IN MOLTI ATENEI ESISTONO VERE E PROPRIE DINASTIE. DUE
RICERCHE CERTIFICANO QUESTO DATO TRISTEMENTE NOTO
L’Università italiana, come tutte le altre istituzioni e
società pubbliche, è stata spartita dai potenti locali per piazzarci parenti e
amici. Mentre chi non ha santi in Paradiso è costretto ad espatriare per
ottenere la tanto meritata e agognata cattedra o un assegno di ricerca. Non
meravigliamoci poi se non ci sono fondi a disposizione e se ci sono esuberi.
Talvolta vengono create delle materie “ad hoc” per generare nuove cattedre da
attribuire al raccomandato di turno. Le quali, il più delle volte, finiscono
per avere meno di dieci studenti all’anno.
Questa che è una triste realtà nota, è stata certificata da
due ricerche del 2010 e del 2012, elaborate da un ricercatore e da un tesista
che hanno incrociato i dati statistici relativi ai cognomi presenti. Il margine
di errore relativo all’omonimia dei cognomi viene colmato dal fatto che altri
raccomandati non portano lo stesso cognome dei raccomandatari.
BARI, CAPITALE DEL NEPOTISMO
- Gianmarco Daniele, aveva presentato a Bari, capitale del nepotismo accademico
italiano, una tesi di laurea: "L'università pubblica italiana: qualità e
omonimia tra i docenti", una ricerca nata per raccontare come le
università italiane siano in mano a un gruppo di famiglie. E per documentare
come esista un nesso scientifico tra nepotismo e il basso livello della
didattica e della ricerca. Daniele ora è all'estero, con una borsa di studio
europea.
A Bari, nella facoltà di Economia, la stessa dove si è
laureato Daniele, è cambiato poco. L'economista Roberto Perotti, italiano
formatosi al Mit di Boston, in un saggio del 2008 "L'università
truccata" (Einaudi) aveva indicato quello come il caso limite, "tanto
incredibile da raccontare in tutto il mondo". A Economia 42 docenti su 176
hanno tra loro legami di parentele, il 25 per cento, record assoluto in Italia.
I leader indiscussi a Bari e in Italia nella classifica delle famiglie restano
così i Massari. Commercialisti affermati, con un passato nel Partito socialista
di Craxi, in cattedra hanno almeno otto esponenti, tutti economisti. Uno di
loro doveva essere anche in commissione durante la laurea di Daniele, peccato
che quel giorno avesse un impegno. "Abbiamo vinto tutti concorsi
regolarissimi", rispondono loro, quando vengono tirati in ballo. I
capostipiti della dinastia sono i tre fratelli, Lanfranco, Gilberto e Giansiro,
che hanno in mano il dipartimento di Studi aziendali e giusprivatistici e,
seppur nell'ombra, l'intera facoltà. Le nuove leve sono invece Antonella
(ordinaria a Lecce), Stefania, Fabrizio (tutti e tre figli di Lanfranco),
Francesco Saverio e Manuela. A fare concorrenza ai Massari, in facoltà, c'è la
famiglia Dell'Atti (6) e quella dell'ex rettore Girone, con cinque parenti in
cattedra: ci sono Giovanni e la moglie Giulia Sallustio, ormai in pensione, il
figlio Gianluca, la figlia Raffaella e il genero Francesco Campobasso. A Foggia
conta ancora molto la dinastia dell'ex rettore, Antonio Muscio, secondo con 7
parenti nella top ten nazionale con la new entry Alessandro, assunto
nell'ultimo giorno di rettorato del papà e nella sua stessa facoltà, Agraria.
Nell'ateneo lavoravano anche mamma Aurelia Eroli (dirigente amministrativa, ora
in pensione), la figlia Rossana, la nipote Eliana Eroli, il genero Ivan
Cincione e la sorella Pamela.
ROMA E PALERMO - A Roma le
grandi casate sono due: i Dolci e i Frati. Un figlio di Giovanni Dolci, uomo
chiave dell'odontoiatria italiana, è Alessandro, ricercatore a Tor Vergata. La
moglie, Alessandra Marino, è ricercatrice alla Sapienza. Dove lavora anche il
genero di Dolci, Davide Sarzi Amedè, marito di Chiara, a sua volta odontoiatra
al Bambin Gesù. Un altro figlio di Dolci, Federico, lavora a Tor Vergata,
mentre Marco è ordinario a Chieti. Accanto a papà Frati invece c'è sua moglie
Luciana Angeletti e sua figlia Paola (insegnano a medicina, ma non sono medici)
e il figliolo Giacomo.
Sempre molto forti le famiglie a Palermo, come aveva avuto
modo di accorgersi Norman Zarcone. Il record è dei Gianguzza, cinque tra
Scienze e Medicina. Ma le dinastie palermitane sono cento, sparse in tutte le
facoltà, per un totale di 230 docenti "imparentati". Economia è il
regno dei Fazio (Vincenzo, Gioacchino, Giorgio), a Giurisprudenza ci sono i
Galasso (Alfredo, il figlio Gianfranco, la nuora Giuseppina Palmieri), a
Lettere i Carapezza (i fratelli Attilio e Marco, ora associato, il cugino Paolo
Emilio, suo figlio Francesco), a Ingegneria (18 famiglie, 38 parenti) i
Sorbello o gli Inzerillo, a Matematica i Vetro (Pasquale, la moglie Cristina,
il figlio Calogero), Agraria è nelle mani di 11 nuclei familiari.
LE ALTRE - Molto superiori
alla media sono anche la Federico II di Napoli, Palermo, Bari, Caserta, Sassari
e Cagliari.
LE VIRTUOSE - Le più virtuose
sono invece Trento, Padova, il Politecnico di Torino, Verona, Milano Bicocca.
UN’ALTRA RICERCA - Stefano
Allesina, ricercatore italiano rifugiatosi a Chicago, ha deciso che doveva mandare di traverso
qualche boccone a un po’ di professori, e così ha creato un programma
statistico che analizza la ricorrenza dei cognomi nelle universita’ italiane.
Primo passo è stato quello di utilizzare tutti i nomi di
professori e ricercatori (61.000 per la precisione) presi dal database del
Ministero dell’Istruzione. In seguito Allesina ha caricato tutti i cognomi su
un programma (creato da lui) che ha analizzato statisticamente la ricorrenza
dei cognomi (naturalmente il programma teneva conto dei cognomi molto diffusi:
Rossi, Bianchi, etc…).
LE FACOLTA’ DOVE IL NEPOTISMO E’
PIU’ PRONUNCIATO - Ebbene da questo infinito calcolo (1 milione di
incroci ripetuto per ventotto settori disciplinari) si è scoperto che le
facoltà che soffrono maggiormente di nepotismo sono: Ingegneria Industriale,
Legge, Medicina, Geografia e Pedagogia.
Questa la Top 10 degli Atenei con più parenti:
1° Libera Università Mediterranea «Jean Monnet»,
Casamassima, Bari
2° Sassari
3° Cagliari
4° Suor Orsola Benincasa – Napoli
5° Catania1,056°Uke – Enna
7° Università della Calabria
8° Messina
9° Mediterranea di Reggio Calabria
10° Roma «Foro Italico»
GLI OVER 70, UN ALTRO MALE -
Molti docenti con più di 70 anni ricorrono ai tribunali amministrativi per
posticipare il loro pensionamento, accelerato da una norma voluta dall'ex
ministro Fabio Mussi. Questo è un altro ostacolo per chi aspira a fare il
docente o il ricercatore, poiché non si liberano posti nuovi. I quali sarebbero
comunque colmati dai loro figli o nipoti.
Vuole rimanere in servizio Emilio Trabucchi, ordinario di
Chirurgia e presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano. Nipote dell'omonimo
luminare della Biomedicina e deputato Dc morto nel 1984, Trabucchi ha due
nipoti nell'università, Emilio Clementi, straordinario nel dipartimento di Scienze
precliniche "Lita Vialba", e Francesco Clementi, ordinario di
Farmacologia. "Abbiamo specializzazioni diverse. E in tutti i casi parlano
le pubblicazioni", precisa Trabucchi. Ha scelto di ritirarsi, invece,
Vittorio La Grutta, nobiltà accademica palermitana: medico il nonno, professore
il padre, rettore il fratello (dell'ultima leva è rimasta la figlia, Sabina,
psicologa).
A Sassari resistono al pensionamento Mariotto Segni (il cui
padre, Giovanni, oltre che presidente della Repubblica è stato rettore) e
Giulio Cesare Canalis, il papà della showgirl Elisabetta, direttore della
Clinica radiologica. Ma soprattutto l'ex rettore Alessandro Maida, tuttora
potentissimo - spinge per bandire 52 concorsi - e ancora per un po' collega dei
figli Carmelo e Ivana, piazzati nella sua facoltà, Medicina, del cognato,
Giorgio Spanu, della moglie Maria Alessandra Sotgiu, e di altri nipoti e
cugini. A Udine, dopo la fusione tra ospedale e università, sono stati nominati
i nuovi direttori di dipartimenti. Nessuna sorpresa: i manager, ben pagati,
sono tutti baroni di lungo corso come l'ultrasettantenne Fabrizio Bresadola,
che ha piazzato il figlio Vittorio, la nuora Maria Grazia Marcellino e un altro
figlio, Marco. Laureato in Filosofia ma non per questo escluso: insegna storia
della Medicina.
Non ci meravigliamo dunque se i cervelli italiani fuggono
all’estero. O, come nel caso di Norman Zarcone, si suicidano.
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