PRIMA LE POLITICHE DI MARZO POI LE ULTIME AMMINISTRATIVE
HANNO CERTIFICATO LA CRISI DEL CARROCCIO. FORSE LA GENTE NON HA PERDONATO GLI
SCANDALI DI CASA BOSSI E L’ENNESIMA ALLEANZA COL CAVALIERE
Quasi un anno fa esprimevo il
mio scetticismo sul “ritorno al passato” della Lega Nord nel tentativo di
rifarsi una nuova verginità politica, ponendosi all’opposizione dell’allora
Governo Monti, ripescando le smanie secessioniste, le fobie razziste, con il
nuovo segretario Roberto Maroni non in grado di scaldare le platee quanto
faceva il leader storico carismatico Umberto Bossi. Ma a parte questi fattori, il
popolo leghista non ha ancora digerito gli scandali riguardanti “il trota” e il
cassiere Francesco Belsito, che hanno utilizzato le casse del partito come fossero un
Bancomat, nonché l’ennesima alleanza con Silvio Berlusconi alle politiche dopo
un anno di gelo (come noto, il Pdl aveva scelto di appoggiare il Governo
tecnico, mentre il Carroccio era passato all’opposizione). Dopo quasi vent’anni
passati a Roma, il popolo leghista ha notato un certo imborghesimento del
partito, meno radicato nel territorio e più presente in Tv e nei salotti. E
gliel’ha fatta pagare in due rate: alle politiche, dove la Lega Nord ha
superato di poco il 4%, e alle ultime amministrative, dove ha perso tutte le
roccaforti.
LA GEOGRAFIA DELLA DISFATTA
- Da Brescia a Treviso passando per
Vicenza, Sondrio e Imperia e Lodi in tutti i grandi comuni la Lega Nord ha
perso voti sia in termini assoluti che in termini percentuali. E le cose non
vanno meglio nelle realtà minori.
A Treviso, dove lo spadone è stato impugnato per l’ennesima
volta dallo sceriffo Giancarlo Gentilini, la Lega si è fermata all’8,26% contro
il 15,39% di cinque anni fa. Al secondo turno l’ottantaquattrenne leghista è
stato poi sconfitto. A Vicenza, dove è stato confermato al primo turno il
sindaco uscente Achille Variati (Pd – Udc), la leghista Manuela Dal Lago ha
portato il Carroccio al 4,59% (meno di un terzo dei consensi del 2008, quando
era arrivata al 15,11%) conquistando appena 1 seggio in consiglio comunale.
A Brescia, uno degli appuntamenti più attesi di queste
amministrative, dove la Lega sostiene il sindaco uscente Adriano Paroli (Pdl),
non è andata oltre uno scarno 8,66%, lasciando sul terreno 7 punti percentuali
e 10 mila voti. A Lodi passa dal 16,57% al 9,79%. A Sondrio, dove correva da
sola, non è andata oltre il 7,78%, in coalizione cinque anni fa era arrivata al
9,83%. Anche a Cinisello Balsamo, grande comune in provincia di Milano, la Lega
ha dimezzato i suoi voti, passando dall’8,69 al 4,64%, portando la coalizione
al ballottaggio con 20 punti di distacco dalla candidata di centrosinistra Siria
Trezzi. Nemmeno nel feudo tosiano le cose vanno meglio. A Villafranca di Verona
la Lega correva da sola (in coalizione con la Lista Tosi) ma non è riuscita a
centrare l’obiettivo ballottaggio, piazzandosi al terzo posto (oggi ha il 3,04%
contro il 15,34% delle precedenti elezioni). A Bussolengo è passata dal 32,15%
al 10,36%, dietro a Pdl e Lista Tosi.
La Lega perde terreno anche in tutte le altre province
venete. A Piove di Sacco (Padova) passa dal 15,12% al 10,45%; perde il comune
di Vedelago (Treviso) dove governava con il 66% e oggi arriva al 15,64%; a San
Donà di Piave (Venezia) crolla dal 19,23% al 5,81%.
E in Liguria è andata anche peggio. Ad Imperia Erminio
Annoni fallisce la riconquista della città, cedendo il passo al centrosinistra
che si presenta al ballottaggio da favoritissimo. Qui la Lega è crollata
addirittura dal 10,11% al 2,07%. Osservando i dato in tutto il nord la
sensazione è ovunque la stessa. A Calolziocorte, in provincia di Lecco, la Lega
governava con Paolo Arrigoni e oggi non va oltre il 27,19% dei voti, cedendo il
passo ad una lista civica. Perde anche il comune di Manerbio, in provincia di
Brescia, dove nel 2009 aveva vinto con Cesare Giovanni Meletti e oggi deve
accontentarsi di uno scarno 10,33%. Perde il comune di Capriate San Gervaso in
provincia di Bergamo e perde anche il comune di Salsomaggiore Terme,
avanguardia leghista in Emilia. In provincia di Como, a Mozzate (uno dei comuni
più indebitati d’Italia con le sue 12 società partecipate), al sindaco leghista
Luca Denis Bettoni non è bastato togliere il simbolo del Carroccio dal
contrassegno per essere confermato. Perde terreno anche a Carate Brianza (in
provincia di Monza), dal 17,17% all’8,41%. E gli esempi potrebbero continuare.
A parte rari casi di conferme in comuni di piccole dimensioni, la Lega non
incanta più.
IDEE VUOTE
- La realtà che la Lega 2.0 di Roberto Maroni non riesce né a rassicurare del
tutto la pancia del suo elettorato né a indirizzare il Carroccio verso settori
più moderati dell'elettorato. Del resto quella che era stata la sua forza,
ovvero l'ascolto del territorio, è venuta meno in maniera preoccupante. I
leghisti sanno poco o niente della contrattazione sindacale nelle fabbriche del
Nord, sono afasici rispetto ai problemi legati alla razionalizzazione di
aeroporti, porti, università e fiere del Nord. Fanno battaglie contro le
aperture della grande distribuzione ma, come a Treviso, perdono anche il
consenso dei piccoli commercianti. Un giorno inventano la moneta lombarda,
l'altro un referendum consultivo sulla permanenza nell'euro, non sanno che
pesci pigliare quando le Confindustrie del Veneto chiedono la Tav fino a
Venezia e poi sono sempre alle prese con l'oggetto misterioso della
«macroregione», slogan elettorale destinato a restare un ballon d'essai . Sul
piano culturale poi è tornata in circolo la narrazione celtica con il circolo
Terra insubre che ha portato a Varese come ospite d'onore Eva Klotz e le ha
concesso - davanti all'ex ministro dell'Interno Maroni - di difendere le
«gesta» del padre George e gli attentati in Alto Adige.
Anche sulla crisi dell'industria
del Nord la Lega gira a intermittenza. Dopo il grossolano errore commesso
definendo sprezzantemente il caso Ilva «una questione che riguardava il Sud»
(senza sapere che Taranto rifornisce tutta la meccanica del Nord), ora si
scalda soprattutto per le aziende che chiudono in provincia di Varese come la
scandinava Husqvarna. Maroni, attento al proprio collegio elettorale, ha
addirittura incontrato l'ambasciatore svedese ma risultati non se ne sono
comunque visti. Non parliamo delle banche del Nord, l'unica idea che il gruppo
dirigente della Lega ripete è di fare come con la Royal Bank of Scotland e
nazionalizzarle, nessuno però viene dietro a una parola d'ordine così
sconclusionata.
In tanti chiedono già la testa di
Maroni e dei suoi fedelissimi Tosi e Salvini. Forse questa crisi potrebbe far
tornare in auge la figura del vecchio leone messo da parte, Umberto Bossi, che
quando scende in campo qualche risultato positivo a casa lo porta sempre. Certo
è che sono lontani i tempi dei cappi in parlamento sventolati tra i banchi
delle camicie verdi contro i ladri di Tangentopoli. Ora i cappi servono proprio
per i leghisti.
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