LA ditta
agroalimentare campana, Ar Alimentari, è statA cedutA all’anglo-nipponica Princes
Dopo il latte Parmalat (ai francesi) e lo spumante Gancia (ai
russi), l’industria alimentare italiana perde un altro importante pezzo: il 51%
della ditta agroalimentare campana Ar Alimentari, fondata da Antonino Russo
negli anni ‘60 e leader nel settore della trasformazione del pomodoro, è stato
infatti ceduto all’anglo-nipponica Princes, di proprietà del gigante
Mitsubishi.
I TERMINI DELL’ACCORDO - Per
ora però, stando alle dichiarazioni dell’amministrazione di Ar Alimentari, i
2.400 dipendenti attivi nei 2 stabilimenti nei pressi di Napoli, in quello di
Foggia e nello scatolificio nel salernitano non avrebbero nulla da temere.
La ditta di Antonino Russo non è comunque nuova ai rapporti
con la Princes: grazie ad un primo accordo nel 2001 aveva proceduto ad un piano
di espansione aziendale con un ammodernamento dei sistemi produttivi. Questo in
considerazione del vasto giro d’affari internazionale, solo il 20% delle
vendite è infatti realizzato in Italia, il resto viene dal commercio con
l’Inghilterra (30%), la Germania (20%), l’Africa (10%), la Francia (8%) e in
misura minore con la Grecia, Stati Uniti, Austria e Sud America.
PER LA COLDIRETTI TRATTASI DI
AUTENTICA INVASIONE STRANIERA DEL SETTORE AGROALIMENTARE - Il Presidente
di Coldiretti Sergio Marini parla del nostro settore agroalimentare come di un
terreno di conquista. Marini è chiaro: il marchio made in Italy è molto
appetibile e l’acquisizione di aziende italiane da parte di multinazionali
estere potrebbe diventare un fatto strutturale. Il governo, per questo motivo,
dovrebbe intervenire perché queste realtà rimangano nazionali e dovrebbe farlo
soprattutto in momenti di crisi come questo perché, oltre a garantire la
crescita economica, esse assicurano occupazione, non solo all’interno
dell’industria ma anche in agricoltura.
Il pericolo all’orizzonte è infatti quello del decentramento
e dell’esportazione delle filiere produttive fuori dai nostri confini per
ridurre i costi. Questo significherebbe avere un prodotto made in Italy realizzato con prodotti e stabilimenti non
italiani, con una conseguente diminuzione della sua qualità e del suo
prestigio.
(Fonte: Tuttosullavoro)
Finchè abbiamo la JUVE il made in Italy non morirà ;-)
RispondiEliminaalessandro
In quest'economia ormai globale... ormai non possiamo sorprenderci...
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