SAREBBE MORTO NEL MARZO 2013, LA CONFERMA DALL'INTELLIGENCE
AFGANA
Lo chiamavano “il Guercio” per quell'occhio perso in
battaglia contro i sovietici, o anche “la Primula Verde” per la caccia spietata
e supertecnologica che i marines americani gli hanno dato per anni restando
però sempre con un palmo di naso. Ma il Mullah Omar poteva anche essere
definito un Che Guevara afgano, un Cavaliere oscuro dal quale gli occidentali
dovrebbero prendere esempio.
UN UOMO COERENTE E CON VALORI
- Non per la Sharia che impose in Afghanistan dopo la cacciata dell'Urss, che
reprimeva le libertà femminili, impose la chiusura di cinema e il bando della
musica, o la legge del taglione, ma quanto meno per la coerenza, i principi che
ha sempre portato avanti. In battaglia non ha mai tradito, si è sempre posto in
prima fila, fino in fondo. Aveva capito che la modernità occidentale è il vero
male e aveva creato per la sua gente una sorta di Medio Evo a riparo dalla
degenerazione del mondo esterno.
Detestava Bin Laden, che gli fu portato in casa come
rifugiato dopo i fatti dell'11 settembre, diventandone suo malgrado pure
'braccio destro'. Una tragedia che non vide coinvolto nessun talebano tra gli
artefici (paradossalmente, si trattò dei sauditi, con i quali gli Usa hanno un
rapporto finanziario privilegiato), ma che bastò per avallare la guerra in
Afghanistan al fine di accaparrarsi petrolio e gas locali. Nonostante questo il
Mullah Omar non lo ha mai consegnato agli invasori americani, anzi li ha
combattuti e beffati fino in fondo. E non si era mai arricchito una volta
andato al potere nel '96. Né ha fatto trarre benefici alla città dove è nato, Singesar.
Bandì pure il commercio di oppio, oggi invece sdoganato.
Negli ultimi anni era diventato anche oppositore all'avanzata
dell'Isis. Ma con la sua morte – probabilmente frutto di un regolamento dei
conti interno dei talebani – l'Isis avrà maggiore possibilità di penetrare
anche in terra afgana, mentre le varie tribù talebane (che lui riusciva a
tenere unite in un progetto comune) si disgregheranno, portando nel Paese ancora
più caos.
LA VITA – Era guercio perché
una pallottola di qualche “shuravi” gli aveva portato via un occhio quando i
mujahidyin afghani avevano fermato l’invasione sovietica, e poi costretto a una
ignominiosa ritirata l’Armata Rossa, sempre dietro il vecchio sogno di Mosca
(degli zar, prima, e poi del politburo) d’una frontiera sui mari caldi. E
quanto all’onore d’essere la Primula di Allah, il Mullah se l’era guadagnato
perché ha sempre beffato Cia e Marines che gli davano una caccia spietata e
però poi restavano con un palmo di naso (una volta, il Pentagono ci fece anche
visionare a Kabul uno di questi video della caccia al Mullah, con i
paracadutisti che partono in missione, il lancio su Kandahar, la ricerca con
tanto di gps e di visori notturni, ma alla fine il ritorno a mani vuote, e
comunque sullo sfondo, gonfia, trionfale, la stessa colonna sonora che
Hollywood prestava ai film di guerra quando John Wayne batteva i musi gialli -
questo, per dire che il Califfo barbuto al-Baghdadi sa dove imparare a fare i
suoi filmati trionfalistici).
Era diventato un leader quando faceva il maestro in una
scuola coranica di Kandahar. Una banda di mujahidyin aveva rapito un giovinetto
di cui s’era preso il capobanda, e i genitori di quel ragazzino avevano chiesto
aiuto alla scuola di Omar; il Mullah, aveva fatto di tutto per convincere
quell’assatanato a mollare la sua povera preda, e però, rispedito sempre a casa
a mani vuote, aveva organizzato i suoi allievi (i taliban, appunto) in banda
armata, in un paese dove ogni afghano sopra i 14 anni ha almeno un kalashnikov
di suo, e aveva saputo liberare il ragazzo, guadagnandosi fama e popolarità.
A diciotto anni si batte contro gli invasori sovietici e in
battaglia viene ferito irrimediabilmente a un occhio, se lo strappa, si benda
da sé e torna a combattere. Che prosegue con quattro ragazzi, Omar, Ghaus,
Hassan e Rabbani, che sulla piazza del loro povero villaggio, Singesar,
decidono di fare qualcosa contro le prepotenze, gli abusi, le violenze, gli
stupri, gli assassinii dei "signori della guerra" che, impegnati in
una feroce lotta per il potere, agiscono nel più pieno arbitrio. Nasce così il
movimento talebano che nel giro di soli due anni (1994-96), grazie all'appoggio
della popolazione, sconfiggerà i "signori della guerra" riportando
l'ordine e la legge, sia pur una dura legge, la sharia, nel Paese di cui Omar
diventerà la guida.
I servizi segreti pakistani avevano visto in lui un utile
strumento di destabilizzazione del potere di Kabul, e gli avevano fatto
“trovare” uno sterminato arsenale di armi, compresa una robusta formazione di
carri armati: cominciava la leggenda del santone guercio, che poco alla volta,
provincia dopo provincia, faceva fuori i signori della guerra locali, e alla
fine entrava trionfalmente in Kabul.
L’Afghanistan diventava un Emirato islamico, la sharia’ era
la nuova legge di Allah, e Osama bin Laden trovava nel nuovo potere la forza
organizzata capace di dar concretezza al suo sogno d’un Emirato universale. Il
resto è storia recente.
IL RICORDO DI MASSIMO FINI –
Il giornalista e scrittore Massimo Fini qualche anno fa gli ha dedicato un
libro: Il Mullah Omar, esaltandone il ritratto di un uomo singolare, riservato,
di poche parole ma attento a quelle degli altri, timido, quasi umile, e anche
per questo adorato dai suoi, ma per nulla cupo, ironico e sarcastico, che
arrivato al potere continuerà a condurre la vita spartana di sempre e non lo
userà per arricchirsi o ritagliarsi privilegi ma per inseguire un suo sogno. Quello
di un Afghanistan finalmente unificato e pacificato, lontanissimo dagli stili
di vita dell'Occidente.
Intervistato da Lettera43, Fini sottolinea come il Mullah
Omar stesse lavorando a un accordo col governo di Kabul. L'obiettivo era fare
fronte comune contro l'avanzata dell'Isis. Con lo Stato islamico, d'altra
parte, lui stesso non ha mai voluto avere a che fare. E ammette come la notizia
della sua morte rappresenta un grave danno anche per l'Occidente. Viene a
mancare uno sbarramento efficace all'Isis che ora, invece, si trova la strada
spianata. Anche per il fascino che esercita sulle nuove generazioni. E ipotizza
che sia stato ucciso da un regolamento di conti interno ai talebani, perché lo Stato
islamico non sarebbe stato in grado di eliminarlo. Proprio come Unione
sovietica e Stati Uniti.
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