RIVALORIZZATO GRAZIE AL GRANDE LAVORO DELL’Associazione Culturale “Borbonica
Sotterranea”
Il sottosuolo
di Napoli è un mondo mistico a parte, custode di un passato che ribolle sotto i
nostri piedi come la lava del Vesuvio. Negli ultimi decenni tante scoperte
incredibili sono venute alla luce, il più delle volte grazie ai lavori per la
realizzazione della Metropolitana. Ma solo grazie all’impegno e alla passione
di un gruppo variegato di professionisti è venuto alla luce un altro tesoro
della Napoli sotterranea. Con un lavoro estenuante, ma oltremodo gratificante, alcuni
“eroici” geologi sono riusciti a ripristinare un tunnel che parte nei pressi di
Piazza Plebiscito (ingresso Vico del Grottone, n. 4) e arriva quasi a Piazza
dei Martiri (Via Morelli, n°40): il Tunnel borbonico.
Voluto da Ferdinando II di Borbone nel 1853, fu poi
utilizzato negli anni drammatici della Seconda Guerra Mondiale come rifugio per
i bombardamenti. Dopo essere stato ripulito dai rifiuti ivi sversati
nell’ultimo quarantennio, L’Associazione culturale “borbonica sotterranea” lo
ha trasformato in un emozionante e suggestivo percorso turistico-culturale.
L’IDEA - Il 19 febbraio del 1853 Ferdinando II di
Borbone firmava un decreto con il quale incaricava l’arch. Errico Alvino - già
commissario straordinario per Via Chiaia e S. Ferdinando - di progettare un
viadotto sotterraneo che, passando sotto Monte Echia, congiungesse il Palazzo
Reale con piazza Vittoria, prossima al mare e alle caserme.
Tale decreto non aveva affatto un carattere sociale;
contemplava, infatti, la realizzazione di un percorso militare rapido, in
difesa della Reggia, per le truppe acquartierate nella caserma di via Pace
(attuale via Domenico Morelli), nonché una sicura via di fuga per gli stessi
monarchi, visti i rischi che avevano corso durante i moti del 1848.
L’architetto progettò uno scavo con sezione trapezoidale,
muri d’imposta a scarpa, larghezza e altezza di 12 metri, suddivisa in due
gallerie per gli opposti sensi di marcia. Tali gallerie dovevano essere ampie,
ciascuna 4 metri e separate da un sottile parapetto sostenente i lampioni per
l’illuminazione a gas e dotate infine di marciapiedi laterali larghi 2 metri.
La galleria diretta a Chiaia doveva avere il nome di “Galleria Reale” o “Strada
Regia”, mentre la galleria in senso contrario doveva chiamarsi “Strada Regina”;
entrambe sarebbero partite presso la vecchia caserma di cavalleria nella ex via
Pace, ma una avrebbe raggiunto il Largo Carolina dietro il colonnato di Piazza
Plebiscito e l’altra Via Santa Lucia.
LA REALIZZAZIONE - I lavori
per l’apertura della traccia vennero avviati nell’Aprile del 1853; si attaccò
la montagna nell’odierna via Domenico Morelli (ex via Pace) dallo slargo che
coincideva con un precedente piazzale di cava dove si trova l’attuale accesso
al Tunnel. Non venne fatto nessun tentativo di scavo partendo dalla direzione
opposta.
Da esso partivano due gallerie, una carrabile e l’altra
pedonale, che procedevano parallele per 84 m, per finire all’interno delle Cave
Carafa che erano già state utilizzate a partire dal Cinquecento per la
costruzione di vari edifici nella zona. Nel 1788 erano state ulteriormente
sfruttate estraendo altro tufo per la costruzione della Chiesa della
Nunziatella, che la Marchesa Anna Mendoza della Valle fece erigere per i Padri
Gesuiti, che furono, successivamente, cacciati da Ferdinando IV nel 1787 per
insediarvi il Collegio Militare della Nunziatella.
Prima di giungere nelle Cave Carafa, attualmente sede di un
parcheggio multipiano, lo scavo del Tunnel Borbonico incontrò un cunicolo
ancora attivo pertinente ai rami seicenteschi dell’acquedotto della Bolla. Per
evitare di togliere l’acqua ad alcuni edifici in Via Cappella Vecchia, furono
realizzati degli ingegnosi lavori idraulici per consentire il passaggio
dell’acqua a quote inferiori rispetto a quella della galleria. Dopo di che si
partì con il secondo tratto del traforo il cui scavo presentò numerosi problemi
tecnici.
In particolare, dopo circa 40 m dalle cave Carafa, furono
intercettati degli ambienti più antichi e situati a un livello più alto; la
sezione di scavo divenne, quindi, irregolare creando problemi statici alla
struttura. L’architetto Alvino intervenne prontamente facendo regolarizzare,
per quanto possibile, la sezione di scavo superiore con quella inferiore,
realizzando al contempo una serie di moduli trasversali costituiti ciascuno da
un arco poggiante su piedritti a scarpa. Tali strutture in muratura con
funzione di contrasto alle pareti bloccarono l’apertura delle lesioni e lo
scavo poté continuare in sicurezza.
Dopo circa 200 m dall’inizio dello scavo si rasentò una
grossa cisterna della suddetta rete idrica seicentesca che riforniva la città
di Napoli a pelo libero, mentre un altro grosso serbatoio si incontrò dopo
circa 245 m. Anche in questo caso, per evitare di privare gli utenti delle
sovrastanti case di Via Egiziaca a Pizzofalcone si escogitò una soluzione
imponente in quanto si realizzò un ponte alto 8 m dal fondo della cisterna, con
un piano di calpestio allo stesso livello dello scavo precedente, e si alzarono
muri colossali in tufo e in laterizi per isolarsi da possibili accessi
derivanti dalla presenza di eventuali ulteriori pozzi.
Dopo questa zona, il tunnel proseguì con una sezione m 4 di
larghezza x 3 di altezza intercettando marginalmente un’altra enorme cisterna
superata, anche in questo caso, da un ponte lungo circa 20 m ed alto 10 m, dopo
il quale lo scavo proseguì con la stessa sezione.
A 337 m dall’imbocco, la sezione, poi rivestita in muratura
nelle pareti e nella volta, si riduce ulteriormente fino a m 1 x 2, diventando
esclusivamente pedonale, a causa del rinvenimento di una sacca di depositi
piroclastici sciolti lunga 69 m, derivante dalla mancata litificazione del tufo
per cause naturali.
Superato anche questo ostacolo, ricomparve il tufo e la
sezione tornò a essere di m 4 x 3 fino alla fine dello scavo, arrivando sotto
piazza Carolina nel cortile che si trova alle spalle del colonnato di Piazza del
Plebiscito, con una lunghezza di 431 m. Lo scavo non arrivò, quindi, mai a
Palazzo Reale rimanendo, fino alla seconda guerra mondiale, anche senza uscita.
Per favorire la ventilazione all’interno del traforo furono
scavati due pozzi verticali in corrispondenza delle strade di Santa Maria
Egiziaca e Monte di Dio; in seguito, per evitare che i pozzi favorissero
l’accesso di estranei mettendo in pericolo l’incolumità dei militari che
transitavano nel Tunnel, si decise di chiuderli con due archi in muratura alti
circa 12 m. Tuttavia, si riuscì a realizzarne solo uno, mentre per il secondo
si preparò la sagoma della sezione sulle pareti in tufo e si predisposero le
fondazioni.
LA FINE DEI LAVORI E L’ABBANDONO
- I lavori furono completati nel Maggio del 1855 dopo circa 3 anni di lavori
realizzati totalmente a mano con picconi, martelli e cunei, e con l’ausilio di
illuminazione fornita da torce e candele. Il 25 dello stesso mese il Tunnel
Borbonico venne addobbato e illuminato sfarzosamente per la visita di Ferdinando
II di Borbone rimanendo aperto al transito pubblico per soli 3 giorni. In corso
d’opera furono apportate numerose varianti; ad esempio vennero modificate le
dimensioni degli imbocchi ma, soprattutto, si optò per proseguire dopo le cave
“Carafa” con una galleria unica e fu abbandonato il progetto di aprire delle
botteghe lungo il tragitto del traforo. Negli anni successivi, il progetto fu
sospeso per motivi economici e per il variato assetto politico che portò
all’unità d’Italia.
L’UTILIZZO DURANTE LA II GUERRA
MONDIALE - Durante il periodo bellico, tra il 1939 e il 1945, il Tunnel
ed alcune ex cisterne limitrofe furono utilizzati come ricovero dei cittadini;
vi trovarono rifugio tra i 5.000 ed i 10.000 napoletani, molti dei quali
persero le case durante i numerosi bombardamenti subiti dalla città sia da
parte degli alleati, prima, e in seguito dei tedeschi.
Per consentire un accesso sicuro alle persone, vennero
realizzate diverse aperture; in particolare, fu fatta una scala a chiocciola,
proprio nel punto in cui erano terminati i lavori dell’architetto Alvino, che
consentiva l’accesso al Tunnel da Piazza Carolina. Dal vicino palazzo della
Prefettura fu creato, inoltre, un collegamento orizzontale che si innestava
proprio sulla scala a chiocciola per consentire anche ai dipendenti del palazzo
di raggiungere il ricovero.
Inoltre, il tunnel e gli ambienti limitrofi furono dotati di
impianto elettrico e di servizi igienici dai tecnici dell’UNPA –Unione
Nazionale Protezione Antiaerea– utilizzando risorse economiche del Ministero
dell’Interno e del Comune di Napoli; al contempo, su gran parte delle pareti e
delle volte degli ambienti, fu stesa della calce bianca con il duplice intento
di evitare la disgregazione del tufo e di migliorare la luminosità degli spazi.
USO DISCARICA - Dopo la
guerra e fino al 1970 il Tunnel Borbonico fu utilizzato come Deposito
Giudiziale Comunale dove veniva immagazzinato tutto ciò che era stato estratto
dalle macerie causate dai duecento bombardamenti subiti da Napoli; qui si ammassò
anche tutto quello che fino agli anni ‘70 veniva recuperato da crolli, sfratti
e sequestri.
Nel 2007 i geologi che lavoravano nel Tunnel scoprirono un
passaggio murato che lo divideva da un’altra grande cavità che era stata
riadattata a ricovero bellico. In questi ambienti gli stessi geologi rinvennero
un altro accesso ai ricoveri, che nel Seicento costituiva già un ingresso al
sottosuolo. Il passaggio veniva utilizzato dai “pozzari” che si occupavano
della manutenzione dell’acquedotto; è costituito da una stretta scala di 75
gradini in coccio pesto che giunge in un locale di Vico del Grottone, alle
spalle della chiesa di Piazza Plebiscito.
Oltre ai numerosi autoveicoli e motoveicoli, al di sotto di
cumuli di detriti alti 8 m, sono state rinvenute parecchie statue di epoche
diverse tra le quali l’intero monumento funebre del capitano Aurelio Padovani,
pluridecorato capitano dei bersaglieri nel I° conflitto mondiale e fondatore
del partito fascista napoletano.
PERCORSI PER I VISITATORI – L’Associazione
culturale “borbonica sotterranea” ha organizzato diverte tipologie di visite
per venire incontro a ogni esigenza del pubblico.
1. Standard: si
attraverseranno gli ambienti legati ai tratti seicenteschi dell’acquedotto
della Bolla, si ammireranno le opere civili realizzate nel Tunnel Borbonico su
progetto dell'arch. Errico Alvino e gli ambienti adattati a ricovero durante la
II Guerra Mondiale; durante il percorso faranno da incredibile cornice enormi
frammenti di statue, le auto e le moto d’epoca ritrovate sepolte sotto rifiuti
e detriti. Accessibilità per tutti, anche ai disabili in carrozzella per il 60%
del percorso, entrando dall'accesso di via Morelli.
Possibilità di scelta tra due diversi ingressi:
A) Vico del Grottone, n°4 (a circa 100 m da Piazza Plebiscito),
B) Via Morelli, n°40 (ingresso pedonale del Parcheggio
Morelli).
2. Avventura: Il percorso
prevede una visita in una piccola cisterna, raggiungibile attraverso un breve
cunicolo, nella quale sono visibili lavorazioni idrauliche di eccezionale fattura
e croci incise nella malta idraulica, legate al duro lavoro del
"pozzaro"; successivamente, si ritorna nel Tunnel Borbonico passando
attraverso uno stretto cunicolo lungo di circa 30 m per poi giungere sul
secondo ponte realizzato dai Borbone. Si scenderà, quindi, nella grande
cisterna attraverso una scala in ferro per ammirare i camminamenti ad arco
utilizzati dai "pozzari" ed imbarcarsi, poi, su una zattera che
navigherà sulla falda acquifera sotterranea di Napoli, nella galleria
abbandonata della linea L.T.R. (Linea Tranviaria Rapida mai completata). Il
percorso termina nel tratto finale del Tunnel Borbonico dove parte la scala a
chiocciola realizzata durante la II Guerra Mondiale per accedere al sottosuolo.
Accessibiltà a partire da over 10 solo se accompagnati dai
genitori. Sconsigliato a chi soffre di claustrofobia e a chi ha problemi
motori.
Ingresso solo dall’accesso pedonale del Parcheggio Morelli,
in via D. Morelli.
3. Speleo: Il percorso
prevede la visita al ricovero bellico usato dall’attuale Presidente della
Repubblica durante la II Guerra Mondiale, passando attraverso una piccola
galleria dove, alla base di un pozzo, sono accumulate migliaia di conchiglie
usate nel '800 da un orafo per fare cammei ed bottoni; si proseguirà in una
lunga passeggiata negli stretti cunicoli dell’acquedotto della “Bolla”
raggiungendo ambienti sulle cui pareti si potranno ammirare incisioni religiose
realizzate dai "pozzari". In ultimo, dopo una breve visita in una
cisterna ricca di maioliche antiche, si attraverserà un'enorme cavità
utilizzando un ponte in legno ed una teleferica, entrambi sospesi sull’acqua a 6 metri di altezza.
ALTRE OFFERTE - Oltre a
questa vasta offerta – resa coinvolgente e appassionante grazie a una guida informale,
tutt’altro che accademica e tecnica - periodicamente sono previsti anche
percorsi arricchiti da scene di teatro, "Sub Urbe", curata
dall'associazione "Nartea". La quale inscena in modo emozionante,
grazie ai suoi bravissimi e simpaticissimi attori, i momenti drammatici vissuti
dai napoletani durante la II Guerra mondiale; e da voce e corpo ad alcuni
personaggi di spicco della storia di Napoli.
Per le scolaresche sono anche previste lezioni sul rispetto
dell’ambiente e sul riciclo dei rifiuti.
Cosa aggiungere più. Il Tunnel borbonico è un’esperienza da
non perdere, per ritrovare lo splendore della Napoli borbonica – defraudata e
umiliata dall’invasione dei piemontesi – e non dimenticare i giorni drammatici
della guerra, che senti ancora sulla pelle grazie agli oggetti sopravvissuti al
tempo lì ancora trovabili, e alle scritte dei sopravvissuti sulle pareti che ti
graffiano il cuore e ti obbligano ad apprezzare anche le cose apparentemente più
insignificanti della vita.
Per qualsiasi info: http://www.tunnelborbonico.info/it/info/
(Fonte: Tunnelborbonico.info,
esperienza diretta)
Nessun commento:
Posta un commento