Presidente della repubblica piu’ amato dagli italiani, fu
inghiottito da una smania di protagonismo aizzata dal giornalismo servile. Non
amava le critiche, e si parlava poco bene di lui anche come partigiano al
confino
Tra la fine degli anni ’70 e la fine degli anni ’80, il
Partito socialista italiano assunse in Italia un potere straordinario. Bastava
la parola di un semplice Assessore comunale per ordinare un assunzione di un
qualunque “figlio di” o portaborse. Siamo negli anni della “Milano da bere”,
del Psi che arrivò al 21% dei consensi, sottraendoli a Pci e Dc in flessione
dopo il caso Moro e il compromesso storico saltato. Punto di arrivo di questo
successo fu la nomina a Presidente della Repubblica del primo (e molto
probabilmente ultimo) socialista, Sandro Pertini, mentre stessa sorte toccò per
la Presidenza del consiglio, a Bettino Craxi, con due legislature. Poi sappiamo
tutti come è andata a finire. Se per quest’ultimo la memoria degli italiani è
spaccata in due, tra chi lo ritiene essere stato un grande statista e chi
invece solo un mariuolo, molto più unanime o quasi è il pensiero sul primo.
Ritenuto il più amato Capo dello Stato di sempre. Perfino l’anti-politico per
antonomasia, Beppe Grillo, ne tesse spesso le lodi sul suo blog. Simbolo della
resistenza, finito al Confino con altri partigiani, Pertini aveva grande
personalità ma anche umiltà. Peccato che il giornalismo mediocre e zelante
dell’epoca lo trasformò in una sorta di figura celestiale, ingigantendo il suo
Io. Portandolo perfino a una smania di protagonismo talvolta patetica. E si
scagliava anche violentemente contro chi lo criticava. Come Massimo Fini,
giornalista anticonformista da sempre, all’epoca uno dei pochi a sottrarsi a
questo coro unanime, pagandone anche professionalmente. Già, perché Pertini era
arrivato anche a questo.
LE CRITICHE COME PARTIGIANO –
In
un’intervista, Fini ricorda come lui sia stato l’unico giornalista
querelato da lui (querela minacciata e mai arrivata ovviamente) ( come riporta
nel suo folgorante libro- intervista a Pertini proprio Livio Zanetti:”Cercai
inutilmente di far licenziare uno strano giornalista italoamericano..”). In un suo
articolo scritto per l’America riportò quello che pensavano veramente di lui
alcune fonti non sospette. E poi ricorda altri aneddoti. All’A.N.P.I ad esempio di lui dicevano (lo ricorda anche Altiero
Spinelli in un libro, parte poi censurata dall’editore): ”O era una spia o era
un idiota” tanto è vero che tutti i capi partigiani clandestini che lui durante
il fascismo andava a trovare il giorno dopo venivano arrestati. Sempre
all’A.N.P.I non gli perdonavano che nel dopo guerra divenuto comunque famoso
per fare un comizio pretendesse scarpe e abiti di Gucci firmati.
E ancora rammenta: dei
quadri del Senato prestatigli come ex presidente dello stesso e sembra mai
restituiti. Delle veline del Sifar che concordamente lo qualificavano come il
più adatto a far da paravento istituzionale in caso di colpo di Stato. Della
malignità con cui assillò il povero Lombardi tanto si disse da contribuire a
fargli venire l’infarto…alla marea di insulti da scaricatore di porto e di
bestemmie irriferibili con cui immediatamente ricopriva chi solo accennasse
anche velatamente a un accenno critico..Scalfari compreso.
IL GIORNALISMO ZELANTE E LA SCARSA
TOLLERANZA ALLE CRITICHE - Poi c’era il giornalismo zelante, quello che
gonfiò il suo io. Nell’intervista si ricordano articoli che scrivevano: “Ecco l’aereo di Pertini che democraticamente
atterra come tutti gli altri”. E ancora “Quando era coscritto in Francia il
futuro Presidente ridipingeva le pareti con lente e maestose pennellate fatte
ad arte,senza sbagliarne una. Più che il ritratto di un imbianchino sembra il
ritratto di Michelangelo”.
Poi Fini ricorda come un suo articolo su Pertini gli costò
il posto alla Domenica del Corriere: “L’ultimo
mio articolo su Pertini si chiamava “Il Presidente che io vorrei”, scritto
verso la fine del suo settennato che era l’esatto contrario di ciò che poteva
caratterizzare uno come lui. Immediata rabbiosa telefonata al direttore della
rivista la Domenica del Corriere Pierluigi Magnaschi, un gentleman dell’informazione,
il quale ricoperto da una valanga di insulti cerca di barcamenarsi alludendo
all’autonomia delle rubriche dei giornalisti, allo spirito un po’ da bastian
contrario di Massimo Fini…era come fermare il mare con un dito. Il “nostro” San
Pertini gli latra minacciosamente:”Non credere di fare il furbo con
me,imbecille!chiamo il tuo padrone Agnelli e vediamo qui chi comanda!” E
infatti il giorno dopo mi si presenta il responsabile editoriale della casa
editrice Lamberto Sechi…”
Altro episodio capitò proprio in occasione dei funerali di
Cernenko: In una conferenza stampa,
tenuta presso l'ambasciata italiana, Pertini ha affermato che il corrispondente
di Il Giornale è un ottimo giornalista «e poi non ha mai detto nulla contro di
me». Cosa significa, signor presidente? Che se invece le avesse mosso qualche
critica, non sarebbe più né «ottimo» né «intelligente»? Che i giornalisti si
dividono in «buoni» o «cattivi» a seconda dell'atteggiamento che prendono nei
confronti del presidente della Repubblica?
Ma i funerali di Cernenko rappresentano anche una gaffe di
livello internazionale.
LE MANIE DI PROTAGONISMO E LA
FIGURACCIA IN SUDAMERICA – Sandro Pertini, forse per la suddetta
pomposità della stampa nei suoi confronti, finì per piombare ovunque ci fosse
un evento di rilevanza mediatica. Un po’ come fa oggi Barbara D’Urso. Si recò anche
a Vermicino, dove il povero Alfredino finì in un tombino dal quale fu estratto
solo morto (il primo caso di cronaca raccontato in diretta tv, varcando una
linea di confine dalla quale non si più tornati indietro). Telecameri e
sciacalli che non salvarono quel povero bambino.
Lo si è visto perfino sull’aereo dell’Italia campione del
Mondo, nelle famose immagini che lo ritraevano giocare a carte con Bearzot. Un
personaggio mediatizzato, che anticipò la mediatizzazione fino alla nausea
della politica italiana. Clamoroso poi fu il caso dei funerali di Cernenko, Segretario
generale del Partito comunista sovietico. Uno che inasprì di nuovo i rapporti
con gli Usa prima della distensione voluta successivamente da Gorbaciov.
Per partecipare ai suoi funerali Pertini, ricorda
sempre Fini, annullò in fretta e furia una visita in Brasile e in Argentina,
dove milioni di persone (tra cui molti italiani emigrati) gli avevano preparato
da mesi una cerimonia di benvenuto. In
quanto al Brasile, dove da tempo Pertini era stato invitato per presenziare
all'insediamento di Tancredo Neves - il primo presidente civile dopo un periodo
di dittatura militare- non ci ha neanche messo piede. In questa storia non sono
in gioco solo motivi di suscettibilità, di opportunità, di «galateo»
diplomatico, che pur hanno il loro peso, ma anche questioni che hanno un
preciso significato politico. La visita di Pertini in Sud America infatti si
qualificava anche come atto di sostegno,di appoggio morale a due nazioni che
hanno ripreso da poco, o da pochissimo, il difficile cammino della democrazia.
E invece che fa il presidente della Repubblica italiana? Pianta in asso queste
due giovani democrazie per accorrere ai funerali di Cernenko. È vero che è convenzione che i capi di Stato
partecipino a questo tipo di cerimonie formali ma non è sicuramente condivisibile
la decisione di Pertini di interrompere una visita ufficiale, che poteva e
doveva continuare ad onorare, e per fare un balzo di sedici mila chilometri pur
d'essere presente al funerale di Cernenko e all'insediamento di Gorbaciov,
esercitando così una funzione di rappresentanza che poteva benissimo essere
svolta dal presidente del Consiglio. Qualcuno ha insinuato che il comportamento
di Pertini è stato tale «perché si approssimano le elezioni presidenziali
italiane, nelle quali il voto comunista sarà importante, forse determinante». Fini
così ritorna sulla questione protagonismo: Noi crediamo che Sandro Pertini sia lontanissimo da calcoli così
meschini. La questione è un'altra ed ha a che fare molto più col carattere
dell'uomo che con la politica. C'è infatti in Sandro Pertini una tendenza al
protagonismo, a mettersi al centro d'ogni situazione, si tratti di Vermicino,
della malattia e dei funerali di Berlinguer o di Cernenko, per non citare che
tre dei molti casi che si potrebbero fare. Pertini vuol essere sempre al centro
dell'attenzione. Di questo protagonismo il presidente della Repubblica è
responsabile solo in parte. Molto di più lo è la stampa italiana che, salvo
rarissime eccezioni, al protagonismo lo ha sempre indotto e ne ha avallato
sempre, con zelo e, a e vo te, con punte di straordinaria piaggeria, tutti i
comportamenti, anche i più discutibili. Con questo atteggiamento di servilismo,
certa stampa non ha affatto giovato a Pertini, ma lo ha danneggiato perché le
ottime qualità di quest'uomo hanno finito per essere sminuite ed offuscate da
un eccesso di ostentazione. Se la stampa avesse fatto il suo dovere, non
rinunciando alla sua funzione critica, avrebbe aiutato il presidente della
Repubblica a svolgere meglio il suo difficile lavoro e gli avrebbe evitato
qualche errore. Così invece abbiamo un presidente che, a furia di non
riceverne, è talmente refrattario alle critiche che le prende come un'offesa
personale.
Ma erano gli anni ’80, decennio ruggente, dove l’estetismo
era tutto. Come l’illusione. E l’Italia di quegli anni si stava illudendo,
eccome. Credevamo che tutto stesse andando a gonfie vele, che dinanzi a noi ci
fosse un futuro di prosperità e abbondanza. Che non ci fosse più bisogno di
scontri sociali, bombe o proiettili come quelli del decennio precedente. E
invece, ci siamo ritrovati tutt’altra realtà finiti i fuochi d’artificio. Anche
quelli di Pertini.
Ma vai cag...re. Detto con il cuore.
RispondiEliminaParagonato al nano del bungabunga è logico che Pertini ci perde. In un paese di somari sciocchi è UNA PILLOLA da mandare giu'
RispondiEliminaSembra che Sandro Pertini sia stato anche molto peggio di quanto scritto nell'articolo
RispondiEliminaE nonostante questo, viene da molti considerato, come uno dei migliori Presidenti della Repubblica, che abbiamo mai avuto. Se Pertini era uno dei migliori, o addirittura il migliore, gli altri come saranno stati? ; )
RispondiEliminaSe questo è il migliore,gli altri meglio tacere ;)
RispondiEliminae le foibe? e i marò? ki ti paka ( cit ) eh?
RispondiEliminaBravo Scialo. Sei riuscito ad attirare la torma fascista che non aspetta altro che gettarsi addosso ai valori fondanti della Costituzione, nata dalla Resistenza e, perché no, da quelle quattro giornate di Napoli che hanno riscritto la Storia. O sono un mito pure quelle? A questo punto un mito è anche Lauro e il laurismo, Cutolo ossequiato in carcere dai Gava e Giggino 'a Purpetta amico di Cosentino.
RispondiEliminaDai però ci sei tu, per fortuna. Napoli ha ancora buone speranze ;)
Eliminamah.... nella marea di merda che si è avuta non mi sembrano grossi difetti.
RispondiEliminal'unica critica veramente dura è quella dell'anpi ma nell'anpi erano comunisti mentre lui socialista, non è proprio "non sospetta"