SIGLATO A TOKYO ANCHE DA QUASI TUTTI I PAESI DELL’UE, TRA
CUI IL NOSTRO, STA GIA’ SCATENANDO POLEMICHE E VEEMENTI PROTESTE
Si chiama ACTA il nuovo pericolo che incombe sulle teste dei
cibernauti e che mina la loro libertà di trasmettersi files e condividere
contenuti in nome di quell’ “open source” che è alla base della cultura del
Terzo millennio. Acta
– acronimo di Anti-Counterfeiting Trade
Agreement – è un trattato internazionale ratificato a Tokyo che ha visto
l’adesione di quasi tutti i Paesi Ue (22 su 27 tra cui anche l’Italia, sebbene
il Parlamento non sia stato minimamente chiamato in causa) e che va ben oltre la
lotta alla pirateria e la difesa del diritto d’autore. Si minano infatti le
fondamenta della privacy degli utenti, i quali rischiano troppo facilmente e
per motivi futili di incappare in violazioni e dunque multe e perfino l’arresto.
Aspetto ancor più inquietante è che è stato il frutto di accordi segreti, resi
noti solo grazie agli sforzi di un'ampia
coalizione internazionale e ai cable “del solito” Wikileaks. Non è un caso che molti
parlamentari europei denunciano dal 2008 come l'accordo abbia bypassato le sedi
competenti in materia di brevetti e copyright quali la WIPO e la WTO e che,
soprattutto, il relatore Ue del trattato per il commercio internazionale, Kader
Arif, si sia dimesso definendo l'accordo una pagliacciata.
Intanto l’iter in seno al Parlamento europeo sta per partire
e dovrebbe concludersi entro il prossimo luglio.
Contro ACTA è già partita una petizione: http://www.agoradigitale.org/acta1
Aiutandoci con un articolo de La
Repubblica, cerchiamo di capirne di più.
Al comma 3 dell'articolo 27 l'accordo prevede la "cooperazione"
fra i titolari dei diritti e gli Isp secondo un meccanismo
"extragiudiziale" o "alternativo al tribunale". Significa
che i compiti di polizia - sorveglianza e raccolta di prove -
quelli giudiziali, le sanzioni, possono essere affidati a soggetti
privati bypassando l'autorità giudiziaria e il diritto a un giusto processo. A
riprova di questo ruolo da sceriffi, nel comma successivo il trattato consente
ai titolari di diritti di ottenere dati privati sugli utenti dai fornitori di
servizi Internet senza la decisione di un giudice. Il dispositivo non è
vincolante ma può essere modificato con un emendamento. Inoltre le sanzioni
civili previste possono ricadere sugli intermediari ed essere usate per
convincerli a "cooperare". A dispetto di molti studi che smentiscono
i dati sulle perdite dell'industria dei contenuti causati dalla pirateria (come
dice la "Corte dei Conti" 3 degli Stati Uniti), Acta prevede che la
stima dei danni venga fatta dai titolari dei diritti e non sulla base di analisi
precedenti e indipendenti.
Ma quello che preoccupa è che così facendo si pongono i
diritti di proprietà intellettuale a un livello più alto degli altri, come
quella alla libertà d'espressione, d'opinione e alla privacy, tutto il
contrario di quanto è stato raccomandato in sede Onu nello speciale rapporto
sulla promozione e la protezione della libertà di opinione e di espressione che
dice esplicitamente che non si possono filtrare, censurare e disconnettere
dalla rete i presunti sospetti di violazione dei diritti di proprietà
intellettuale 4.
In aggiunta, sempre all'articolo 27, il trattato crea una
cultura del sospetto che non favorisce mercato e concorrenza perché impedisce
di usare il patrimonio culturale preesistente, quali le opere orfane, e tratta
come reati anche la condivisione senza scopo di lucro delle opere tutelate da
copyright criminalizzando strumenti, tecniche e piattaforme di condivisione
come i blog, i network peer to peer, il free software e altre tecnologie che
contribuiscono a disseminare cultura e conoscenza.
FRUTTO DI ACCORDI SEGRETI -
Open Government? L'obiezione ad ACTA è di metodo, perché pur col proposito
legittimo per gli Stati di rafforzare la repressione contro la contraffazione
dei marchi, la violazione dei brevetti e la falsificazione delle opere
dell'ingegno - l'accordo è il risultato di trattative segrete che sono
trapelate solo grazie agli sforzi di un'ampia coalizione internazionale e ai
cable di wikileaks. Nello specifico, Edri 5, EFF 6, La Quadrature du net 7, e
molti parlamentari europei denunciano dal 2008 come l'accordo abbia bypassato
le sedi competenti in materia di brevetti e copyright quali la WIPO e la WTO
che hanno chiare garanzie procedurali; che l'accordo è stato negoziato a porte
chiuse; che i documenti negoziali non sono tutti disponibili quindi è
impossibile interpretare correttamente alcune sue parti; che l'accordo non
tiene conto dell'impatto economico e sociale che produce e riutilizza vecchi
dati relativi all'IPRED I e II (la vecchia "Direttiva enforcement"),
in un contesto diverso da quello odierno dell'economia di rete.
Ma quello che pare insopportabile è soprattutto la creazione
di una nuova istituzione, "il Comitato ACTA" con l'incarico di
interpretare e implementare il trattato ma senza garanzie che operi in maniera
aperta, trasparente, inclusiva e soggetta a pubblico scrutinio e che appunto
potrà cambiare il trattato "in corsa", dando però la facoltà ai
firmatari di "uscirne" in seguito a cambiamenti rilevanti.
Nonostante gli sforzi del Consiglio Europeo e dei negoziatori
per rintuzzare tali accuse e rendere politicamente corretto ogni passaggio del
trattato questa opacità è già di per sé stessa motivo di indignazione poiché
esemplifica un meccanismo arbitrario che fa carta straccia della retorica
dell'open government di cui tanto si parla, facendo della UE il contrario di
una democrazia partecipata. Non è
infatti pensabile che nel terzo millennio decisioni di tale rilevanza siano
prese senza consultare i cittadini, anzi, tenendoli all'oscuro. Addirittura la
stessa amministrazione Obama ponendo il segreto su ACTA per motivi di sicurezza
nazionale aveva ammainato la bandiera
dell'open government.
Insomma, facendo leva sulle presunte perdite economiche che
l'industria dell'intrattenimento da alcuni anni a sproposito lamenta, si vuole
modificare gli ordinamenti giudiziari locali per rendere i fornitori di servizi
responsabili di quanto la Rete veicola, al fine di obbligarli a diventare i
gendarmi delle corporation così come Disney, Mediaset, NewsCorp hanno chiesto
alla UE nel 2006 9. Questo è un altro motivo di disappunto. Far modificare il
quadro normativo e giuridico europeo per adattarlo alla politica dei lobbisti
di un altro paese è una questione di sovranità nazionale.
LE REALI MOTIVAZIONI CHE STANNO ALLA
BASE - Ma come si è arrivati a questo? E' chiaro che i paesi occidentali
hanno rinunciato da tempo a competere con i Brics sulla produzione
manifatturiera e questo accordo evidenzia il fatto che in un'economia globale e
finanziarizzata la competizione si è spostata dalla qualità delle merci alle
aule di tribunale, dalla disponibilità di materie prime alla tutela degli asset
immateriali delle aziende e quindi all'adozione di meccanismi legislativi in
grado di applicare norme vantaggiose per i titolari di diritti intellettuali,
spesso a discapito degli interessi stessi dei singoli paesi aderenti.
ACTA, infatti, nonostante il nome, non si occupa solo di
contraffazione ma di ogni aspetto della cosiddetta proprietà intellettuale come
definita dagli accordi Trips, e quindi di brevetti, copyright, marchi, segreto
industriale, indicazioni geografiche, circuiti integrati, disegno industriale e
pratiche competitive. Le multinazionali
che spingono ACTA hanno un interesse specifico nel campo dei biocarburanti e
dei farmaci, quindi degli alimenti geneticamente modificati, delle sementi,
delle molecole, dei metodi e processi di trasformazione della materia o
dell'energia. In un'economia fatta di idee, informazioni, conoscenze e scambio
linguistico dove il capitale fluisce nei circuiti finanziari e l'impresa è
deterritorializzata, la proprietà intellettuale non è solo un fatto di film e
musica.
ACTA inoltre impone delle restrizioni all'interoperabilità
dei contenuti e del software che arrecheranno notevoli danni ai consumatori e
alle piccole e medie imprese ed introduce il concetto di "incitamento alla
violazione del copyright" che non fa parte del quadro legale europeo e
ostacola l'accesso ai contenuti anche quando questo è legale.
Questo solo esempio ci fa capire che Acta disincentiva
l'innovazione che spesso cresce in quell'area grigia dove è facile violare la
proprietà intellettuale mentre si fa ricerca e innovazione all'interno di un
processo che viene frenato dal timore di cause legali a causa dell'incetta di
brevetti e copyright da parte delle corporations che si traduce in una vera e propria barriera
al mercato per le piccole e medie imprese.
Se un rafforzamento della repressione contro la
falsificazione dei prodotti può essere condivisibile e auspicabile, in
particolare per quanto riguarda la tutela della salute delle persone, non è
possibile ammettere altrettanto quando ciò riguarda il diritto dei paesi in via
di sviluppo all'accesso ai farmaci e l'inibizione all'utilizzo della Rete per
le persone che, senza scopo di lucro, condividono cultura e conoscenza
attraverso il medium del nuovo millennio, in particolare quando ciò viene fatto
con procedure invasive della privacy e senza garanzie giudiziarie.
Il Trattato ACTA contiene disposizioni che andrebbero a
modificare il quadro legale dell'Unione Europea, rendendo responsabili i
fornitori di connettività e servizi di ciò che le persone immettono su
Internet, facendo cadere i principi di mere conduit e di neutralità della Rete
che sono stati i fondamenti grazie ai quali essa finora è riuscita ad
affermarsi come strumento essenziale per il commercio, la libertà
d'espressione, l'arricchimento culturale e la partecipazione democratica.
PARLAMENTO ITALIANO SCAVALCATO
- L'Italia sarà legalmente vincolata a questo accordo, ma il Parlamento
italiano non è mai stato informato nel merito dei contenuti né ha potuto
analizzare l'impatto che questo accordo avrà sul nostro sistema legale anche se
la tanto discussa delibera AGCOM ne recepisce quasi interamente le ragioni
(Vedi Repubblica del 5 maggio 10).
ACTA è solo in apparenza un accordo commerciale: in realtà
esso è di natura legislativa. Perciò è Inaccettabile che i parlamentari
italiani siano stati esclusi dal processo, mentre 42 dirigenti delle industrie
con interessi correlati a brevetti e copyright hanno potuto accedere ai
documenti e concorrere alla loro formulazione, mentre si richieda di accettare
come fatto compiuto i risultati di un lavoro svolto in segreto.
Non è ammissibile che a decidere del futuro della libertà e
ad interferire con le leggi di uno Stato sovrano siano pochi funzionari e
rappresentanti di corporation.
Ai più pigri propongo questo video sintetico segnalatomi,
come tutta la notizia, dall’amico Lorenzo Acerra.
Esagerazioni? Rischio reale? Chissà. Certo è che la politica
da anni sta cercando di ridurre il potere di internet, autentico motore delle recenti
rivoluzioni nordafricane, e, nel nostro Paese, della riuscita degli ultimi
referendum e delle ultime petizioni circolate nei mesi scorsi.
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