italiane che vanno a farsi lanciare dai russi, non sono i russi e le russe che vengono a farsi lanciare dagli italiani...E' vero che i russi non sono più sovietici, ma quella cultura non l'hanno cancellata. Come i piemontesi sabaudi, che restaurati dal congresso di Vienna, volevano buttare giù un ponte a Torino perché "sapeva di giacobino".
Una volta passando su quel ponte effettivamente ho notato una brezza giacobina.
RispondiEliminaDa allora sto più attenta...
Valentina Tereskova era un'ufficiale dell'areonautica russa, tenente credo e pilota collaudatrice... da qui a dire che fosse una semplice operaia mi pare che ce ne passa un po'...
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