lunedì 3 novembre 2014

STEFANO CUCCHI: LA DROGA FA MALE, MA LO STATO ANCORA DI PIU’

IN PRIMO GRADO ERANO STATI ASSOLTI INFERMIERI E AGENTI, IN SECONDO ANCHE I MEDICI

A Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi e tanti altri casi più o meno noti, si aggiunge Stefano Cucchi, per la cui morte, consumatasi in modo violento nel carcere di Regina Coeli, non ci sono colpevoli. Stefano, 31 anni, è stato arrestato il 15 ottobre 2009 per droga al Parco degli acquedotti di Roma, ed è morto all'ospedale Sandro Pertini il 22, dopo essere passato per gli ambulatori del Tribunale, del carcere di Regina Coeli e dell'ospedale Fatebenefratelli senza avere mai la possibilità di essere visitato dai parenti. Sul suo corpo sono stati ritrovati lividi e ferite, nonché uno stato di denutrizione; sebbene il ragazzo fosse già molto magro di suo (pesava poco più di 50 chili). Se la sentenza di primo grado aveva già scatenato polemiche, visto che erano stati condannati i sei medici mentre i tre infermieri e i tre poliziotti erano stati prosciolti, in secondo grado sono stati assolti anche i medici. Nessuno è colpevole della sua morte, come se Stefano quelle tumefazioni mortali se le fosse procurato da solo.

LE REAZIONI DEI FAMILIARI - Il calvario del giovane romano, morto nel 2009 una settimana dopo l’arresto per droga, con i segni di traumi violenti e denutrizione, non ha dei responsabili. E mentre la famiglia di Cucchi è indignata, i legali dei medici e degli agenti della penitenziaria non nascondono la loro soddisfazione. La sorella del giovane geometra, Ilaria, sempre in prima linea nella vicenda, scoppia a piangere. Poi attacca: «Una giustizia malata ha ucciso Stefano. Mio fratello è morto in questo palazzo cinque anni fa, quando ci fu l’udienza di convalida del suo arresto per droga, e il giudice non vide che era stato massacrato». «Continueremo la nostra battaglia finché non avremo giustizia», promettono la madre e il padre di Stefano, Giovanni. «Non si può accettare che lo Stato sia incapace di trovare i colpevoli».

QUELLA DEGLI AVVOCATI - «Era quello che temevo - dice Fabio Anselmo, legale dei Cucchi -. Vedremo le motivazioni e poi faremo ricorso». È stato proprio lui a mostrare nelle udienze le foto del corpo di Stefano. All’opposto, i legali degli imputati, sei medici, tre infermieri e tre agenti della polizia penitenziaria. Per tutti l’accusa aveva chiesto la condanna. «Era quello che ci aspettavamo come risultato minimo. Siamo molto soddisfatti», dice Gaetano Scalise, difensore del professor Aldo Fierro, primario del reparto detenuti dell’ospedale Pertini. «Il punto nodale - aggiunge - è che esistono dubbi sulla causa di morte di Cucchi, e questo esclude la responsabilità del medici». «Una sentenza assolutamente equilibrata perché dà atto dei dubbi che la perizia non era riuscita a risolvere», affermano i legali di Luigi De Marchis Preite, altro medico imputato.

LA SODDISFAZIONE DELLA POLIZIA - Soddisfatto invece il sindacato di polizia Sap. «Tutti assolti, come è giusto che sia», dice il segretario Gianni Tonelli, che chiede al Comune di Roma di non intitolare una piazza a Cucchi. «In questo Paese - si legge in una nota - bisogna finirla di scaricare sui servitori dello Stato le responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità». Poi il comunicato prosegue con una frase che sta facendo molto discutere: «Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze. Senza che siano altri, medici, infermieri o poliziotti in questo caso, ad essere puniti per colpe non proprie». E proprio il sindaco della capitale, Ignazio Marino, si dice «senza parole». Il rispetto per i giudici «è massimo -aggiunge- ma questa sentenza è dissonante rispetto alle conclusioni formulate dalla Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale del Senato». Per Amnesty International «verità e giustizia sono ancora più lontane». 


(Fonte: La Stampa)

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