PARTITE LE PRIMARIE IN CASA REPUBBLICANA. SETTE I CANDIDATI
Sembra ieri che Barack Obama ha vinto le elezioni, tra
l’entusiasmo e le speranze di molti, americani e non, dopo gli anni bui e
spericolati di Bush. Ma la crisi economica opprimente e non ancora risolta,
nonché la sconfitta al Mid-term che lo ha reso “un’anatra zoppa” (come viene
definito il Presidente in carica che perde, dopo due anni di mandato, la
maggioranza in una delle due Camere), hanno spento quella illusione iniziale.
Pure nello stesso Obama, che un paio di mesi fa aveva ammesso, con eccessiva
ingenuità ma in fondo anche onestà e realismo, che la propria rielezione
sarebbe stata difficile. I Repubblicani dunque provano a tornare alla Casa
bianca, e a partire dallo scorso 3 gennaio, hanno dato vita ufficialmente al
cammino verso le elezioni del prossimo 6 novembre. Un percorso che stabilirà
chi sfiderà il Presidente in carica Obama.
LE VARIE TAPPE DELLE PRIMARIE
- Lo scorso 3 gennaio si sono tenuto i tradizionali Caucus, che non sono le
primarie vere e proprie, ma assemblee dei delegati di partito (Congressi per
intenderci). Un test non fondamentale per capire chi avrà più chance, ma
comunque fortemente indicativo; di fatti nella storia delle elezioni americane
mai un candidato che non si sia piazzato fra i primi tre nello Iowa ha
conquistato poi la nomination.
Il sistema dei Caucus è alquanto bizzarro e ricalca quello
dei nativi indiani, usato per eleggere il capo tribù o lo stregone. Non vince
chi ha più voti nel computo complessivo, a livello di contea o di Stato, come
avviene nelle primary. E' invece importante aggiudicarsi ogni singolo caucus,
che sono in pratica delle assemblee dove si riuniscono gli elettori. Sparsi
nelle 99 contee dell'Iowa ci sono ben 1784 assemblee, alcune contano appena
25-30 elettori (quelle nelle zone agricole), altre quelle nelle città, hanno al
massimo 80-90 elettori. Come dice il motto tradizionale dello stato: “l’Iowa
non indica il vincente ma stabilisce i perdenti”Dopo i caucus di martedì, la maratona elettorale farà tappa
nel New Hampshire, dove il 10 gennaio ci sarà la prima tornata di primarie vere
e proprie. Mentre il mese di gennaio si concluderà con gli appuntamenti in
South Carolina, il 21 gennaio, e in Florida, il 31. A febbraio sarà la volta
dei caucus in Nevada e in Maine. Mentre in marzo gli occhi di tutti saranno
puntati sul famoso "Super Tuesday", il martedì, che quest’anno cade
il 6, in cui si svolgono per tradizione le primarie in oltre dieci stati Usa,
tra cui Massachusetts e Virginia. Appuntamento fondamentale perché potrebbe già
chiudere la partita delle primarie: in passato il gran numero di stati in cui
si vota ha già dato a uno dei candidati in lizza la certezza matematica di
ottenere la nomination alla convention nazionale di agosto. Le primarie
repubblicane continueranno comunque il 3 aprile a Washington, nel Maryland, nel
Wisconsin e in Texas. Poi sarà la volta, il 24, di New York e della
Pennsylvania. Infine, è fissata il 26 giugno la tappa elettorale nello Utah che
chiuderà ufficialmente la stagione delle primarie. Due mesi dopo, il 27 agosto,
la convention nazionale del partito a Tampa Bay, in Florida, designerà
formalmente il candidato repubblicano alla presidenza Usa.
I CANDIDATI – A guardare la
“griglia di partenza” dei candidati alle primarie repubblicane, si noterà, come
da tradizione, la presenza soprattutto di personaggi esaltati e bizzarri. I
quali solitamente e per fortuna, servono soprattutto per scaldare i cuori degli
elettori, ma poi il candidato definitivo finisce sempre per essere il meno
peggio. Ciò comunque non toglie che i candidati più carismatici abbiano poi
peso nelle scelte di chi vince le primarie, specie se il proprio cammino è
andato comunque a gonfie vele.Vediamo dunque chi sono.
1. Willard Mitt
Romney parte da favorito nella corsa alla nomination repubblicana. Già
candidato nel 2008, venne sconfitto da John McCain. Romney, che compirà 65 anni
il prossimo 12 marzo, govenatore del Massachusetts dal 2003 al 2007, è di
religione mormone. Si ricorda che i mormoni sono i seguaci del mormonismo, una
confessione religiosa cristiana che si rifà all'operato di Joseph Smith.
Quest’ultimo dichiarò di aver visto due "personaggi" nella primavera
del 1820, uno dei quali indicò l'altro dicendo: "Questo è il mio beneamato
figliolo. Ascoltalo!". I mormoni insegnano che in questa Prima Visione
apparvero a Joseph Smith Dio Padre e Gesù Cristo.
2. Newt Gingrich,
il più noto ed esperto tra i candidati ma arriva alla corsa per la nomination
repubblicana con oltre 15 anni di ritardo. La sua fase politica d'oro fu
infatti a metà degli anni Novanta, quando Gingrich, 68 anni, galvanizzò il
partito uscito sconfitto dall'elezione di Bill Clinton nel 1992 e lo portò alla
vittoria nelle elezioni di medio termine del 1994.
3. Ronald «Ron»
Ernest Paul è il più anziano tra i candidati alla nomination repubblicana.
L'ex deputato eletto in Texas ha infatti 76 anni. Di religione battista, è stato
per anni l'esponente più in vista del Partito libertario, per il quale si
candidò alla presidenza degli Stati Uniti nel 1988. Si candidò per i
repubblicani anche nel 2008 su posizioni anti-guerra in Iraq. Le sue idee
super-liberiste e libertarie sono da alcuni ritenute la base ideologica dei
seguaci del Tea Party per quanto riguarda la diminuzione delle tasse e dei
limiti all'azione del governo federale (per non scendere a compromessi con lo
Stato non ritira neanche la sua pensione di deputato). Tra le sue proposte,
l'eliminazione della Federal Reserve.
4. James Richard
«Rick» Perry, governatore del Texas - 62 anni il prossimo 4 marzo - è stato
tra gli ultimi ad annunciare la discesa in campo, ma quando l'ha fatto le sue
preferenze lo hanno portato subito a guardare gli altri concorrenti dall'alto
in basso. Dopo il deludente risultato dei Caucus pare rinuncerà alla sua corsa.
5. Jon Huntsman è
il candidato meno conosciuto ma potrebbe essere l'outsider (difficilmente
nell'Iowa). Ex governatore dello Utah, mormone come Romney, si è fatta una
notevole esperienza in politica estera come ambasciatore in Cina dove è rimasto
fino a pochi mesi fa. Nominato a Pechino dal presidente Obama, conosce il
cinese dopo che - come Romney - ha passato alcuni anni a Taiwan come
missionario.
6. Michele Marie
Amble in Bachmann è l'unica candidata donna. Tra i primi ad annunciare la
decisione di candidarsi alla Casa Bianca, sembrava destinata a un testa a testa
con Sarah Palin, ma l'ex candidata alla vice presidenza non è scesa in campo.
La 55enne deputata del Minnesota, tra i fondatori del gruppo parlamentare del
Tea Party, è partita subito forte nei sondaggi, spinta dalla sue posizioni
estreme, ma con l'entrata in lizza degli altri candidati le sue possibilità di
vincere le primarie sono scese nettamente e così i suoi finanziatori si sono
allontanati.
7. Richard Santorum
è il candidato che in Iowa «piace» alla destra repubblicana evangelica. La
Pennsylvania lo elesse per due volte al Senato federale, ma nel 2006 subì la
più netta sconfitta per un senatore repubblicano in carica nella storia dello
Stato. Santorum, 53 anni, è di religione cattolica ma gli evangelici - numerosi
in Iowa - lo apprezzano per le sue nette posizioni anti-aborto. In politica
estera ha espresso opinioni da super-falco: per esempio si è opposto a colloqui
con Iran e Siria perché «non si dialoga con l'islam radicale». Sull'ambiente ha
dichiarato che «il riscaldamento globale è una bufala» ed è a favore delle
prospezioni petrolifere «ovunque».
IL RISULTATO DEL CAUCUS – Quest’ultimo
ha ottenuto uno straordinario successo, con il favorito Mitt Romney che chiude
la volata dell’Iowa vincendo con uno scarto di soli otto voti sul primo e
avendo anche il fiato sul collo del radicale libertario Ron Paul.
Alla fine Romney li ha recuperati e lo ha preceduto di poco.
Alle loro spalle Ron Paul, Newt Gingrich, Rick Perry e Michelle Bachmann. L’ex
governatore del Massachusetts, parlando a tarda sera ai suoi supporter (le 7
del mattino in Italia), si è congratulato con l’avversario, se non altro per il
prodigioso recupero messo a segno negli ultimi giorni.
I voti rimanenti sono andati ai tre grandi sconfitti:
Michele Bachmann che per adesso continua a combattere, il governatore del
Texas, Rick Perry, che invece ha annunciato come detto a sorpresa la
sospensione della sua campagna (il preannuncio di un probabile ritiro), e un
rabbioso Newt Gingrich che si è fermato a quota 13 per cento. L’ex “speaker”
della Camera, in testa ai sondaggi fino a quando non è partita una campagna denigratoria
nei suoi confronti, mercoledì sera si è congratulato con tutti meno che con
Romney che considera l’ispiratore occulto dell’attacco. Un quadro di
frammentazione e di conflitto nel campo avverso che si certo non dispiace a
Barack Obama il quale, mercoledì della scorsa settimana, ha parlato in
videoconferenza ai democratici dell’Iowa, cercando di galvanizzarli, nonostante
la difficilissima situazione economica e occupazionale.
Che vinca il migliore dunque. O forse, visti i candidati,
meglio dire il meno peggio. Per gli americani e per il Mondo intero, che
essendo globalizzato, è strettamente collegato alle vicende degli Usa. La
recessione globale espansasi a macchia d’olio, causata dallo scandalo dei
sub-prime, ne è la prova negativa evidente.
Obama ha in parte deluso...forse anche perché in lui si erano riposte aspettative eccessive.
RispondiEliminaMa di sicuro è meglio di questi sciagurati guerrafondai, ultraliberisti e reazionari. Non ti pare?
Un caro saluto.
C.
Direi che le primarie repubblicane americane si potrebbero sintetizzare così:
RispondiEliminauna serie di candidati più o meno mediocri, tutti contro Mitt Romney. L'unico che avrebbe la possibilità seria di battere Obama.
Negli usa non ci sono due partiti,ma uno.Obama ricevette un nobel per la pace che nessuno ha mai capito.Obama era l'accordo che il fmi aveva concordato.Obama era un nome da sovrapporre a bush per cause economiche.Era giusto che in quel momento gli usa avessero Obama,il perchè lo sanno solo quelli del FMI che ordina chi deve presenziare alla casa bianca.Repubblicani e Democratici sono la stessa cosa,solo uno scherzo di falsi programmi.
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