IMPRIGIONATE IN CASA
DAL CODICE KANUN, GUADAGNANO SETTE CENTESIMI PER ASSEMBLARE UNA CORONA
RIVENDUTA A ROMA PER VENTI EURO
La religione, si sa, è anche un business. Dopo essermi
occupato di quello legato al miracolo di Medjugorje e quello scandaloso relativo alla vendita di testi a sfondo
sessuale da parte di una casa editrice del Vaticano, in questa sede riporto
un’interessantissima inchiesta di Repubblica,
che svela le storie drammatiche che si celano dietro le apparentemente innocue
coroncine del rosario, vendute nelle botteghe site intorno al Vaticano,
all’interno della Santa sede stessa, e non molto lontane da Rimini.
Tali rosari sono infatti prodotti dalle donne di Skutari,
una cittadina situata nel Nord dell’Albania, dove vige ancora un antico codice
d'onore: il Kanun. Questo sistema di leggi e comportamenti dall'origine
antichissima e semisconosciuta (gli storici lo fanno risalire all'impero
bizantino, ma tracce se ne trovano anche in precedenza), tramandato fino al
Ventunesimo secolo soprattutto oralmente, prevede la vendetta. Questo significa
che nelle zone settentrionali dell'Albania, dove la società è più arretrata rispetto
al resto del Paese, se una famiglia subisce un assassinio gli uomini possono
vendicarsi sui parenti dell'omicida e se non lo fanno si macchiano di infamia.
I familiari fino al terzo grado di un omicida non hanno altra scelta che
cambiare città, vendere tutto e rinchiudersi nella nuova casa nella speranza o
di ottenere il perdono o di non essere mai più rintracciati dai vendicatori.
Sembra prassi di un'altra epoca, in realtà solo pochi mesi fa un ragazzo è
stato ucciso davanti agli occhi di testimoni silenziosi in un centralissimo bar
della città.
LA VITA
DURA DELLE
FAMIGLIE - A Skutari ci sono circa novanta famiglie costrette a
fare i conti con il Kanun. Persi fra le viuzze di campagna, il vecchio stadio e
tante casette con terreno e cancelli, vivono i Papleka: marito, moglie, un
figlio e una figlia, raccolti nel salotto dove è appena arrivato in regalo un
vecchio pc e dove il fumo delle innumerevoli sigarette va a impregnare moquette
e carta da parati costellata dai ritratti di nonni e zii che non ci sono più.
Tolte le scarpe e adagiati negli immancabili profondissimi divani, i Papleka
raccontano come è cambiata la loro vita nell'arco di cinque anni, da quando
cioè il Kanun per il gesto omicida di un loro cugino li ha costretti a lasciare
casa e terreno sulle montagne d'origine per nascondersi fra i vicoli discreti
di Skutari. Che non sia una vita facile lo si capisce dall'espressione
dell'uomo, talmente mortificato dalla sua condizione di prigioniero ai
domiciliari da non voler nemmeno presentarsi con il suo nome. Lo sguardo basso
e una continua ricerca della nicotina sono la costante delle sue giornate,
mentre il figlio va controvoglia a scuola e le donne si occupano dell'economia
domestica, intesa sia come il quotidiano affaccendarsi che come lo sbarcare il
lunario. Sedia di paglia per la mamma, cuscino in terra per la figlia, una
busta di perline, filo di ferro e due paia di pinze: il necessario per montare
un rosario. Anzi, non uno ma 144 da completare in quattro giorni.
IL BUSINESS DELLE CORONCINE -
L'antico codice Kanun, che segrega alcune donne albanesi in casa per non
incappare nella vendetta, favorisce il moderno processo della globalizzazione.
Bisognose di un lavoro domestico per sbarcare il lunario, queste donne vengono
ingaggiate da un commerciante italo-albanese: ogni giovedì arrivano dall'Italia
perline, croci e fili da trasformare in rosari, che poi faranno il viaggio
inverso per finire nelle case e nelle macchine dei devoti italiani.
Il mercato dei rosari è florido e abbastanza incontrollato.
In Italia ci sono due o tre grandi ditte e una miriade di piccoli grossisti e
venditori fai da te che si servono da un universo di piccoli o medi
rifornitori. Uno di questi è tale "Frizz", il commerciante che
gestisce la manodopera in Albania. Lo abbiamo cercato a Skutari e siamo
arrivati in un piccolo garage della zona periferica della città, ma
l'accoglienza non è stata delle migliori: appena varcata la porta siamo stati
costretti ad tornare fuori per evitare guai. Ma una traccia l'abbiamo trovata:
la ditta rifornitrice del materiale è a Rimini. Neanche in Romagna però siamo
stati accolti con il tappeto rosso. E' quindi molto difficile ricostruire passo
passo il cammino di un rosario dalle catapecchie di Skutari, ai committenti del
Nord Italia, alle botteghe di oggetti sacri disseminate attorno al Vaticano. E
questo nonostante, in apparenza, non ci sia alcun reato, nulla che giustifichi
il silenzio, la riluttanza, le minacce in ci siamo imbattuti sia a Skutari che
in Vaticano, che a Rimini. Forse però, sapere e far sapere che delle donne
albanesi bisognose di carità sono diventate vittime di un dumping economico per
incrementare i guadagni su articoli religiosi, beh, non fa piacere a nessuno.
IL COMMERCIO VICINO RIMINI -
Cusercoli, piccolissimo borgo dell'Appennino emiliano, settanta chilometri da
Rimini. Un minuscolo fiume, caratteristiche case in pietra, il classico bar di
paese, e una fabbrica, la Lauretana, orgoglio del posto in quanto leader
nazionale del suo settore: produzione e vendita di rosari. Siamo arrivati qui
guidati dai negozianti riminesi che hanno indicato la Lauretana come la maggior
rifornitrice di articoli per i loro negozi. In effetti questa piccola fabbrica,
che oggi conta quattordici operai, ha una storia degna di tutti gli onori: "Molte
donne del paese facevano rosari in casa per arrotondare i pochi soldi che
entravano ogni mese - raccontano i paesani -. Quando dopo la guerra c'era poco
lavoro o nulla, il signor Beccucci ci affidava questo compito e così molti di
noi hanno rinunciato ad andarsene e il paese è rimasto vivo".
Questa però è una storia di decenni fa, adesso c'è la crisi
e l'arrotondamento non c'è più. Piuttosto, c'è la delocalizzazione che stiamo
cercando. "Sì, la Cina è la più economica, poi viene l'Albania. Siamo su
un costo di 35-40 centesimi a rosario. Ma produciamo anche in Ecuador, Romania,
Cecoslovacchia...". A parlare è il responsabile del commercio della
Lauretana con Roma e il Vaticano ("dove portiamo sempre camionate di roba
e addirittura riforniamo il magazzino personale del Papa"), che racconta
come "con la globalizzazione e la concorrenza, soprattutto cinese, devi
cambiare marcia e fare i tuoi affari all'estero. Noi arriviamo a vendere anche
in Nuova Zelanda, per quanto riguarda la produzione invece è direttamente il
titolare a tenere le fila di tutto perché devi stare attento a non infrangere
le leggi nostre e dei paesi dove andiamo a produrre. A volte si serve di
intermediari, ma comunque è lui a sorvegliare tutto".
SULLE BANCARELLE FUORI AL VATICANO - Via di Porta
Angelica è un via vai di turisti, preti e suore. Il colonnato del Bernini in
fondo alla strada è la meta del flusso, piazza San Pietro non aspetta altro che
riempire gli occhi di chi si appresta a varcarlo. Prima delle meraviglie del
Rinascimento italiano si possono però visitare le bancarelle e i negozi che
affollano la via. C'è la Casa del rosario, ci sono ritratti della Vergine in
ogni vetrina, ci sono bancarelle ambulanti più o meno a ogni incrocio. Dentro e
fuori dai negozi campeggiano i rosari che Anna e la signora Papleka hanno
contribuito a realizzare. Costo? "Per te che sei italiano facciamo
quindici euro, se fossi americano sarebbero venti". Offerta rifiutata, ma
è interessante sapere come funziona questo mercato: "Noi mettiamo le
nostre bancarelle grazie a una licenza che paghiamo regolarmente. I rosari li
prendiamo dai grossisti che ci riforniscono da varie parti di Italia: Milano,
Roma, l'Emilia. Ordiniamo uno stock e poi li mettiamo in mostra".
Un commerciante non si va a interessare della provenienza
della mercanzia, ma che ci sia la corsa al minor costo lo sanno tutti:
"Sì, i prezzi si sono abbassati perché probabilmente i produttori hanno
cercato manodopera all'estero. Ma per forza, da quando anche in questo settore
sono entrati i cinesi, che vendono paccottiglia a prezzo bassissimo, ti devi
inventare qualcosa". Stessa storia dentro un negozio, dove però i rosari
che stiamo seguendo si trovano anche a tre euro: "Il prezzo dipende dalla
fattura, certo quelli italiani sono i migliori, perché li facciamo ancora in
argento. Il problema è la concorrenza della Cina che, anche se non è un paese
cristiano, ha già conquistato questo mercato". Fra una maglietta di
Francesco Totti e una reliquia di Padre Pio varchiamo le Mura vaticane e
arriviamo al Mosaic Art, grande e storico negozio appena all'esterno del
colonnato. Fare conversazione è però impossibile, non resta che rivolgersi ai
tre punti vendita che fanno direttamente capo al Vaticano: le Grotte, la Cupola
e i Musei Vaticani.
Le Grotte altro non è che un'edicola fornita di tutto il
necessario per attirare turisti e religiosi, dove trovano posto le perline di
legno e le corone con le chiese di Roma, infilate con tanta naturalezza in
Albania. Prezzo al dettaglio: otto euro. Il ragazzo che sta al banco non è entusiasta
di spiegarci il suo lavoro, "perché dovreste chiedere al mio
principale", e si limita a confermarci che il punto vendita è di proprietà
diretta del Vaticano. Il negozio della Cupola è casa di due suore molto gentili
e sorridenti, che dopo averci ricordato le differenze fra i misteri (gaudiosi,
dolorosi, gloriosi e luminosi) del rosario mettono in mostra gli oggetti. E
anche qui rispuntano i prodotti d'oltre Adriatico a un prezzo variabile fra gli
otto e i quindici euro. Le suore dicono di rifornirsi da un grossista fuori
Roma, ma sulla provenienza dei rosari non sanno nulla.
E ALL'INTERNO DEL VATICANO - In tutta Italia ci sono chiaramente diversi fornitori e
grossisti di articoli religiosi e finalmente un po' di chiarezza ci viene
offerta nello studio del direttore dei Musei Vaticani, il professore Antonio
Paolucci. In verità non sarà Paolucci a soddisfare la nostra curiosità, visto
che il nostro incontro dura all'incirca un minuto e mezzo, il tempo cioè di
farsi rispondere che "io non mi occupo di queste cose, se anche i rosari
fossero fatti da vedove albanesi sfruttate non mi interesserebbe, lei piuttosto
se ne vada e si faccia un giro nei Musei".
Sarà Renzo Ruggeri, direttore della ditta Opera Musei
Fiorentini, la principale rifornitrice del negozio dei Musei Vaticani a
spiegarci un po' la faccenda. Per prima cosa, il referente ultimo di quello che
viene venduto dentro i Musei è proprio il direttore, insieme al suo vice
Nicolini. Poi l'ammissione che fra le migliaia di rosari arrivati in Italia ce
ne possano essere alcuni frutto di dumping sociale sconosciuto: "Noi
abbiamo molti rifornitori in Italia ma non con tutti abbiamo un rapporto
decennale, quindi è possibile che ci siano casi come quello che lei ci
racconta. Faremo delle verifiche e se lo troviamo sicuramente non ci riforniremo
più da loro", spiega Ruggeri. Passeggiando nello shop dei Musei Vaticani
con lui ci accorgiamo comunque che lì i rosari incriminati non ci sono. Invece
penzolano tranquillamente all'interno dell'ultimo punto di diretta
responsabilità vaticana che è il negozio all'interno della Basilica di San
Giovanni in Laterano, cattedrale della diocesi di Roma. Anche in questo punto
la tariffa oscilla fra gli otto e i quindici euro e anche qui il ragazzo
addetto alla vendita conferma che tutto dipende dal Vaticano e che da dove
provengano i rosari in vendita non si sa.
..da vendere a medjugorje ?
RispondiEliminabarbara
basito
RispondiEliminaivan
brutta gente
RispondiEliminaangelo
Caro Luca,
RispondiEliminagrazie dei libri che mi hai mandato a casa! ihihihi scherzo anche io ho un blog su blog spot... poi vorrei sapere perchè mi mandi questi link sulla mia pagina facebook quando sai bene che sono cattolica????ihihih