DA VIVO FU SNOBBATO DALLE ISTITUZIONI PER IL SUO CARATTERE
SCHIETTO. DA MORTO VIENE RIVERITO
Pietro Mennea è stato veloce anche nel tagliare il traguardo
della sua vita, scomparendo a soli 61 anni, stroncato da un tumore al pancreas.
Definito la Freccia del sud per le sue origini pugliesi (nacque a Barletta nel
1952), stabilì il primato mondiale dei 200 metri piani nel 1979 con il tempo
19“72; record rimasto in vigore fino al 1996 restando comunque ancora primato
europeo. Mennea aveva un carattere schietto, che gli amici più stretti
ricordano con commozione. Era uno che non le mandava a dire, e per questo, le
istituzioni sportive non lo hanno mai sopportato. Le stesse che gli hanno
allestito la camera ardente nel Salone d’Onore del Coni a Roma; cosa mai
successa per un ex atleta.
LE TESTIMONIANZE DI ALCUNI EX ATLETI
- Sara Simeoni, 59 anni, mito del salto in alto cresciuta proprio insieme a
Pietro e compagna di successi storici (entrambi oro a Mosca 1980), dice:
«Perché nessuno di noi ha avuto una grande carriera dirigenziale? I nostri
risultati facevano ombra a qualcuno». O ancora, sentite le parole - fortissime
- di Sandro Donati, responsabile del settore velocità e mezzofondo
dell’atletica leggera italiana dal 1977 al 1987 e oggi unico consulente in
Italia per la Wada (l’associazione mondiale antidoping): «Mi ricordo quando
pochi anni fa festeggiammo l’anniversario dei 30 anni del record del mondo di
Città del Messico presso la sede di Roma dell’associazione stampa dove non era
presente alcun dirigente dello sport italiano, Coni o Federazione di atletica.
Pietro non ha mai sfruttato il suo nome e vorrei aggiungere che il sistema
sportivo italiano lo odiava».
«Era scomodo, non le mandava mai a dire ed era sempre in
controtendenza», ha provato a spiegare ieri Daniele Masala, 58 anni, ex
compagno di Pietro. «Ha un carattere difficile», è stato ripetuto per anni da
ex atleti e dirigenti.
Pietro Mennea si era sempre e nettamente schierato contro il
doping. Per questi motivi non gli è mai stato affidato un incarico di comando,
responsabilità o prestigio. E quelli che in realtà erano grandi e rarissimi
pregi, venivano considerati difetti. Purtroppo succede sempre così: “Morto il
Re, w il Re”.
(Fonte: Libero)
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