mercoledì 30 gennaio 2013

MENTRE L’IKEA SI ESPANDE, I MOBILIFICI ITALIANI AFFONDANO


MENTRE L’AZIENDA SVEDESE CONTINUA AD AUMENTARE I PROPRI UTILI ANNO PER ANNO, SONO MIGLIAIA I NEGOZI CHE CHIUDONO OGNI ANNO

Volenti o nolenti sono in tanti a rivolgersi alla multinazionale svedese dell’arredamento IKEA per arredare casa. Forse non è ancora un’abitudine per i giovani sposi, che preferiscono ancora rivolgersi ai tradizionali negozi di mobili per il primo arredamento; ma sicuramente lo è per quanti devono acquistare una scrivania, un mobiletto, un guardaroba, un poggiascarpe, una libreria o magari rinnovare tutto per il proprio arredamento dopo anni. Il sicuro risparmio – controbilanciato dal doversi costruire le cose da solo – e la discreta qualità fanno sì che l’IKEA sia sempre più diffusamente preferita al mobilificio tradizionale, con il risultato che, mentre la multinazionale svedese registra ogni anno aumenti di utile (lo scorso anno è stato particolarmente positivo) e nuove sedi in tutto il Mondo, di contro sono migliaia i mobilifici tradizionali costretti a chiudere. E’ la dura legge del mercato: chi piange e chi ride.

I NUMERI IKEA – IKEA ha chiuso il 2012 (esercizio terminato ad agosto) con un utile netto in rialzo dell'8% a 3,20 miliardi di euro su un fatturato in progresso del 9,8% a 27,6 miliardi grazie alla crescita sia nei mercati maturi sia emergenti. Ikea, si legge in una nota, ha realizzato la sua piu' forte crescita dall'esercizio 2005-2006. "In tempi difficile sul piano economico - afferma il colosso svedese - Ikea e' ancora piu' conforme a molte persone".
Il gruppo ha anche visto espandersi il suo patrimonio in titoli e contanti, a 17,9 miliardi di euro il 6 per cento rispetto ad un anno prima. L'Europa rappresenta il 70% del giro d'affari del gruppo (78% includendo la Russia), l'America del Nord (16%9 e Sia e AUtralia (+8%) che impiega 139 mila persone del mondo e conta 298 magazzini in 26 Paesi.

L’ESEMPIO DEI MOBILIFICI TREVIGIANI – Un esempio su tutti. I mobilifici del Quartier del Piave travolti dalla crisi: negli ultimi quattro anni hanno chiuso in 53, più di un’azienda al mese. Aumentano le ore di cassa integrazione, diminuiscono i posti di lavoro. Non inganni il calo della cassa integrazione straordinaria, meno 40 per cento da gennaio-agosto 2011 a gennaio-agosto 2012: «È solo perché le aziende chiudono e dalla cassa straordinaria si passa alla mobilità» spiega Francesco Orrù, segretario generale di Filca Cisl Treviso.
A livello provinciale, nei primi otto mesi dell’anno sono state autorizzate 273 mila ore di cassa ordinaria, il 52 per cento più dell’anno scorso. Di queste, il 23,6 per cento riguarda proprio il settore del mobile. Dove anche l’emorragia di posti di lavoro è più forte: tra luglio 2011 e giugno 2012 sono rimaste a casa mille seicento persone. Il miracolo economico, da tempo divenuto uno sbiadito ricordo, negli 11 Comuni del distretto del mobile si è trasformato in un incubo. Nel 2008, l’ufficio Studi e Ricerche della Camera di Commercio registrava, nel Quartier del Piave, 370 aziende del settore del mobile. A dicembre 2011, le aziende registrate erano 317: tra fallimenti e cessazioni volontarie, hanno chiuso in 53.
Il 2012 ha confermando il trend negativo: decine di piccole imprese, con due o tre dipendenti, hanno già chiuso, accanto ai fallimenti di realtà storiche come la Solplac di Follina. A luglio erano 571 i lavoratori per cui è stata presentata richiesta di cassa integrazione straordinaria. Franco Lorenzon, segretario generale Cisl Treviso, spiega cosa servirà agli imprenditori per uscire dallo stallo: «Il settore del legno per la prima volta è stato investito in modo brutale da un processo di trasformazione strutturale. Per rimanere a galla ed essere competitive in un mercato sempre più globale, le aziende devono affrontare una variazione di scala e investire sull’innovazione.

Se la situazione è drammatica in quel di Treviso, dove il contesto economico ancora galleggia, non è difficile immaginare come siano messi i mobilifici al sud. Le chiusure sono all’ordine del giorno, e qui a mettersi di traverso non sono solo la concorrenza spietata dell’IKEA e una situazione economica difficile, ma anche le pressioni delle criminalità organizzate.

4 commenti:

  1. Così imparano e abbassano i prezzi..... Mobili spacciati per "made in Italy" che poi fanno cagare....

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  2. Ormai è sprofondato tutto il "Made in Italy" !

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  3. Si vabbè, al sud è sempre colpa della camorra!
    Al sud siamo tutti camorristi, quelli che sparano, quelli che fabbricano e quelli che comprano.
    Tornando a Treviso, fosse che fosse che questi stanno ancora a fare i mobili come negli anni 60?
    I nostri bravi mobilieri quando hanno cominciato a fare ricerca?
    Quando hanno iniziato a dare un servizio di informazioni ed assistenza ai clienti?
    Quando hanno iniziato a fabbricare ottimizzando i costi e quindi offrendo prezzi accessibili?

    Sai come va?
    Vai dal venditore, ti mostra il catalogo, ordini, versi l'acconto, all'approssimarsi della consegna ti trovi col prodotto che è fuori produzione, oppure devi aspettare sei mesi, protesti col venditore ma lui non ci può far niente, provi a chiamare il produttore e ti risponde una signorina che ti dice che loro non danno info alla clientela perchè tutto deve passare dai venditori.
    Quindi accontentati e scegli un'altro prodotto, possibilmente disponibile in magazzino....
    Che differenze ci sono con la Camorra?
    ...

    Sacusate il paragone un po' ... forzato.

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  4. Purtroppo è il mercato... chi innova e ha idee vincenti di solito distrugge chi vive di rendita e di passato... nel settore dei mobili è lampante: il piccolo negoziante / piccolo produttore si salva solo con grande attenzione per la clientela, altrimenti chiude (giustamente)

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