CRIMINALE MILANESE NEGLI ANNI ’70, LAVORAVA IN UN NEGOZIO
DEL BERGAMASCO CHE POI LO HA LICENZIATO PER LE ACCESE POLEMICHE
Dopo Adriano Sofri che da’ lezioni all’Università e scrive per
alcuni giornali di sinistra e Cesare Battisti in vacanza in Brasile, un altro
criminale anni ’70 pare oggi passarsela bene: Renato Vallanzasca Costantini,
meglio conosciuto solo come Renato Vallanzasca, o ancora “Bel Renée”. E’ stato
infatti scovato a fare il commesso in un negozio di Sarnico, in provincia di
Bergamo. Ironia della sorte, proprio dove uccise due poliziotti. Dopo le accese
polemiche che il caso ha suscitato, Vallanzasca è stato licenziato dal negozio.
Come vedremo, i due poliziotti non furono le sue uniche
vittime. Ad aggravare il suo curriculum anche numerose fughe da galera.
LA BEFFA – Vallanzasca, il 6
febbraio 1977, con la sua Banda della Comasina, uccise al casello autostradale
di Dalmine gli agenti della Polizia Stradale Luigi D'Andrea e Renato Barborini.
La vedova del primo da anni si batte con tutte le sue forze perché all'ex
bandito non vengano concessi benefici. Vibranti le sue parole anche contro il
film uscito nei mesi scorsi per opera di Michele Placido: «Così si fa diventare
eroe un criminale».
I PRIMI PASSI CRIMINALI - Il
suo primo incontro con la giustizia avviene all'età di soli otto anni, quando
cerca di far uscire dalla sua gabbia la tigre di un circo che aveva piantato il
tendone proprio nelle vicinanze di casa sua. Il giorno successivo a quell'atto,
Renato viene prelevato direttamente dalla polizia mentre sta giocando a pallone
con i propri amici e portato al carcere minorile Beccaria. La vicenda gli costa
il successivo trasferimento e affidamento forzato a casa di una zia (la Zia
Rosa, che in realtà era la prima moglie del padre), in via degli Apuli, nel
quartiere del Giambellino, periferia sud-ovest di Milano; praticamente nella
parte opposta della città rispetto alla casa dei genitori. Nel 1965 frequenta
la scuola della professoressa Enrica Tosi in via Ponchielli, iscrivendosi al
biennio di Ragioneria e ritornando a vivere con la madre.
È al Giambellino che forma la sua prima combriccola di
piccoli delinquenti, ragazzini dediti a furti e taccheggi. Nonostante la
giovanissima età, Vallanzasca rivela già il carisma di un capo criminale;
comincia a farsi un nome anche negli ambienti della ligèra, la vecchia mala
milanese, con la quale inizia precocemente ad intrattenere rapporti. In breve
tempo però, sentendosi andare strette le regole della malavita vecchio stampo,
decide di delinquere autonomamente e di formare una propria banda. La
cosiddetta Banda della Comasina diviene probabilmente il più potente e feroce
gruppo criminale presente a Milano in quegli anni, contrapponendosi ad una gang
altrettanto famosa nel medesimo periodo, la banda di Francis Turatello.
L’ASCESA NEGLI ANNI ’70 - In
poco tempo, grazie ai furti e alle rapine, Vallanzasca accumula ingenti
ricchezze e inizia a condurre e ad ostentare un tenore di vita molto sfarzoso:
vestiti firmati, orologi d'oro, auto di lusso, bella vita e belle donne. È
anche un ragazzo dotato di un aspetto particolarmente avvenente e affascinante,
con un bel viso dagli occhi cerulei, viene per questo soprannominato "Il
bel René" (nomignolo da lui detestato). La prima interruzione nell'ascesa
della carriera criminale de "Il bel René" avviene nel 1972 quando,
una decina di giorni dopo una rapina ad un supermercato, viene arrestato dagli
uomini della squadra mobile di Milano, all'epoca diretta da Achille Serra.
Lo stesso Serra racconta che, durante la perquisizione in
casa del bandito, Vallanzasca si sfila il Rolex d'oro che porta al polso e
appoggiandolo sul tavolo della sala gli dice con tono di sfida: "Se riesci
a incastrarmi questo è tuo!". Pochi momenti dopo il maresciallo Oscuri
trova nel cestino della spazzatura la prova che lo incastrerà, ovvero i
pezzettini di un foglietto che, una volta riordinati, mostreranno la lista
degli stipendi dei dipendenti del supermercato rapinato.
Vallanzasca viene incarcerato inizialmente a San Vittore,
trascorrendo i successivi quattro anni e mezzo di prigionia con un unico
intento: trovare un modo per evadere. Durante questo periodo non mantiene però
un comportamento da detenuto modello. Oltre a rendersi responsabile di vari
tentativi d'evasione falliti, di risse e di pestaggi, partecipa attivamente
anche a diverse sommosse di detenuti, che, durante questi anni, spesso agitano
l'ambiente carcerario italiano. A seguito di ogni pestaggio, rivolta, o
tentativo di evasione, viene deciso il suo trasferimento dall'istituto di pena
in cui si trova: tutto ciò lo vede cambiare 36 penitenziari.
LA FUGA E LA LATITANZA - Fino
a che non escogita il modo per contrarre volontariamente l'epatite,
iniettandosi urine per via endovenosa, ingerendo uova marce e inalando gas
propano, con l'intento di essere conseguentemente ricoverato in ospedale. È da
lì, grazie ad una vigilanza meno stretta e con l'aiuto di un poliziotto
compiacente, che riesce nel suo intento di evadere.
Dopo la fuga, durante la sua latitanza, Vallanzasca riesce a
ricostituire la sua banda. Con essa mette a segno una settantina di rapine a
mano armata che lasciano dietro di sé anche una lunga scia di omicidi, tra cui
si contano quelli di quattro poliziotti, un medico e un impiegato di banca. Nel
medesimo periodo avviene inoltre un'ulteriore evoluzione nell'attività
criminale del gruppo, con il passaggio dall'esecuzione delle sole rapine, a
quello dei sequestri di persona (saranno quattro, di cui due mai denunciati).
Una delle sue vittime è Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore milanese,
che viene tenuta segregata per circa un mese e mezzo, dal dicembre 1976 al
gennaio 1977, e quindi liberata dietro il pagamento di un riscatto di un
miliardo di lire. A questo episodio criminoso, il 6 febbraio 1977, fa subito
seguito l'uccisione di due uomini della polizia stradale che, in un posto di
blocco ad un casello autostradale nei pressi di Dalmine, fermano per un
controllo la macchina su cui Vallanzasca viaggia; ne segue uno scontro a fuoco in
cui gli agenti Luigi D'Andrea e Renato Barborini perdono la vita e in cui il
bandito stesso viene colpito. Ferito e braccato, Vallanzasca cerca rifugio a
Roma, ma dopo pochi giorni, 15 febbraio 1977, viene rintracciato e catturato.
Tutto ciò quando ancora non ha compiuto 27 anni.
Una volta tornato in carcere, decide di sposarsi il 14
luglio del 1979 con Giuliana Brusa, una delle tante ammiratrici che gli
scrivono. Come suo testimone di nozze, durante il matrimonio, decide di avere
il criminale del clan dei Marsigliesi Albert Bergamelli e come "compare di
anelli" proprio l'ex nemico Francis Turatello, a suggello di un'alleanza
con quest'ultimo. Due anni più tardi, quando ancora si trova in carcere,
Turatello verrà però ucciso da alcuni sicari incaricati da mandanti ignoti;
sarà un'esecuzione dalle modalità estremamente efferate e cruente, di cui
ancora sono oscure le ragioni.
LE RIPETUTE FUGHE NEGLI ANNI ’80-’90
- Nella prigione di Novara, nel 1981, Vallanzasca contribuisce a fomentare
un'ennesima rivolta carceraria durante la quale vengono uccisi alcuni
collaboratori di giustizia. Fra questi vi è anche un giovane membro della sua
banda, Massimo Loi. La vittima, poco più che ventenne, aveva deciso di
abbandonare definitivamente la vita criminale, come ricorda anche Achille
Serra, per iniziarne una nuova. Il Loi però, un tempo legato da un rapporto
fraterno a Vallanzasca, si era reso responsabile di errori e di atti contro di
lui ed i suoi genitori che, agli occhi del suo capo, avevano profondamente
tradito la fiducia e l'amicizia concessagli. Si racconta che Vallanzasca
pertanto, aiutato da alcuni suoi compagni di prigionia, armatosi di coltello,
avrebbe approfittato della rivolta in atto per andarsi a vendicare e non dare
più modo al ragazzo (che si trovava recluso nel medesimo carcere) di lasciare
il penitenziario vivo: dopo averlo raggiunto all'interno di una cella,
Vallanzasca lo avrebbe colpito ripetutamente al petto con il coltello,
infierendo poi con ulteriori atrocità sul corpo del giovane ormai esanime,
arrivando a decapitarlo ed infine a giocare a pallone con la sua testa. Della
morte di Loi, Vallanzasca ha però continuato a negare per decenni la
responsabilità diretta e lo sfregio del corpo. Anche in un'intervista concessa
a L'Europeo il 2 aprile 2006, continua a ribadire la propria estraneità e il
legame d'affetto che aveva con il ragazzo, adducendo come testimonianza diretta
e a favore, quello che il noto criminale Vincenzo Andraous avrebbe riportato
nel proprio libro di memorie, nelle quali quest'ultimo, tra le molte atrocità
di cui si dichiara colpevole, confessa il suo ruolo nell'efferata vicenda
(Andraus verrà infatti condannato in quanto partecipe come uno degli assassini
del Loi); queste dichiarazioni contraddicono però anche la stessa autobiografia,
"Il fiore del male. Bandito a Milano", che Vallanzasca scrive
attraverso la testimonianza raccolta da Carlo Bonini, giornalista del
quotidiano La Repubblica. Nel 2010, però, all'interno di un nuovo libro
biografico scritto insieme a Leonardo Coen[6], lo stesso Vallanzasca ammette il
proprio atroce delitto, descrivendo nei particolari anche i motivi e il modo in
cui si sarebbe compiuto.
Dopo la vicenda di tale rivolta, viene condannato al regime
di carcere duro. Riesce però ad evadere nuovamente, il 18 luglio 1987,
scappando rocambolescamente attraverso un oblò del traghetto che da Genova
avrebbe dovuto portarlo al carcere dell'Asinara, in Sardegna. I 5 carabinieri
di scorta, tutti con meno di 25 anni vengono successivamente condannati da un
tribunale militare. Ricercato e senza fonti di reddito viene comunque fermato
ad un posto di blocco neppure tre settimane dopo, mentre cerca di raggiungere
Trieste.
Nel settembre 1990 divorzia da Giuliana Brusa. Tornato in
galera tenta un'altra volta la fuga, nel 1995, questa volta dal carcere di
Nuoro. Per questo tentativo di evasione viene sospettata e accusata di averlo
aiutato la sua stessa Legale, con la quale si dice che Vallanzasca avesse
stretto un forte legame che sarebbe andato oltre il semplice rapporto di assistito.
Dal 1999 è rinchiuso nel carcere speciale di Voghera.
LA SEMILIBERTA’ - A partire
dall'8 marzo 2010 Renato Vallanzasca può usufruire del beneficio del lavoro
esterno. Gli viene concesso di uscire dal carcere alle 7.30 per lavorare, e
rientrarvi alle 19.00. Ha prestato servizio in una pelletteria, che è anche una
cooperativa sociale nel milanese, mentre oggi lavora in un negozio di
abbigliamento a Sarnico in provincia di Bergamo. Il 30 maggio 2011 Il Tribunale
di Milano ha sospeso Vallanzasca dal beneficio del lavoro esterno perché l'ex
bandito violava le regole di utilizzo del beneficio, in particolare per
incontrarsi segretamente con una donna; inoltre, sempre nel mese di maggio
2011, la Corte di Cassazione ha condannato Vallanzasca a rimborsare allo Stato
le spese di mantenimento in carcere. Nel febbraio 2012 ha riottenuto il
beneficio di poter lavorare all'esterno del carcere, come magazziniere
ISPIRATORE DI CINEMA, MUSICA E
TEATRO - Nel 2011 Michele Placido ha realizzato Vallanzasca - Gli angeli
del male, un film basato sulla vita del bandito e tratto dalla sua
autobiografia: Il fiore del male Il film, presentato fuori concorso alla
sessantasettesima rassegna cinematografica della Mostra di Venezia, ha
suscitato numerose critiche e accese polemiche; ha una colonna sonora originale
composta dai Negramaro ed è interpretato da Kim Rossi Stuart, che impersona lo
stesso Vallanzasca, Filippo Timi e Valeria Solarino.
Vallanzasca ha ispirato anche due libri: "Volevo essere
Vallanzasca" è il titolo del romanzo scritto da Federico Riccardo Chendi,
edito da Cicorivolta; descrive il quartiere Crescenzago ai giorni nostri ma
facendo parecchi riferimenti agli anni ’70. Nel 2010 è invece tornato in
libreria "Il fiore del male", l'autobiografia di Renato Vallanzasca,
scritta a quattro mani con il giornalista Carlo Bonini, pubblicata dalla Marco
Tropea Editore.
Nel 2005 è stato presentato anche uno spettacolo teatrale su
Vallanzasca, intitolato Settanta Vallanzasca, di Domenico Ferrari e Alessandro
Pozzetti.
Quanto alla musica, al personaggio si ispira il nome di un
gruppo ska italiano: i Vallanzaska.
Enrico Ruggeri ha scritto la canzone "Inevitabilmente
(lettera dal carcere)" che è ispirata alla vita di Vallanzasca. La canzone
è stata cantata anche da Fiorella Mannoia.
Viene inoltre citato in un brano di J-Ax, (La notte) Vale
tutto, in uno di Emis Killa, Di.Enne.A., in uno di Ted Bee, 500 volt e in un
brano di Surfa - Rap Roba Fresh.
Insomma, nonostante il fatto che il Bel Renée abbia compiuto
negli anni settanta numerose rapine, sequestri, omicidi ed evasioni, e sia stato
condannato, complessivamente, a quattro ergastoli e 295 anni di reclusione,
oggi gode della semilibertà e ispira canzoni, film e opere teatrali. L’Italia è
una barzelletta che riesce sempre a far ridere.
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